Ritorna la giustizia ad orologeria?

L’Italia ha sinceramente già dato sul fronte della eterna e in apparenza implacabile lotta fra determinati settori della magistratura e la politica. È la Nazione, alla fine, a pagare il prezzo più alto nello scontro che alcune toghe vorrebbero mantenere sempre in piedi con le forze politiche, soprattutto con una fetta di esse nel momento in cui si trova a governare il Paese. Il dibattito pubblico, politico e giornalistico, inizia ad avvitarsi quasi completamente sulle grane giudiziarie o presunte tali di questo o quel personaggio e il resto della attività del governo in carica del momento, insieme alle principali emergenze nazionali, passa in secondo piano. Si avvia un vortice nel quale poi i torti e le ragioni, i colpevoli e gli innocenti, si mescolano e creano disorientamento e disillusione nei cittadini.

Qui, nessuno vuole sostenere che la politica sia tutta immacolata, ma tante inchieste portate avanti nell’Italia repubblicana degli ultimi trent’anni, in primo luogo quelle di Tangentopoli e le successive a carico di Silvio Berlusconi, sono state costruite più su obiettivi politici che giudiziari, più per eliminare qualcuno dalla scena o tentare di farlo, come nel caso del Cavaliere, che per fermare e reprimere il compimento di reati. Troppi sono stati i processi, assai mediatici e accompagnati dalla macchina del fango azionata da taluni giornali, conclusisi con assoluzioni piene e definitive, che hanno svelato l’uso disinvolto della Giustizia da parte di un certo numero di magistrati. Per esempio, i genitori di Matteo Renzi sono stati assolti, circa una inchiesta su presunte fatture false, pochi giorni fa, ma soprattutto il padre dell’ex premier, Tiziano, era stato descritto come un oscuro affarista, legato alla massoneria e a chissà quali altri circoli segreti, e, si badi bene, non dagli avversari di destra del leader di Italia Viva, bensì dai pentastellati, garantisti però con Grillo senior e Grillo junior, dai soliti de Il Fatto Quotidiano e da tutta quella sinistra che non aveva gradito la scalata renziana del Pd.

A destra preferiamo combattere gli avversari con la forza delle nostre idee e iniziative, e non nelle aule di giustizia. Non vogliamo più tornare a quel clima da guerra civile strisciante fomentato dallo scontro politica-toghe e purtroppo respirato durante Mani Pulite e l’era berlusconiana. Eppure, pare che qualcuno, probabilmente ancora restio ad accettare il risultato delle ultime Politiche, ma incapace di sconfiggere il centrodestra a guida Meloni con le armi della democrazia, voglia di nuovo mobilitare le Procure a fini politici così come accadeva ai tempi di Berlusconi, uomo difficile da battere alle urne. Dio ce ne scampi e liberi, non perché a destra si tema la scoperta di qualche scheletro nell’armadio, ma per evitare che l’Italia torni a bloccarsi per anni in un conflitto deleterio.

Chissà come mai, nel giro di pochi giorni sono stati, è proprio il caso di dirlo, pompati ben tre casi o presunti tali riguardanti altrettanti tre esponenti della maggioranza e specificatamente di Fratelli d’Italia. Andrea Delmastro è stato destinatario di una imputazione coatta in relazione alla vicenda dell’anarchico Alfredo Cospito. Daniela Santanchè ha ritenuto di dover dare una spiegazione al Paese attraverso il Parlamento, benché non fosse obbligata a fare ciò, circa le polemiche e i dubbi, assai alimentati ad arte, riguardanti la sua società denominata Visibilia. Infine, il terzogenito del presidente del Senato Ignazio La Russa è stato denunciato da una ragazza per una presunta violenza sessuale. Gli inquirenti faranno il loro lavoro e preferiamo non entrare nemmeno troppo nei particolari delle suddette faccende, ma qualche aspetto è davvero difficile da ignorare perché fa trasparire la probabile malafede di settori della politica, della informazione e degli apparati giudiziari, che intendono rilanciare una giustizia, con la g minuscola, politicizzata e ad orologeria, imbastendo campagne di demonizzazione e inchieste non del tutto credibili.

Possiamo parlarne senza correre il rischio di venire equiparati a sgherri di Al Capone e ai peggiori misogini? Parliamone e, francamente, che ci importa delle assurdità con le quali vengono riempite le pagine di giornali come Il Fatto Quotidiano o il Domani? Intanto, la tempistica relativa a tre vicende diverse, ma piovute tutte assieme proprio nella fase in cui, guardacaso, il Governo Meloni sta portando avanti la riforma della Giustizia, è più che sospetta. Pare un deja-vu perché ogni qualvolta la politica lavora per un miglioramento della macchina giudiziaria italiana, una fetta di magistrati, che evidentemente si sente di appartenere ad una Casta intoccabile e non gradisce che eventuali cambiamenti possano mettere in discussione noti privilegi e prerogative, dismette la toga e indossa l’elmetto, dando vita ad un interminabile incontro di boxe con il potere politico.

L’Anm, Associazione nazionale magistrati, afferma di subire e non di promuovere un nuovo conflitto politica-toghe, e per di più dice di sentirsi intimidita dal Governo, ma sembra che stia accadendo l’esatto contrario, ovvero, sono alcuni giudici a tentare di impaurire l’esecutivo con lo scopo di fare rallentare la riforma della Giustizia e magari isolare il Guardasigilli Carlo Nordio.

Andrea Delmastro subisce una imputazione coatta su un caso già archiviato da altri Pm. Le indagini a carico di Daniela Santanchè sarebbero partite a novembre scorso e avrebbero riguardato il possibile fallimento della società Visibilia, che però non si è poi verificato e infatti, il ministro del Turismo non aveva ricevuto alcun avviso di garanzia, quindi, di che parliamo? I magistrati hanno sostanzialmente scommesso sul fallimento di un’azienda, poi scongiurato dalla Santanchè e dagli altri soci. In merito alla ragazza che ha denunciato il figlio di Ignazio La Russa, ci poniamo almeno una domanda, legittima e priva di intenzioni assolutorie, diciamo così, a prescindere. Il grave fatto, come denunciato dalla giovane, sarebbe avvenuto il 18 maggio scorso, e perché si è atteso quasi due mesi prima di sporgere denuncia? Lo sappiamo bene e non viviamo in un altro pianeta. Spesso e purtroppo, le donne vittime di violenza sessuale hanno timore e persino vergogna di segnalare alla Giustizia i loro aguzzini, ma fa pensare che la denuncia della ragazza sia arrivata quasi in contemporanea con i casi di Delmastro e Santanchè.

Giorgia Meloni, dal vertice Nato di Vilnius, ha affermato che per lei non esiste una guerra fra il Governo e la magistratura e ha fatto bene. È stato un modo per sottolineare come l’esecutivo da lei presieduto non ha intenzione di fare polemiche ogni giorno con questo o quel Pm, e di scendere allo stesso e infimo livello di coloro i quali vorrebbero bloccare di nuovo l’Italia su uno scontro tra poteri dannoso per tutti. Il Governo Meloni preferisce non perdere tempo in bisticci quotidiani e proseguire con il proprio lavoro, dalla riforma della Giustizia in primo luogo a tutto ciò di cui ha urgenza la Nazione. Senza nocive contese e senza dover sottostare ai ricatti di caste e corporazioni. 

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

3 Commenti

  1. Alla fine degli anni 70 le sinistre, comprese quelle extraparlamentari, avevano bisogno di una magistratura che definisse i componenti di Potere Operaio “compagni che sbagliano” per alleviare le condanne dei seguaci della P38.
    Nacque Magistratura Democratica, con esami semplici per far posto ai militanti.
    Oggi sono ancora quelle persone, e quelle che nel tempo hanno formato, a formare gran parte della magistratura.

  2. Caro Roberto, come diceva un uomo sicuramente non ingenuo, a pensare male si fa peccato ma ci si piglia.
    Il problema della magistratura italiana, al di là delle ricorrenti contingenze, è uno solo.
    E’ cioè che l'”indipendenza” della magistratura è diventata la irresponsabilità della magistratura.
    I giudici non sono responsabili di nulla, nel senso che non devono rendere conto a nessuno di quello che fanno.
    Nel medioevo e sotto le monarchie assolute l’autorità – si diceva – discendeva da Dio, e Dio, si sa, è insindacabile.
    Nelle democrazie, si dice che l’autorità discenda dal popolo.
    Per tutti, tranne che per i magistrati, la cui autorità evidentemente, oltre a discendere da qualche concorso pubblico vinto, in sostanza di fatto discende da dio (questa volta con la minuscola).
    E’ un fatto inaccettabile ed immorale che ci sia qualcuno che abbia diritto di non rendere conto a nessuno di quello che fa, tanto meno in democrazia.
    Mi si dirà: ma c’è il CSM. Bella forza, è come dire che Messina Denaro rende conto a Riina.
    Il CSM è una emanazione della magistratura, controllore e controllato sono della stessa risma, che controllo è?
    Comprendendo che il controllo della magistratura da parte di enti governativi o comunque di espressione politica sia ugualmente contrario al bilanciamento dei poteri caro alla democrazia, avanzo una modesta proposta:
    si riformi il CSM, facendone un soggetto composto interamente da persone con le giuste competenze ma estranee alla magistratura (“terzietà dei controlli”) e nominato dalla Corte Costituzionale, che è il massimo organismo delle istituzioni democratiche, non espresssione di forze politiche.
    Mi sembra una strada possibile per porre un freno alle arbitrarietà ed alla politica in capo alla magistratura.

    Con affetto

    Alessandro

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