Salario minimo non è la via giusta. Estendere contratti collettivi, combattere le irregolarita’ e ridurre il carico fiscale

Ecco come il Governo Meloni intende sostenere i lavoratori

La nostra Costituzione sancisce all’articolo 1 che “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, e secondo l’articolo 36 “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.

Ed è solamente attraverso una retribuzione adeguata che i lavoratori possono vivere quella vita libera e dignitosa tutelata dalla Legge stessa.

Ecco perché quando sentiamo parlare di lotta per ottenere un salario minimo non ci si può che soffermare su alcuni dettagli, per alcuni irrilevanti, ma che necessitano di essere portati alla luce per smantellare tutte quelle sovrastrutture venutesi a creare attorno a tale strumento.

Il salario minimo che la sinistra italiana intende garantire a tutti i lavoratori non appare una delle soluzioni migliori, se si valuta la situazione che il nostro Paese sta vivendo. In Italia, infatti, non è necessaria una mera legge che corre il pericolo, tra l’altro, di divenire una tutela sostitutiva, con un relativo ribasso delle garanzie nei confronti dei lavoratori, che vedrebbero peggiorate le loro stesse condizioni.

A differenza di altri Paesi europei in Italia vi è un’elevata copertura della contrattazione collettiva, che può e anzi deve essere incrementata e migliorata a tutti i settori. È questa una delle strategie che il Governo intende portare avanti per garantire una sempre maggiore platea di tutelati.

Il salario minimo non può essere utilizzato come strumento di risposta unico e univoco per la risoluzione di tutte le problematiche connesse al mondo del lavoro. Perché il lavoro, in Italia, deve fare i conti con lo sfruttamento che esiste soprattutto per alcune tipologie di lavoro parasubordinato e per alcuni settori non coperti dalla contrattazione collettiva nazionale. Deve affrontare il costo del lavoro, che grava drammaticamente su imprese e lavoratori. Deve, infine, combattere quotidianamente il dilagarsi del lavoro irregolare, privo di tutele e di garanzie.

Ognuno di questi aspetti deve necessariamente prevedere un’azione diversa e che sia efficace sul piano pratico. L’imposizione di un salario minimo non consentirebbe, da solo, la crescita economica del nostro Paese né permetterebbe di arginare i fenomeni dell’illegalità e dello sfruttamento che affliggono pesantemente l’Italia del lavoro.

Attraverso la riduzione del cuneo fiscale (che permetterebbe di ridurre il carico fiscale sul lavoro e che in qualche modo è legata alla riforma del fisco voluta da questo governo), aumentando i controlli per combattere le discriminazioni e le irregolarità ed estendendo i contratti collettivi a vari settori (aumentando le tutele dei lavoratori stessi), invece, si prospetterebbe una vera e propria rivoluzione del mondo del lavoro così come lo conosciamo oggi, raggiungendo l’ambizioso obiettivo di garantire a tutti un salario adeguato e dignitoso.

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