Pedro Sánchez ha scelto il Cile come palcoscenico per rilanciare un’alleanza globale della sinistra contro quella che ha definito “l’internazionale dell’odio e della menzogna”. Durante il vertice “Democracia Siempre”, organizzato dal presidente cileno Gabriel Boric, il leader spagnolo ha insistito sulla necessità che i governi progressisti si uniscano per contrastare l’ascesa delle destre patriottiche, accusando la “destra tradizionale” di lasciarsi imporre il linguaggio ed il discorso dell’ultradestra”.
Alla riunione hanno partecipato anche Lula da Silva (Brasile), Gustavo Petro (Colombia) e Yamandú Orsi (Uruguay), in un chiaro tentativo di consolidare un blocco ideologico che va oltre i confini nazionali. Sánchez ha dichiarato: “Tocca a noi, ai governi progressisti, guidare questa risposta per difendere la democrazia, anche da soli se necessario, insieme alla società civile”.
Queste affermazioni confermano una strategia politica che punta alla radicalizzazione del dibattito, presentando ogni alternativa conservatrice come una minaccia esistenziale. L’uso del concetto di “internazionale reazionaria” richiama la retorica marxista del secolo scorso, rivisitata per l’epoca dei social network, ma con lo stesso intento: demonizzare l’avversario.
Sánchez ha annunciato che nel 2026 la Spagna ospiterà una nuova conferenza globale in difesa della “democrazia progressista”, come se questa fosse minacciata dal semplice dissenso conservatore. Ha anche proposto azioni multilaterali contro la “disinformazione”, un termine ormai abusato per mettere a tacere opinioni non allineate al pensiero dominante.
Per chi guarda con preoccupazione all’erosione della sovranità nazionale e alla crescente burocratizzazione sovranazionale, questo fronte progressista appare più come un progetto ideologico che come una soluzione concreta per i problemi dei cittadini. La narrazione secondo cui la destra sarebbe priva di legittimità morale o democratica è pericolosa: alimenta la polarizzazione, impedisce il dialogo e getta le basi per un nuovo autoritarismo “benevolo”, guidato da élite illuminate.
La crescita delle forze conservatrici in Europa e America Latina non è frutto di “odio”, ma della delusione di milioni di cittadini verso un sistema che promette uguaglianza e produce disuguaglianza, che parla di libertà ma impone pensieri unici, che predica la giustizia sociale ma ignora la giustizia culturale e nazionale. In Italia, è fondamentale osservare questi sviluppi con attenzione. Quando un leader europeo si erge a capo di una crociata contro la destra e chiama a raccolta governi ideologicamente affini per una battaglia globale, non si tratta più di politica interna: è un progetto di egemonia culturale e politica. E ogni progetto egemonico che rifiuta il pluralismo e criminalizza il dissenso merita di essere contrastato, con la forza delle idee, della libertà e della sovranità.