Schlein non prende voti in Italia e ci prova in Ungheria?

Il - scusate, la - leader del Partito Democratico Elly Schlein si reca al Pride di Budapest. Ma ormai sembra più in cerca di consensi all’estero che di risultati in patria.

Elly Schlein ha preso un aereo per Budapest. Non per discutere di economia, diplomazia o stabilità europea, ma per partecipare al Pride ungherese. Ma perché sfilare in una parata arcobaleno in un Paese estero?

La risposta potrebbe essere più semplice (e amara) di quanto sembri: Schlein, dopo aver perso ogni confronto elettorale utile in Italia, prova a rilanciare la sua immagine fuori dai confini nazionali. Magari, chissà, in Ungheria trova più elettori disposti a sostenerla. I sondaggi italiani, evidentemente, non le danno motivi per sorridere. E mentre il PD affonda nei consensi e nelle sue mille contraddizioni, la sua leader si dedica al turismo politico in Europa, cercando visibilità in eventi che, pur legittimi, risultano del tutto scollegati dai problemi reali degli italiani.

La presenza di Schlein al Pride in Ungheria è stata immediatamente accompagnata da alcuni déjà-vu: richiami al DDL Zan, accuse al governo Meloni di “arretratezza culturale” e inviti a combattere l’omofobia, la lesbofobia, la transfobia e ogni altro -fobia possibile. Nulla da eccepire, in linea teorica. Ma in pratica? La retorica è sempre la stessa: creare una narrazione per cui l’Italia sarebbe un Paese ostile ai diritti civili e l’unica speranza sarebbe quella rappresentata dalla sinistra, peccato che poi – risultati elettorali alla mano – questi messaggi non bastano più. Perché la sinistra non ascolta più il Paese reale. Lo giudica, lo accusa, gli dice cosa dovrebbe pensare.

Ed è qui che sta il punto. Partecipare al Pride non è un problema. Il problema è quando questo tipo di attivismo si sostituisce totalmente all’azione politica. Quando l’unico modo per apparire coerenti diventa quello di alzare la voce su battaglie simboliche, mentre si resta in un inquietante silenzio su tutto il resto. Dove sono le proposte di Schlein su lavoro, impresa, tassazione, scuola? Ma si sa: una bandiera arcobaleno è più instagrammabile di una tabella con dati economici.

La verità è che la sinistra a guida Schlein sta cercando disperatamente un’identità. E nell’incapacità di trovare una sintesi tra il proprio passato operaio e il presente radical chic, ha deciso di puntare tutto sull’attivismo woke e ideologico. Se la sinistra un tempo difendeva il lavoro, oggi difende i like. E questo vale doppio per Schlein, che è ormai diventata il simbolo di un partito più interessato a fare opposizione morale che politica.

L’auto-proclamata “alternativa” alla destra italiana passa da Budapest per denunciare un “regime autoritario”, dimenticando che la vera democrazia si costruisce affrontando i propri avversari politici con proposte, e non con sfilate. Soprattutto, si chiede uguaglianza per tutti mentre si attacca chiunque non si allinei al pensiero unico.

Sembra che per il PD ormai ogni causa, ogni Pride, ogni manifestazione è un’occasione per esistere, più che per incidere. Ma il popolo – quello che lavora, che studia – ha ormai imparato a distinguere tra chi lotta per una bandiera (meglio se arcobaleno) e chi fa politica per i cittadini.

E allora la domanda finale è inevitabile: è questa la sinistra che può rappresentare una vera opposizione alla destra in Italia? Una sinistra auto-referenziale, che rincorre le mode ideologiche internazionali e che, pur di non affrontare il fallimento interno, preferisce cercare consensi all’estero? Elly Schlein può sfilare ovunque voglia. Ma finché continuerà a ignorare la realtà del suo Paese, potrà ricevere applausi in Ungheria, ma continuerà a collezionare sconfitte in Italia.

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Michele Intartaglia
Michele Intartaglia
Michele Intartaglia, classe 2004, originario di Procida. Studente di Scienze Politiche alla LUISS Guido Carli.

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