Ieri Elly Schlein è arrivata a Palermo per rendere omaggio a Paolo Borsellino. Un gesto nobile, va detto senza esitazione. Perché Borsellino non è solo un simbolo: è l’incarnazione della lotta alla mafia, della fedeltà allo Stato e di un coraggio civile che trascende le stagioni politiche. Chiunque scelga di onorarlo con sincerità merita rispetto.
Eppure, da cittadino che crede nella memoria autentica, non posso ignorare una domanda scomoda, che porrei direttamente all’onorevole Schlein se ne avessi l’occasione:
“Onorevole, Paolo Borsellino da giovane militava nel FUAN e, per tutta la vita, ha votato con convinzione il Movimento Sociale Italiano. Lo definirebbe fascista?”
Non è una provocazione sterile, né un tentativo di polemica gratuita. È una questione di coerenza. Borsellino credeva in valori che oggi, nella narrazione di certa sinistra progressista e radical chic, vengono liquidati con sospetto o disprezzo: uno Stato forte, la Patria, l’onore, la disciplina. Valori tacciati di essere “autoritari” o “populisti” o addirittura “mafiosi” da chi si affanna a celebrarlo in pubblico.
E allora, come la mettiamo? Se oggi un giovane osasse rivendicare quegli stessi ideali, verrebbe subito demonizzato.
Un uomo che ha sacrificato la vita per difendere lo Stato, che abbracciava con passione l’identità nazionale e combatteva la mafia con un’intransigente idea di giustizia, oggi sarebbe davvero accolto a braccia aperte da chi lo commemora?
O non rischierebbe piuttosto di essere messo ai margini, etichettato come “scomodo” o, peggio, bollato con il solito anatema: “fascista”? Una parola usata troppo spesso come clava per silenziare chi non si piega al pensiero unico.
La verità è che Paolo Borsellino non appartiene a nessun partito. È patrimonio della Nazione, non di una narrazione. Ma onorarlo davvero richiede il coraggio di accettarlo per ciò che era, senza filtri o riscritture.
Se si preferisce una versione edulcorata, una fiction che lo renda più “digeribile” al riflesso ideologico di certi ambienti, allora non si rende omaggio a Borsellino, ma a un’icona svuotata di verità.
La sinistra che oggi lo celebra saprebbe accogliere le sue idee senza censure? O continuerebbe a selezionare solo ciò che le conviene, riscrivendo la storia per specchiarsi nella propria immagine?
La coerenza non è un optional: è il primo passo per rispettare davvero chi ha dato tutto per questa Nazione.
A Borsellino non servivano applausi. Bastava – e basta ancora – la verità.