“È la fine di tutto”: con queste parole, in un’intervista a La Stampa, Roberto Saviano ha commentato il maxi-blitz di Caivano. “È la fine di ogni racconto che alla base abbia almeno un brandello di verità”. Più volte, in effetti, Saviano ha avuto l’occasione per dire la sua su Caivano: il giorno stesso del blitz scriveva su X che “i maxiblitz sono operazioni fatte per pura propaganda politica”.
Insomma, sono le parole del classico Saviano e del tipico uomo di sinistra, che, tra l’altro, quasi sembrano dette a priori contro l’esecutivo, perché l’esecutivo non è di compagni nostri. Ma analizzando i suoi commenti, la questione è più ampia. La criminalità di Caivano sta indubbiamente vivendo ora un periodo di difficoltà: già soltanto la grande attenzione mediatica posta dalla visita della premier Meloni porta con sé un grande interesse che, come si sa, fa male alla malavita. In più, l’operazione dei 400 agenti che, in una sola giornata, hanno sequestrato droghe, migliaia di euro, macchine rubate o non in regola, può solo far bene allo Stato. Ma a quanto pare per Saviano è solo propaganda, e quindi sorge spontanea la domanda: in che modo Saviano vorrebbe rispondere ad anni di immobilismo? In che modo Saviano vorrebbe arginare un male che molti reputano in parte alimentato dai suoi stessi racconti? È il problema della sinistra italiana: si critica anche quel che viene fatto di buono, purché si critichi un governo avversario.
“Giovanbattista Cutolo – dichiara ancora Saviano a La Stampa – è stato assassinato il giorno in cui Meloni era attesa a Caivano per una visita annunciata. Ovviamente è una tristissima coincidenza che però ci dice tanto su come questo governo, ma in generale la politica e le istituzioni, vengono valutate dal mondo criminale”: parole che lasciano il tempo che trovano. Ma va sottolineata l’ironia con cui, viceversa, il mondo reale manifesta la sua insofferenza verso i Saviano: dal pulpito della Chiesa del Gesù Nuovo, durante i funerali, proprio la sorella di Giovanbattista sentenziò che “Napoli non è Gomorra”: questo ci dice come i Saviano vengano valutati dalle persone perbene.
La miglior risposta a Saviano, tuttavia, viene da un lettera di don Maurizio Patriciello, parroco del Parco Verde, non certo un uomo di partito, che più di tutti conosce le realtà di Caivano, realtà che vive quotidianamente, per strada, a contatto con i più vessati dalla criminalità, e non dall’alto del proprio attico. “Ti ho chiesto di ritornare al Parco Verde – tuona Patriciello – non lo hai mai fatto”. E ancora: “Ho potuto notare quanto male ha fatto a tanti nostri ragazzini a rischio la serie televisiva Gomorra”.
Parole forti, pronunciate da un uomo di fede che predica per le strade controllate dalla camorra. Parole che smontano definitivamente, se ancora ce ne fosse stato bisogno, il mito di Saviano e dell’antimafia da salotto e radical chic che rappresenta.
Per leggere la lettera di Don Patriciello pubblicata su Avvenire, cliccare qui.