Se apriamo falliamo. Questo lo slogan della protesta che ha visto mercoledì 6 maggio impegnati ristoratori e baristi milanesi, che si son dati appuntamento sotto l’arco della Pace, nel rispetto del distanziamento sociale.
Il flash mob, che ha visto centinaia di sedie vuote schierate lungo Corso Sempione, aveva lo scopo di rendere palese la disperazione economica in cui le attività versano a causa non solo del Covid, quando a causa della mancanza di prospettive.
La totalità degli esercenti è stata chiara: non ci sarà un futuro per le loro attività, dipingendo uno scenario apocalittico. A causa delle fortissime misure da seguire, le spese da sostenere sarebbero enormi, a fronte di un fatturato sensibilmente più basso rispetto a quello precedente all’emergenza sanitaria.
“Lo Stato usa due pesi e due misure: ci impone protocolli sanitari rigidissimi, non ci permette di effettuare licenziamenti, dobbiamo pagare gli affitti, fornitori e bollette e sono mesi che siamo chiusi. Per non parlare di quando arriveranno le tasse, molti di noi facendo pensieri tragici. Se non si può sopravvivere, molti faranno gesti inconsueti”, questa la testimonianza di uno di loro.
Una manifestazione, ad ogni modo svolta con ordine, precisione e rispetto delle distanze imposte. Se non fosse che, al termine della giornata, sono stati elevate sanzioni amministrative ad una ventina di manifestanti.
Spiega la Questura di Milano, interrogata sul caso, di essere stata avvisata già martedì dell’iniziativa in via preventiva, ma di aver negato l’autorizzazione, mettendo sull’avviso i commercianti che, qualora l’avessero portata avanti, sarebbero incorsi nelle sanzioni amministrative.
Ed è così che, seppur con rammarico – avendo compreso le buone e legittime intenzioni di ristoratori e baristi – gli agenti di polizia hanno dovuto provvedere a sanzionare il “divieto di assembramento” con multe fino a 400 euro.
Non può, alla luce di quella che viene recepita come una vera ingiustizia sociale, non andare il pensiero a quanto accaduto il 25 aprile, in occasione della ricorrenza della Liberazione, in cui – nonostante vi fossero i giustissimi e doverosi inviti a non creare raggruppamenti di persone– in alcune città siano avvenuti veri e propri assembramenti urlanti Bella Ciao e inneggianti alla “necessità di resistere oggi”. A cosa, non si sa.
Nel video, che ci è stato inviato da un nostro lettore bolognese, risulta evidente come, nella città cara a San Luca, siano andati in scena diversi assembramenti rossi, con bandiere della pace, riferimenti al comunismo e chi più ne ha più ne metta: in nessuno di questi si sono avute ripercussioni economiche per i partecipanti.
Lo Stato non può far passare un messaggio che risulterebbe squallido: “se sei di sinistra è tutto lecito, se sei un commerciante, un membro operoso della collettività, una persona che lavora e dà lavoro, contribuendo al benessere della Patria, subisci in silenzio”.
Diceva Longanesi che in Italia vorremmo fare le rivolte chiedendo prima il permesso ai Carabinieri. Alcuni fanno manifestazioni pacifiche chiedendo il permesso alla Questura.
E sono quelli che pagano il prezzo di troppa educazione.