Se fai politica non lavori. Ma solo se sei di destra

Curriculum forte, esperienze vere, risultati misurabili. Eppure, qualche giorno fa mi sono sentito dire, per l’ennesima volta, che sono troppo esposto politicamente.

Un headhunter – cioè un selezionatore che cerca profili alti per conto delle aziende – mi ha detto che il mio curriculum è nettamente sopra la media. Poi ha aggiunto: «Troppe prese di posizione pubbliche. Questo scoraggia molti clienti.»

Non importa che tu abbia formato decine di manager per una grande multinazionale. Non importa che tu abbia costruito progetti, gestito team, ottenuto risultati. Basta che tu sia uno che si espone. Basta che non ti omologhi al pensiero unico e al politicamente corretto. E improvvisamente diventi un appestato.

Mi è capitato anche di recente: anni di collaborazione, tutto perfetto. Poi basta. Troppa esposizione. Loro, intanto, durante il pride, mettono l’arcobaleno nel logo. Chiaro il messaggio: ci sono cause che puoi sostenere, e altre che devi nascondere.

Io, invece, non ho mai nascosto nulla. Mi sono iscritto al Fronte della Gioventù a 14 anni. Ho sempre fatto politica con coerenza, dalla stessa parte. Ho ripreso a farlo attivamente nel 2022. Non per avere qualcosa in cambio, ma perché amo la mia città e la mia Nazione. Perché so che, se non ci metti la faccia, vincono sempre gli altri. 

E oggi mi ritrovo a constatare che, se fossi rimasto zitto, se mi fossi mimetizzato, avrei la fila fuori dalla porta. Invece, siccome difendo pubblicamente la mia comunità e i valori in cui credo, vengo trattato come un elemento rischioso. Come se l’impegno fosse una colpa.

Il punto è che non è un caso isolato. È un sistema. Anche in banca, quando apri un conto, ti chiedono se sei “esposto politicamente”. E se lo sei, partono controlli, complicazioni, diffidenza. È così che si scoraggia la partecipazione, che si spingono i migliori a farsi da parte, a lasciare spazio agli improvvisati o ai mediocri.

Poi ci si lamenta che mancano candidati per fare il sindaco, l’assessore, il consigliere. La verità è che chi ha competenze e senso del dovere, oggi, per fare politica deve pagare un prezzo alto. E spesso preferisce non farlo. Perché rischia di compromettere lavoro, carriera, famiglia. È questo il vero scandalo.

Eppure, chi ha costruito qualcosa, chi ottiene risultati, spesso arriva da lì. Giorgia Meloni e molti dirigenti di Fratelli d’Italia fanno politica da sempre, dalla stessa parte, senza mai mollare un centimetro. E proprio per questo oggi governano, con numeri e fatti dalla loro parte. Altro che improvvisati: sono lì perché ci hanno creduto quando nessuno scommetteva su di loro.

Chi fa politica con serietà andrebbe premiato. Non isolato. Va protetto, non penalizzato. Servono norme chiare, ma soprattutto una rivoluzione culturale. Perché finché dire «io ci sono» ti fa perdere opportunità, continueremo ad avere una politica vuota, debole, infiltrata da chi la vive come un mestiere e non come una missione.

Io continuo a metterci la faccia. Se questo dà fastidio, peggio per loro. Ma prima o poi qualcuno dovrà dirlo chiaramente: in una democrazia vera, impegnarsi non è un problema. È un dovere.

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Alessandro Nardone
Alessandro Nardone
Consulente di marketing digitale, docente alla IATH Academy, è autore di 9 libri. È stato inviato di Vanity Fair alle elezioni USA dopo aver fatto il giro del mondo come Alex Anderson, il candidato fake alle presidenziali americane del 2016.

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