Il protocollo Italia-Albania, che ha consentito di allestire in territorio albanese i centri di accoglienza per migranti gestiti da personale italiano, è stato oggetto finora, come è noto, di una serie di boicottaggi facente capo ad una parte politica precisa, incapace di contrastare questa come altre realizzazioni del Governo Meloni con le armi lecite della democrazia, ma ancora in grado di affidare il lavoro sporco ad alcuni amici magistrati. Gli italiani non si lasciano incantare da Elly Schlein, la quale si limita a ripetere che i centri in Albania costerebbero tantissimo, come se i CPR ubicati in Italia fossero a costo zero, e allora si chiede a determinate toghe compiacenti di utilizzare tutti i cavilli possibili al fine di mettere i bastoni fra le ruote di una delle tante promesse mantenute da Giorgia Meloni. Lo sforzo finalizzato ad ostacolare i centri di accoglienza italo-albanesi è stato piuttosto deciso, ma la speranza che il Governo si scoraggi e abbandoni via via il progetto si rivelerà vana e risulteranno altresì infruttuosi tutti i tentativi di intralcio posti in essere fino a questo momento. Si va e si andrà avanti con la concretizzazione del protocollo Italia-Albania, come ha assicurato proprio in questi giorni la premier Meloni, perché l’intera compagine governativa è assolutamente convinta della bontà del ricorso alle strutture di ricezione costruite in Albania, e la pensa alla stessa maniera la maggioranza degli italiani, che chiede da anni una gestione più rigorosa della immigrazione clandestina e delle politiche di asilo. I Paesi democratici come l’Italia hanno il dovere di offrire protezione a coloro i quali scappano da guerre e dittature sanguinarie, ma servono degli strumenti atti a verificare con maggiore efficacia le situazioni individuali delle varie persone in arrivo perché fino ad ora un certo lassismo diffuso in Europa, e in Italia prima dell’insediamento del Governo Meloni, ha permesso che si infilassero fra i richiedenti asilo dei soggetti privi di qualsiasi requisito capace di supportare una richiesta di tutela internazionale. Chi giunge da un Paese che, seppur povero, non si trova in una situazione di conflitto armato e non è vittima di un regime che perseguita i propri cittadini, non ha diritto all’asilo politico e deve essere rimpatriato. I centri in Albania servono proprio a riconoscere, dopo aver salvato ogni vita in mare, chi abbia, fra i migranti clandestini, i titoli per essere ospitato in Italia e chi invece debba fare ritorno a casa. Vista la manifesta utilità di tale soluzione, diventata ancora più evidente dopo gli attentati in Germania compiuti da giovani islamisti con in tasca l’ordine di espulsione e però ancora presenti sul suolo tedesco, il Governo non cede di un millimetro circa i centri italo-albanesi e lavora con l’Europa per la ridefinizione, fra l’altro, del concetto di Paesi sicuri, strattonato male da alcuni Giudici. Se dovessimo considerare solo la pena di morte in vigore in molti Paesi del mondo, come pure hanno fatto le toghe rosse di casa nostra, dovremmo classificare anche gli Stati Uniti come Nazione non sicura. La Commissione europea, oltre al popolo italiano, sostiene il lavoro del Governo Meloni per la creazione di specifici hub per migranti. La presidente Ursula von der Leyen è stata netta a tal proposito e al suo fianco si è aggiunto Magnus Brunner, Commissario UE all’Interno e alla Migrazione, il quale, in visita in Italia per incontrare la premier Meloni e alcuni ministri e intervistato dall’ANSA, ha ribadito come l’Europa appoggi l’intenzione del Governo italiano di proseguire con il protocollo Italia-Albania e di individuare nuovi approcci per rendere effettivi i rimpatri. I piani alti della UE si sono convinti della necessità di una gestione continentale diversa delle migrazioni, perciò, le sinistre parlamentari e togate si mettano il cuore in pace.