Sicurezza? Per Salis è fascismo. Per gli italiani è sopravvivenza!

In un recente post pubblicato sui suoi canali social, Ilaria Salis attacca frontalmente il DL sicurezza del governo Meloni, definendolo un “coacervo di norme repressive e liberticide” e accusando l’esecutivo di piegare lo Stato di diritto in favore di uno “Stato di polizia”. La (purtroppo) eletta eurodeputata Salis, confonde però sicurezza con repressione.

Occorre ribadire chiaramente che il decreto non è stato approvato per soffocare il dissenso, ma per aiutare chi in questi anni ha rispettato le leggi e ora ha chiesto aiuto. In democrazia (tanto caldeggiata a parole dalla Sinistra, ma rinnegata poi nei modi) la libertà collettiva dipende anche dal rispetto individuale delle regole. Quando l’illegalità dilaga, non sono certo i più agiati a subirne le conseguenze. A farne le spese sono, come sempre, i più deboli: famiglie, lavoratori, anziani, persone perbene.

L’equazione sicurezza uguale repressione non è solo sbagliata, ma anche pericolosa. Non esiste libertà senza legalità. Difendere la sicurezza non è una crociata di destra. Garantirla significa proteggere il più debole: il bambino che va a scuola, la donna che vuole tornare a casa la sera, il commerciante che apre il suo locale ogni mattina, l’anziano che vorrebbe trovare la sua dimora non occupata. È offensivo affermare che rafforzare la sicurezza serva a “colpire la povertà”: è una lettura ideologica che ignora completamente la realtà quotidiana di milioni di cittadini italiani.

Salis scrive che “una sicurezza autentica si costruisce con la giustizia sociale”. È vero. Ma ciò non toglie che lo Stato debba anche saper porre un freno alla violenza, all’illegalità diffusa e a certe forme di vandalismo che spesso e volentieri si nascondono dietro lo scudo del “dissenso”. Può esservi la critica, mai l’aggressione. Sempre più spesso vediamo però che proprio la sinistra, in nome del “giusto” (la loro giustizia sociale), finisce per giustificare l’illegalità come “resistenza”.

Mentre Salis parla di “tutela del dissenso”, gli italiani assistono quotidianamente a scene sempre più frequenti di insicurezza e impunità: aggressioni, occupazioni abusive, baby gang e il crescente fenomeno dei “maranza”. Davvero tutto questo è accettabile in nome della presunta libertà?

Il decreto sicurezza rappresenta una risposta seria e ponderata a queste sfide.

Rafforza i poteri di prevenzione.

Tutela (finalmente) le forze dell’ordine, che troppe volte sono state denigrate per aver svolto il proprio lavoro. Non sono un nemico da temere, ma un presidio di civiltà, troppo spesso costretto a operare in condizioni difficili, con risorse limitate e sotto attacco mediatico. Difenderle significa difendere ogni cittadino che rispetta la legge e pretende di vivere in tranquillità.

Interviene sul fenomeno gravissimo delle occupazioni abusive.

Non si tratta di olio di ricino o manganelli, ma di misure adeguate per difendere la società civile dalle intemperie del degrado sociale.

Cara Ilaria Salis, la tua narrazione vittimista, come quella di altri ambienti della sinistra (radicale e non), e il tuo linguaggio da anni di piombo, appaiono sempre più distanti dal Paese reale, che chiede più sicurezza, una giustizia “giusta” e maggiori responsabilità. Per ora, il decreto sicurezza ha provveduto a migliorare la prima richiesta, quella di sicurezza. La riforma della giustizia e del premierato provvederanno a migliorare le altre due.

È auspicabile che almeno una parte della sinistra riformista (se esiste ancora) si emancipi da certe derive estremiste e riconosca che l’ordine pubblico è il primo strumento per garantire l’uguaglianza e la dignità di tutti.

Nessuno vuole uno “Stato di polizia”. Ma neppure un “NON-Stato” dove tutto è permesso e/o giustificato e nessuno ha delle responsabilità. È la realtà la vera vittima di questo atteggiamento spudoratamente ideologico e anacronistico.

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Michele Intartaglia
Michele Intartaglia
Michele Intartaglia, classe 2004, originario di Procida. Studente di Scienze Politiche alla LUISS Guido Carli.

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