Sicuri che Gaza sia affamata a causa di Israele?

Dietro alla sigla un po’ complessa UnOps-Un2720 si trova una struttura amministrativa e tecnica delle Nazioni Unite tramite la quale passano o dovrebbero passare tutti gli aiuti umanitari diretti nella Striscia di Gaza. Il suo compito, previsto dalla risoluzione 2720 del Consiglio di Sicurezza ONU, adottata il 22 dicembre 2023, è quello di fare convogliare gli aiuti, (cibo, medicinali e tutto quello che può servire per la sopravvivenza durante il conflitto), in un unico punto di ingresso, attraverso una lingua comune e una catena di responsabilità verificabile.

L’agenzia di stampa Adnkronos, visitando il sito web di UnOps-Un2720, ha scoperto, circa gli aiuti che giungono o dovrebbero giungere nella Striscia, numeri impressionanti e drammatici, ma che fanno riflettere perché ribaltano la narrazione, diffusasi in Occidente nelle ultime settimane, della fame di Gaza provocata da Israele, accusato di uccidere le persone mentre cercano di rifornirsi di cibo e di impedire l’arrivo degli aiuti alimentari con continui bombardamenti. Ci sembra giusto rilanciare quanto rilevato da Adnkronos.

Negli ultimi due mesi quasi 40mila pallet sono stati scaricati ai varchi della Striscia di Gaza e si tratta di circa 40mila tonnellate di cibo e medicinali. Dei 40mila pallet almeno 30mila sono stati raccolti, ma solo 4200 sono giunti davvero alla destinazione prevista a Gaza. 25700 pallet, ovvero, 23350 tonnellate, dopo essere partiti su 1753 camion, sono stati “intercettati”, così viene detto dalle Nazioni Unite, da persone affamate e disperate oppure, con la forza, da miliziani armati, durante il transito verso Gaza.

Solo un decimo degli aiuti disponibili al confine della Striscia è arrivato senza ostacoli e il resto dei carichi è stato fermato e svuotato da civili disperati o sequestrato dagli uomini di Hamas, le uniche milizie armate presenti a Gaza, che ancora imperversano in parte del territorio. Questi dati non sono il frutto della propaganda di qualche gruppo sionista, ma compaiono su un sito dell’ONU, che, come si è sempre saputo grazie al segretario generale del Palazzo di Vetro Antonio Guterres, colui che ha giudicato “comprensibili” gli attacchi di Hamas del 7 ottobre del 2023, non è mai stata tenera con Israele. Se persino le Nazioni Unite di Guterres sono costrette a prendere atto dell’esistenza di crimini a Gaza commessi da ciò che rimane di Hamas, e non dall’esercito israeliano, questo significa che un certo racconto relativo ad un solo responsabile, lo Stato ebraico ovviamente, delle morti, della disperazione popolare e della fame nella Striscia, non sia del tutto vero.

Una interpretazione diventata vulgata che spesso si nutre dei dati, più propagandistici che reali, forniti da Hamas e che ha persuaso, ahinoi, alcuni governi europei, non quello italiano per fortuna, e quelli di Canada e Regno Unito, i quali, bastonando solo Israele e proponendo il riconoscimento dello Stato di Palestina, una cosa che non dovrebbe essere nemmeno pensata fino a quando Hamas non sarà distrutta in toto o almeno resa innocua con il disarmo, non fanno altro che rovesciare la verità ed alimentare l’antisemitismo in Occidente.

Israele ha inferto duri colpi ai terroristi di Hamas, a causa dei quali, non dimentichiamolo, è iniziato tutto, dal 7 ottobre 2023 ad oggi, uccidendo i loro capi sanguinari, tuttavia, Gaza è ancora infestata da questi criminali, che continuano a detenere ostaggi israeliani, (uno di loro è stato mostrato in un video, ridotto ad uno scheletro, a proposito di fame, e costretto a scavarsi la fossa), rubano gli aiuti alimentari e ci lucrano sopra, rivendendoli ai disperati gazawi e costruendo la carestia propagandistica da scagliare contro Israele, mandano a morire la loro gente con lo scopo di sbandierare un presunto genocidio per demolire la reputazione globale dello Stato ebraico.

Agli integralisti della Striscia non importa nulla delle vite degli abitanti di quel martoriato lembo di terra, anzi, cercano di fare sì che muoia più gente possibile perché poi, alla fine, come è stato dichiarato mesi fa da un esponente di Hamas, le loro donne, essendo assai prolifiche, daranno alla luce nuovi martiri. Quelle parti dell’Occidente succitate sono cadute, chissà se più o meno in maniera consapevole, nel tranello mediatico di Hamas, e pensiamo che qualcuno, anche nel mondo dell’informazione, si lasci imbrogliare con piacere dai terroristi perché di fatto ha sempre mal sopportato Israele e il popolo ebraico, ed è oggi compiaciuto di poterli denigrare a livello globale. Come si può citare, da un punto di vista giornalistico, la fonte del “governo di Gaza”? Quale governo di Gaza? Là vi sono soltanto i terroristi di Hamas e l’IDF, le Forze Armate di Israele, quindi, si evince che per taluni operatori dei media gli aguzzini del 7 ottobre del 2023 siano il governo legittimo della Striscia e punto di riferimento credibile a cui attingere notizie ed aggiornamenti.

Rispetto a certi media occidentali e a governi come quello francese o quelli di Spagna, Canada e Regno Unito, la Lega Araba si è rivelata più pragmatica e severa, chiedendo ad Hamas il disarmo immediato, la liberazione degli ostaggi e l’abbandono della Striscia di Gaza, uniche soluzioni al fine di fermare la guerra e creare anche lo Stato di Palestina. Comunque, se i balordi di Hamas, pur essendo stati radicalmente ridimensionati, continuano ad essere presenti a Gaza e a commettere crimini come i furti di cibo, ciò significa che Israele non ha finora, al di là dei racconti faziosi, anteposto la fine dei terroristi a tutto, bensì, ha cercato responsabilmente di colpire Hamas con una certa attenzione per i civili e gli ostaggi ancora vivi.

Diciamola tutta, al netto delle storie presentate da antisemiti e giornali accondiscendenti, se Israele non avesse avuto alcuna sensibilità per gli innocenti, gazawi e israeliani, avrebbe già raso al suolo Gaza e dei loschi figuri dell’estremismo islamico non sarebbe rimasto nemmeno più un pelo delle loro barbe. Invece, i criminali di Hamas, sebbene ridotti di numero, sono ancora lì e costituiscono un problema che deve essere risolto prima di chiedere al governo di Benjamin Netanyahu di smettere di sparare e prima di procedere al riconoscimento dello Stato di Palestina.

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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