C’è una parola che non può essere pronunciata quando si parla di Ucraina. Su questo il ministro Gilberto Pichetto Fratin è netto. Quella parola è “resa”. Il conflitto scatenato dalla Russia lo scorso 24 febbraio deve concludersi con i due contendenti seduti attorno al tavolo negoziale. Questo è chiaro a tutti, o quasi, ed è stato ribadito nel corso della seconda giornata di celebrazioni per il decennale di Fratelli d’Italia, in corso a piazza del Popolo a Roma. Ma per raggiungere questo obiettivo, e cioè per raggiungere la pace che tutti invocano, è necessario sostenere militarmente l’Ucraina, affinché non venga sdoganato il concetto che, nel XXI secolo, uno Stato più forte può imporsi su uno più debole con l’uso della forza, cancellandolo o ridisegnandone i confini. Per questo di “resa” non si può e non si deve parlare. Per questo, inviare aiuti militari a Kiev non significa gettare benzina sul fuoco di un conflitto che dura ormai dal 2014, ma difendere un ordine che se scardinato può condurre a conseguenze imprevedibili. “C’è chi questo termine lo usa per pace, umanità e interesse”, continua il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. E insiste su quest’ultimo punto: “Nel Donbass ci sono giacimenti strategici del neon, il materiale che si usa per i microchip, quindi questa espansione prima sovietica e poi russa, ha anche tutta una serie di altri interessi che la vedono legarsi alla Cina rispetto al litio. Ciò impone una serie di scelte importanti, perché per la transizione ecologica e la decarbonizzazione, ad esempio nel settore dell’automotive, servono le batterie e quindi il litio”.
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’Attuazione del programma, Giovanbattista Fazzolari, sul palco della festa “10 anni di amore per l’Italia”, ha ricordato che sulle scelte importanti per la nostra nazione Fratelli d’Italia e la sua leader non si sono mai tirati indietro. Lo rivendica con orgoglio: “Se in tutta questa situazione l’Italia non ha tentennato e non si è girata dall’altra parte, facendo distinguo sull’invio delle armi o dicendo ‘cosa ce ne importa’, è solamente grazie alla tenuta seria di Giorgia Meloni e di FdI”. Un partito, quello che in questi giorni festeggia i suoi primi dieci anni a piazza del Popolo a Roma con una kermesse di tre giorni ricca di ospiti, “che mette l’interesse nazionale prima del proprio”.
Fazzolari ha poi ricordato la tragedia che stanno vivendo milioni di ucraini che dallo scorso ottobre si trovano a fare i conti con una nuova pesante escalation, elogiando il coraggio di un intero popolo. “Quel popolo che non doveva esistere oggi è sinonimo di spirito guerriero”, ha detto lodando la resistenza di Kiev. La Russia, ha accusato il sottosegretario, sta perpetrando “un genocidio”. E di fronte ad uno scenario simile il sentimento che emerge è riassunto nel titolo di un celebre libro di Oriana Fallaci: La rabbia e l’orgoglio. È stata esattamente questa la reazione del popolo ucraino, diventato il simbolo del coraggio. “Dobbiamo mantenere questa rabbia e questo sdegno – insiste Fazzolari – perché come l’Unione Sovietica nel 1932 con Stalin piegò gli agricoltori ucraini colpevoli di non assecondare il modello sovietico con il genocidio indotto per fame, bruciando i campi e sequestrando i raccolti per far morire di fame le persone, oggi la Russia ripete quella magnifica trovata con il genocidio indotto con il freddo distruggendo le centrali elettriche: tutto questo è inaccettabile e non vogliamo in nessun modo assecondarlo. Fare finta di nulla per avere una vita più serena sarebbe vigliacco e sciocco”.
“Il popolo ucraino – ha proseguito il sottosegretario – da mesi tiene sotto scacco la seconda potenza al mondo”. Quello stesso popolo “votato a qualunque sacrificio in nome della libertà” non si è arreso ed è riuscito a “smontare il corso della storia”. “L’esercito russo si è rivelato un’armata da terzo mondo, ha le atomiche, come il Pakistan, ma il suo esercito è inferiore a quello del Pakistan. Lo spirito guerriero era una catena di corruzione, che parte da Putin ai ministri, agli eserciti, ai generali, fino ai soldati che hanno le scarpe di cartone. Questa – conclude Fazzolari – è la grande Russia”. Infine, un parallelo storico. “Nel 1453 cade Costantinopoli e i popoli europei decidono di non intervenire perché non gliene fregava nulla e per non compromettere i buoni rapporti con l’Impero Ottomano. Pochi anni dopo cadde anche Atene, poi l’intera Grecia, poi i Balcani, e nel 1683 l’Impero Ottomano viene fermato a Vienna, perché la storia ha un po’ di senso dell’umorismo, dai polacchi e dagli ucraini”.
Ad esaltare il coraggio del popolo ucraino è anche il presidente della Commissione Politiche dell’Unione europea del Senato, Giulio Terzi di Sant’Agata. “Basta dubbi nel sostenere l’Ucraina anche con le armi, e ben vengano le decisioni del Consiglio europeo per un nuovo stanziamento da 18 miliardi e per finanziare ulteriormente la European Peace Facility”, ha rimarcato l’ex ministro. “I valori dell’Occidente – ha aggiunto – nella politica estera italiana e nella diplomazia parlamentare devono essere un riferimento importantissimo, nei confronti della Russia, nei confronti della Cina, nei confronti dell’Iran”.
“Un anno e mezzo fa non avremmo mai immaginato di trovarci una guerra alle porte di casa nostra. Eravamo abituati alla pace che forse davamo anche per scontata. Una pace e un equilibrio che abbiamo contribuito a mantenere negli anni come membri dell’Unione europea e della Alleanza atlantica. Oggi assistiamo a una guerra di aggressione ingiustificata da parte della Russia contro l’Ucraina. Una guerra che ne ha violato la sovranità nazionale e la libertà, princìpi che sono fondamentali”, ha evidenziato il sottosegretario alla Difesa, Isabella Rauti.
In questo “scenario geopolitico instabile” difendere il popolo ucraino, ha aggiunto, “non solo è giusto e doveroso perché il conflitto coinvolge direttamente la popolazione civile ma anche perché il disegno espansionista della Federazione Russa è una minaccia ai valori europei”. “Se l’Italia si voltasse dall’altra parte – ha ricordato – non solo verrebbe meno agli impegni presi ma si auto-isolerebbe dal resto dell’Europa, perdendo quell’autorevolezza che merita e che ha, grazie al presidente del Consiglio Meloni, nei tavoli internazionali”.
“L’Italia – ha concluso – ha riconfermato l’obiettivo del raggiungimento graduale del 2% del Pil per la Difesa entro il 2028. Si tratta di un impegno già preso nel 2006 e nel 2014 e che poi qualcuno ha fatto finta di dimenticare. Nn significa essere guerrafondai, come qualcuno ha sostenuto con ipocrisia, ma costruttori di pace come dimostra da sempre l’impegno dei nostri contingenti nelle missioni internazionali”.
“Tutti vogliono la pace. La differenza – ha aggiunto – è nel giudizio di come raggiungerla. C’è chi va in piazza chiedendo la pace e chi ostenta una forma di pacifismo peloso ed ipocrita. La pace si raggiunge sostenendo e aiutando il popolo ucraino a difendersi, a resistere e sopravvivere”. “Sono queste le premesse – ha ribadito – per arrivare a un negoziato di pace tra Russia e Ucraina che deve necessariamente vedere seduti al tavolo i due interlocutori in una posizione di equilibrio”.
Anche Edmondo Cirielli, viceministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, stigmatizza chi critica la Nato. Senza l’Alleanza Atlantica, sottolinea, “saremmo una preda”. “Forse dovremo spendere il 10 per cento del Pil per poterci difendere da soli, altro che il 2%. Noi paghiamo molto meno per farne parte, noi abbiamo 15mila soldati americani in Italia, aerei e mezzi, che costano all’America”. “Ci siamo svegliati dal sonno della pace mondiale, il pianeta è dominato da popoli che vivono sotto una dittatura, e la Russia ha rotto il fronte dell’equilibrio tra Occidente e dittature”.
A concludere il panel dedicato al “ruolo dell’Italia dopo l’invasione dell’Ucraina” è stato il presidente della Commissione Affari esteri e comunitari della Camera, Giulio Tremonti. “Nel 2011 l’Italia ha perso il posto a tavola ed è diventata pietanza scritta sul menu, come avvenuto con il governo Monti, con la chiamata dello straniero, il primato della tecnica sulla politica”, ha detto provocatoriamente l’economista. “Con questo governo è tornata la politica”. E l’Europa, è il concetto espresso sinteticamente dall’ex ministro dell’Economia, oggi ha bisogno di più “difesa e intelligence comune” e non di più “unione bancaria”.