Spioni, il Copasir sbugiarda e svergogna Conte

Il caso Paragon si rivolta contro chi l’ha costruito: intercettazioni legittime, avviate con delega del governo Conte. E alla guida c’era proprio lui: l'agente 00Conte.

Per mesi Giuseppe Conte ha gridato allo scandalo. Ha parlato di “attacco alla democrazia”, di “governo che non risponde”, di “spionaggio a carico di giornalisti e attivisti”. Ma oggi, nero su bianco, la verità è un’altra. E il Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica (Copasir) ha sgombrato ogni dubbio: fu proprio il governo Conte ad avviare le attività di sorveglianza che oggi egli stesso finge di denunciare.

Il caso: da Fanpage a Palazzo Chigi

Tutto è cominciato il 31 gennaio 2025, quando Fanpage.it pubblica un articolo clamoroso: “intercettati giornalisti e attivisti con spyware israeliano Graphite”. Nelle stesse ore, Meta inviava notifiche riservate agli utenti coinvolti, tra cui il direttore di Fanpage Francesco Cancellato e l’attivista Luca Casarini.

L’indignazione politica fu immediata. Conte si erge a paladino delle libertà civili, parlando di attentato allo Stato di diritto e invocando spiegazioni da Giorgia Meloni e Alfredo Mantovano. Una narrativa confezionata per colpire l’attuale governo di centrodestra con l’accusa più infamante – lo spionaggio – basandosi su sospetti e allusioni.

Il verdetto del Copasir

Il 4 giugno 2025, il Copasir – presieduto da Lorenzo Guerini (PD) – ha approvato all’unanimità una relazione di 24 pagine che smonta, punto per punto, lo scandalo mediatico e politico costruito nei mesi precedenti.

Ecco i fatti accertati:

  • Francesco Cancellato non è mai stato intercettato dai servizi italiani, né con Graphite né con altri strumenti.
  • Don Mattia Ferrari non risulta sottoposto ad alcuna attività di sorveglianza.
  • David Yambio è stato monitorato su un’utenza intestata a terzi, ma senza l’impiego dello spyware Graphite.
  • Luca Casarini e Giuseppe Caccia, invece, sono stati effettivamente sorvegliati, ma a partire da un’operazione avviata nel dicembre 2019, su delega formale del Presidente del Consiglio pro tempore, cioè Giuseppe Conte, durante il governo Conte II (M5S–PD–Italia Viva).

Le attività, inizialmente basate su intercettazioni tradizionali, sono poi proseguite negli anni successivi, sempre secondo la legge, e, solo in una seconda fase, anche con l’impiego del software Graphite, ma con autorizzazioni appropriate, rilasciate dal Procuratore Generale della Corte d’Appello di Roma o dal governo in base alla natura dell’intercettazione.

L’effetto boomerang

Conte oggi si ritrova esattamente nel ruolo che voleva infliggere ad altri: quello del capo di governo che ha autorizzato l’attività di intelligence preventiva su ambienti dell’associazionismo civile. A smascherarlo non sono solo i documenti ufficiali, ma anche le sue stesse firme, apposte su deleghe operative firmate il 23 dicembre 2019.

Mentre chiedeva dimissioni e indagini, il Copasir consultava i log interni di Paragon. Il numero di Cancellato – quello associato alla notifica di Meta – non compare in alcun audit ufficiale dei servizi. Nessuna operazione. Nessuna intercettazione.

Casarini: “Se ci ha fatto spiare, dovrebbe ammettere l’errore”

A confermare lo scenario paradossale è stato lo stesso Luca Casarini, che in un post pubblico ha espresso amarezza per aver appreso che la sorveglianza preventiva era stata disposta “da chi meno se lo aspettava”. Il bersaglio? Giuseppe Conte, accusato di aver avviato l’operazione proprio negli anni in cui le ONG venivano sistematicamente criminalizzate in nome della sicurezza.

Casarini ha chiesto a Conte di chiedere scusa e aprire una riflessione pubblica, ma ha anche espresso la convinzione che in Italia la politica preferisca nascondere gli errori piuttosto che farne occasione di cambiamento.

La verità oltre la propaganda

Il Copasir non ha solo smentito l’allarme lanciato dai media amici di Giuseppe Conte. Ha svelato una realtà ben più scomoda: quella di un ex premier che oggi si indigna per le stesse procedure che ieri ha autorizzato. Le deleghe all’intercettazione preventiva su Casarini e Caccia furono firmate il 23 dicembre 2019, nel pieno del governo Conte II – quello sostenuto da Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e Italia Viva.

Una verità che non imbarazza solo Conte, ma che svergogna un’intera opposizione.
Matteo Renzi, che oggi grida al “Watergate italiano”, era parte attiva di quell’esecutivo.
Elly Schlein, che chiede trasparenza al governo Meloni, tace sulle responsabilità del suo partito e dei ministri dell’epoca.

Il risultato? Una colossale operazione d’ipocrisia.
Chi accusava, ha autorizzato.
Chi urlava allo scandalo, ha firmato le deleghe.
Chi invocava la democrazia, ha dimenticato di applicarla quando governava.

La verità, anche nei database dei servizi, ha lasciato traccia. E il Copasir l’ha appena letta.

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Leo Valerio Paggi
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Leo Valerio Paggi per La Voce del Patriota.

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