Strage di via d’Amelio, Meloni: “portiamo avanti il nostro impegno quotidiano per estirpare questo male dalla nostra Nazione”

"Solo così il sacrificio degli eroi di stato non sarà mai vano”

31 anni fa lo Stato perdeva uno dei suoi uomini migliori: Paolo Borsellino.

La strage di Via d’Amelio, in cui morirono anche cinque agenti della scorta, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina ed Emanuela Loi, “rappresenta una ferita ancora aperta per chi crede in un’Italia giusta”,  ricorda il Presidente Meloni.     
È una triste pagina della storia italiana, insieme a quella di Capaci, delle morti del Generale Dalla Chiesa, di Don Pino Puglisi, di Peppino Impastato e di molti altri.

31 anni dopo, quel tragico episodio è più vivo che mai nella mente e nel cuore del popolo italiano, che non si arrende alla brutalità della criminalità organizzata e di tutte le sue ramificazioni.

31 anni dopo, Paolo Borsellino e tutte le vittime della mafia vengono ricordate e onorate nel luogo in cui perse la vita il giudice.

E lo si fa con una commemorazione che la destra politica italiana ha sempre sostenuto e appoggiato. A Palermo è presente Giorgia Meloni, segnale importante, questo Governo si sta impegnando giorno dopo giorno per eliminare quelle radici marce che ancora oggi danneggiano una parte della nostra comunità, perché solo così il sacrificio degli eroi di Stato “non sarà mai vano”.

Il Presidente del Consiglio ricorda Paolo Borsellino: “Paolo sfidò il sistema mafioso senza mai temere la morte, insegnandoci a non restare a guardare e a non voltarci mai dall’altra parte. Il suo coraggio e la sua integrità sono doni che ci ha lasciato e che tanti giovani hanno deciso di raccogliere per affermare due valori imprescindibili: la legalità e la giustizia.”

Sono questi i due valori fondamentali da tenere a mente nella lunga e incessante ricerca della verità. È un lavoro quotidiano che società e istituzioni devono portare avanti in maniera congiunta ed è, più di tutto, un dovere morale che spetta ad ognuno di noi onorare, affinché il ricordo di ogni singola vita spezzata non sbiadisca nel tempo.            

Il 19 luglio non è solo l’occasione per onorare la memoria delle vittime, ma è anche l’occasione per riflettere sull’oggi e sul domani.         

Parlare oggi di quello che successe oltre trent’anni fa è un primo passo fondamentale affinché non si chiudano gli occhi di fronte all’esistenza di un qualcosa che esiste ancora oggi. Ma il passo successivo deve essere quello di adottare delle misure serie e concrete che permettano, d’ora in poi, di mettere un punto alla questione mafia.       

Per farlo occorre avere gli strumenti adatti, che possono essere (ri)trovati partendo da quel lavoro fatto da Falcone e da Borsellino, i quali erano riusciti ad approcciarsi in modo innovativo a Cosa Nostra. Oggi come allora, tenendo a mente il pensiero illuminato dei due giudici, occorre quindi trovare nuovi e più idonei strumenti per contrastare il fenomeno mafioso.

Affinché non si parli più di mafia in futuro serve ora analizzarla in ogni sua sfaccettatura, rendendosi conto che non ha più una connotazione solo territoriale-regionale, ma che assume molteplici e variegate forme, quella delle mafie straniere, delle mafie informatiche, delle mafie finanziarie e che la sua natura continua a mutare con l’evolversi delle società.

Infine, occorre più di tutto ragionare sulle cause primarie che rendono le organizzazioni mafiose così pervasive. Oggi sappiamo che una delle principali cause che porta al radicamento del metodo mafioso è l’assenza dello Stato. È fondamentale quindi agire esattamente in questa direzione, affinché le istituzioni occupino tutti gli spazi possibili e non ci sia più possibilità di far penetrare la criminalità, in modo tale che i cittadini non abbiano più motivo di appellarsi alla rete mafiosa perché avranno, sempre, al loro fianco lo Stato. Uno Stato che non li lascerà più soli.

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