Su Trump decideranno gli americani, non i giudici

Donald Trump è stato giudicato colpevole per tutti i 34 capi di imputazione nel processo riguardante i presunti pagamenti in nero versati alla pornostar Stormy Daniels. Adesso, si aspetta che il giudice di New York Juan Merchan annunci il tipo di pena da infliggere all’ex presidente USA. C’è il rischio del carcere oppure è possibile che il giudice Merchan si pronunci per la “probation”, ovvero, gli arresti domiciliari o la libertà vigilata. Il tycoon potrebbe andare incontro anche o soltanto ad una multa, sicuramente non contenuta. È improbabile, comunque, che Trump finisca in prigione e il primo a dirlo è proprio il giudice della Grande Mela che dovrà esprimersi in merito alla pena per l’ex presidente. Vi sarebbero problemi enormi di sicurezza e di logistica per un ipotetico detenuto così eccellente, che è stato inquilino della Casa Bianca ed è di nuovo candidato presidenziale in corsa.

La difesa di Donald Trump ha 30 giorni di tempo per una prima impugnazione della condanna e sei mesi per un appello completo, seguendo un iter che non si concluderà prima delle elezioni presidenziali del prossimo novembre. Nel frattempo, Trump è un uomo libero, potrà godere del diritto di voto, continuare la propria campagna elettorale ed essere eletto, se i cittadini degli States lo vorranno, presidente degli Stati Uniti d’America. La vicenda della pornostar non è la sola grana giudiziaria alla quale il tycoon deve fare fronte. I suoi legali stanno lavorando già a due procedimenti di appello, contro la condanna per gli asset gonfiati e circa il verdetto riguardante l’accusa di diffamazione mossa dalla scrittrice Jean Carroll. Vi sono poi tre cause in corso i cui processi non sono stati però ancora fissati.

L’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021, per il quale l’accusa sostiene che Trump, all’epoca ancora presidente in carica, sia stato istigatore e mandante. A tal proposito, la Corte Suprema dovrà esprimersi sulla concessione o meno della immunità presidenziale. Le altre due cause vertono sulle presunte interferenze trumpiane nel voto nello Stato della Georgia, durante le complicate Presidenziali del 2020, e sulla gestione, giudicata inappropriata, di documenti segreti che sarebbero stati trasferiti da Trump, al termine del suo mandato, dalla Casa Bianca alla residenza privata di Mar-a-Lago. Senza lanciarci in assoluzioni a priori, dobbiamo tuttavia renderci conto di come si avverta, in tutte le vicissitudini giudiziarie dell’ex presidente appena elencate, un certo tanfo di persecuzione politica attuata mediante i Tribunali.

Donald Trump, per una parte di America, è sempre stato ingombrante, scomodo, ingestibile e imprevedibile. Vinse a sorpresa nel 2016, quando l’avversaria Hillary Clinton sembrava avere già la vittoria in tasca. I suoi quattro anni da presidente sono stati caratterizzati da successi economici e diplomatici. Alcune asprezze proclamate nei comizi non sono state rinnegate successivamente, ma riequilibrate nella pratica di governo. Un po’ lo stile schietto del personaggio e molto, le interpretazioni distorte di mass media ostili, facevano presagire l’avvento di un quadro cupo e antistorico, ma gli Stati Uniti di Trump non si sono affatto isolati dal resto del mondo. Gli USA trumpiani hanno ridiscusso le regole della globalizzazione, senza provocare, con questo, alcun arresto degli scambi e dei commerci internazionali, e si sono rivolti sia ai loro vicini di casa, Canada e Messico, che all’Europa, fino al concorrente più insidioso, la Cina, per ricreare una competizione globale animata da maggiore lealtà.

Oggi, a partire da Ursula von der Leyen, tutti si sono resi o si stanno rendendo conto di una globalizzazione danneggiata da competitor sleali come la Repubblica popolare cinese. Donald Trump, nonostante l’esito travagliato delle ultime elezioni presidenziali e tutti i guai che gli sono piovuti addosso dopo, ha ancora un consenso tale da permettergli di ritenere possibile un ritorno alla Casa Bianca, e chi risulta difficile o addirittura impossibile da sconfiggere con il voto, in Italia ne sappiamo qualcosa, deve essere indebolito e magari anche affossato del tutto con altri strumenti tipo quello giudiziario, se alcuni giudici e procuratori si prestano al gioco. Forse quasi nessuno vuole vedere il tycoon dietro le sbarre, ma si conta di fiaccare per gradi la sua figura politica, costretta ad impegnarsi più fra un processo e l’altro che a parlare agli americani. Non è da escludere che si provi a fare leva su quell’America puritana, ancora esistente, che potrebbe non tollerare un Comandante in Capo che paga una pornostar per comprare il suo silenzio. Anche se, puritani o meno, gli elettori degli States potrebbero anche convincersi del fatto che Stormy Daniels sia solo a caccia di denaro, di tanto denaro, e a casa Trump sicuramente esso non manca. Le accuse circa l’assalto a Capitol Hill sembrano un’altra forzatura.

I responsabili del gesto, guidati da un tizio vestito da sciamano, erano senz’altro pro-Trump e contestavano la vittoria di Joe Biden, ma rimane difficile pensare che Donald Trump, il quale avrà pure tanti difetti e però non è uno sprovveduto, sia stato così sciocco da ordire una simile incursione nella speranza, vana, di bloccare l’affermazione elettorale dell’avversario. I fatti del 6 gennaio 2021, come quelli brasiliani in merito ai quali, anche lì, non è scontato che Jair Bolsonaro ne sia stato il mandante, si sono ritorti contro la leadership trumpiana ed è più probabile che lo “sciamano” e i suoi abbiano agito da soli. Conviene comunque tenere presente che chi di persecuzione giudiziaria ferisce, ne può anche perire.

Credono di annichilirlo in maniera progressiva, ma è realistico che Trump possa rafforzarsi ancora di più a causa dei grattacapi penali perché gli elettori, anche quelli ancora indecisi o freddi sulla possibilità di tornare ad appoggiare il tycoon, potrebbero convincersi a riguardo di una persecuzione giudiziaria in atto, studiata a tavolino, e fare muro contro chi vuole inquinare le Presidenziali 2024. Un segnale non da poco è giunto dai nuovi finanziamenti versati alla campagna elettorale di Donald Trump. Subito dopo la condanna nel processo riguardante la pornostar, il comitato elettorale dell’ex presidente ha incassato ben 34,8 milioni di dollari, giunti a 53 milioni nel giro di 24 ore, e i grandi investitori non foraggiano di sicuro candidati, per così dire, spacciati. I veri giudici per Trump, autorizzati a stabilire se egli merita o meno di tornare presidente degli Stati Uniti, saranno gli elettori americani, che si esprimeranno a novembre. Anche l’attuale inquilino della Casa Bianca Joe Biden ne è convinto.

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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