Svolta sul trattenimento del presunto jihadista: sarà rimpatriato, i giudici si contraddicono

L’egiziano sospettato di appartenere all’Isis verrà rimpatriato. Ieri avevano riportato la vicenda, svelata da La Verità, di questo immigrato clandestino, giunto in Italia a inizio mese in modo illegale sbarcando a Lampedusa. Il suo Paese di origine, l’Egitto appunto, è pienamente inserito all’interno della lista dei Paesi sicuri. Lui stesso aveva dichiarato alle autorità italiane che in Patria era accusato di essere un jihadista, motivo per il quale sarebbe fuggito, ancora non si è ben capito se a pena scontata o evadendo dal carcere. In ogni caso, data la sua pericolosità tutt’altro che presunta, il questore aveva disposto il trattenimento all’interno di un centro di permanenza per il rimpatrio. Ma, ca va sans dire, il trattenimento non era stato convalidato dai magistrati siciliani, rimandando di nuovo il tutto alla decisione della Corte di Giustizia dell’Unione europea. Il quesito è sempre lo stesso: l’Egitto può essere considerato un Paese sicuro? Un quesito che riguarda gli attacchi del regime di al-Sisi ai dissidenti politici e altre minoranze. Dunque: un Paese può essere considerato sicuro se ci sono delle minoranze non rispettate? Ma al quesito aveva già ampiamente risposto la Corte di Cassazione, anticipando la Corte di Lussemburgo: prima di tutto, è il governo a decidere quale Paese è sicuro rispettando il quesito della territorialità (il Paese deve essere sicuro nella sua completezza, non devono esserci zone in cui manca il controllo dell’autorità statale) e non quello delle minoranze; e poi, cosa forse ancora più importante, un Paese è sicuro quando ha per la maggiore una tendenza alla sicurezza. Il quesito che si pongono i giudici siciliani, in pratica, non dovrebbe porsi.

Trattenimento finalmente convalidato

Ma tanto è bastato per liberare il presunto terrorista e presunto evaso dalle prigioni egiziane. La prima mancata convalida del trattenimento però ha incontrato l’altolà delle forze di Polizia, che hanno ribadito come il soggetto, se liberato, senza documenti com’era, sarebbe stato un pericolo per la sicurezza nazionale. Nella nuova richiesta di trattenimento, infatti, il questore ha spiegato che “in fase di audizione il richiedente asilo riferiva di essere stato condannato per reati legati al terrorismo, con pena scontata presso il carcere governativo ‘Qowat a Amn Damanhour’”, aggiungendo che l’uomo “rappresentava di appartenere all’organizzazione terroristica ‘Daesh’ e di fare proselitismo nei confronti di bambini presso una scuola da lui creata e diretta, con finanziamenti la cui origine non è stata meglio specificata”. In più, durante l’audizione, “non è apparso chiaro se il soggetto sia evaso dalla prigione o abbia scontato interamente la pena”. Motivazioni che, al secondo tentativo, i giudici non hanno potuto più fare finta di ignorare. L’uomo è stato finalmente riconosciuto come un pericolo in quanto “soggetto sospettato di appartenere ad associazioni terroristiche, il quale ha commesso reati nel proprio Paese di origine per il cui accertamento è ancora in corso il relativo processo, che ha lasciato il proprio territorio illegalmente così violando un ordine di inibizione a lasciare il Paese ancora vigente”. L’egiziano, data la mancanza di documenti in suo possesso, è anche considerato in pericolo di fuga: se libero, cioè, potrebbe far perdere le sue tracce da un momento all’altro. Così, dunque, si conclude una vicenda che aveva dell’inverosimile, con un dietrofront bello e buono da parte dei giudici che hanno di fatto rinnegato quanto avevano dichiarato soltanto pochi giorni fa, convalidando un trattenimento che ore prima avevano rifiutato.

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