Tagli a tutela Made in Italy. La farsa di Bellanova e Patuanelli.

L’art. 23 della Legge di Bilancio, attualmente all’esame della Camera, elimina sia le agevolazioni sulle spese sostenute dai consorzi per la tutela legale dei propri prodotti colpiti dall’italian sounding che erano state previste scorso anno con il decreto crescita (Dl 34/2019), sia i finanziamenti per campagne di informazione per la tutela del made in Italy.

L’Italian sounding è quell’odiosa pratica per la quale furbi contraffattori di prodotti agroalimentari italiani conferiscono ai propri prodotti, che nulla hanno di made in Italy, nomi accattivanti e che ricordano prodotti di qualità e provenienza italiana. Abbiamo così il parmesan del Wisconsin, l’Asiago Cheese, o il San Daniele prosciutto fatto in Canada, per citarne alcuni.

La Coldiretti stima che nel mondo un prodotto italiano su tre sia contraffatto con questo tipo di pratiche sleali e ingannevoli, causando un danno alla nostra economia di circa 100 miliardi annui. La stessa stima rileva che la lotta all’italian sounding produrrebbe sul territorio nazionale la nascita di 300.000 posti di lavoro. Cifre da capogiro, accostate ad un tema che per la nostra Nazione è di vitale importanza, che costituisce una rilevantissima voce del PIL e che con riferimento allo sviluppo dell’export risulta essere fondamentale.

Naturalmente se il fenomeno ha assunto le dimensioni di cui parliamo è perché la domanda estera di prodotto italiano è elevatissima e il danno cagionato dalla falsificazione dei prodotti italiani di qualità è, del tutto evidentemente, gigantesco.

Dunque il governo cosa fa? Scorso anno, con il decreto crescita affronta il problema, anche se poco e male, attribuendo delle agevolazioni e dei finanziamenti nei confronti dei consorzi agroalimentari. Il decreto entra in vigore nel luglio 2019.

A febbraio di quest’anno inizia l’emergenza covid, che segna profondamente l’agroalimentare, l’export inizialmente subisce una forte battuta d’arresto e la problematica si acutizza, generando ulteriori perdite… e quindi ci si aspetta che se pochi mesi fa si era riconosciuta una criticità tanto importante, alla luce di un peggioramento della stessa si segua la medesima linea.

Ma no, l’esecutivo non finisce mai di stupirci e nella legge di bilancio falcia la norma sull’italian sounding, con somma gioia dei consorzi agroalimentari.

E se sembra che questo atteggiamento sia la spia di una sindrome dissociativa, sapere che il ministro Bellanova dopo aver letto questo ormai famigerato art. 23 abbia scritto nientemeno che al ministro dello sviluppo economico per chiedergli di ripensarci, ci fa comprendere che in realtà siamo di fronte ad un grave disturbo della personalità multipla.

E’ stupefacente, per non dire inverosimile, il fatto che il ministro dell’agricoltura non solo non sia stata informata della questione, ma anche che si riduca a scrivere al collega di governo affinché “si arrivi presto ad un chiarimento circa la portata e la finalità della suddetta modifica e che, se del caso, si possano condividere ed apporre gli eventuali correttivi” (sic!). Questa volta non ha pianto il ministro, le lacrime le ha evidentemente esaurite per la regolarizzazione dei clandestini, si è limitata ad una letterina piccata per salvare la faccia di fronte alla immediata sollevazione dei consorzi, dei produttori e di tutta la filiera agroalimentare, che si è vista tradita nelle aspettative nonostante la terribile sofferenza.

Ma ci si chiede: tra colleghi di governo non si parlano? In consiglio dei ministri non condividono obiettivi e soluzioni? Sono parte di una squadra coordinata dal Presidente del Consiglio o sono monadi isolate?

La realtà è che in questa fallimentare esperienza di governo i ministri agiscono in maniera totalmente irrazionale, senza un progetto, privi di una guida, arroccati su esigenze particolari e di partito, in balia dei venti e delle contingenze. E a farne le spese, questa volta, è l’agroalimentare italiano, settore trainante dell’economia, ulteriore vittima del dilettantismo pentapiddinrenziano.

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