Taglio dei tassi, valore del dollaro e dazi: il rischio di vanificazione dei programmi economici

Il dibattito che accompagna la Federal Reserve in queste ore, alla vigilia del discorso di Jerome Powell a Jackson Hole, non è soltanto una questione tecnica di politica monetaria. È, piuttosto, lo snodo di un equilibrio complesso tra credibilità istituzionale, stabilità dei mercati e programmi economici che rischiano di essere vanificati da mosse incoerenti tra politiche fiscali e monetarie.

In gioco vi è un triangolo di forze che si influenzano reciprocamente: il taglio dei tassi, il valore del dollaro e la politica dei dazi. Capire come si intrecciano significa cogliere la posta in gioco non solo per gli Stati Uniti, ma per l’intera architettura finanziaria globale.

Il legame tra tassi e dollaro: la bussola della finanza globale

Ogni decisione della Fed ha riflessi immediati sulla forza del dollaro. Tassi più alti attirano capitali esteri, rafforzando la valuta. Viceversa, un taglio riduce l’appeal dei Treasury e tende a indebolire il biglietto verde.

Secondo Reuters (21 agosto 2025), la probabilità di un taglio dei tassi a settembre, inizialmente data per quasi certa, si è ridotta al 70–80%, segno di un mercato che teme di interpretare male i segnali della banca centrale. Un dollaro forte ha effetti positivi sulle importazioni, calmierando i prezzi, ma penalizza l’export e accresce i disavanzi commerciali. Un dollaro debole, al contrario, favorisce le esportazioni ma rende più costosi i beni importati, trasmettendo inflazione nel sistema.

La scelta della Fed non è dunque neutrale: tagliare i tassi significa anche incidere indirettamente sulla bilancia commerciale americana.

Dazi e inflazione importata: il paradosso protezionista

In parallelo, la politica dei dazi promossa dall’amministrazione Trump ha riportato in auge un’arma che, secondo molti analisti, rischia di generare più distorsioni che benefici. Come ricorda Politico (21 agosto 2025), Powell stesso ha attribuito ai dazi parte della difficoltà della Fed nel tagliare i tassi quest’anno, proprio perché le tariffe aumentano i costi dei beni importati e alimentano l’inflazione.

Il protezionismo tariffario, unito a una politica monetaria espansiva, può generare un effetto perverso: la spinta ai consumi data dal credito più economico viene assorbita dai prezzi crescenti dei beni importati, specialmente in settori strategici come componentistica elettronica, acciaio e agroalimentare. Un dollaro più debole, inoltre, amplifica questo effetto, erodendo il potere d’acquisto delle famiglie.

Tre scenari possibili

  1. Taglio immediato dei tassi

Se la Fed optasse per un taglio già a settembre, i mercati azionari reagirebbero con euforia. Ma l’indebolimento del dollaro, combinato con i dazi, innalzerebbe l’inflazione importata. Secondo The Guardian (1 luglio 2025), già nei mesi scorsi il calo del dollaro ha contribuito a un aumento dei prezzi delle importazioni. In questo scenario, i programmi fiscali di sostegno all’industria rischierebbero di essere neutralizzati dall’erosione del potere d’acquisto.

  1. Taglio rinviato

Posticipare la decisione significa mantenere un dollaro forte, con vantaggi per le importazioni e un’inflazione più contenuta. Ma i costi del credito continuerebbero a pesare su famiglie e imprese. Il rischio sarebbe quello di soffocare sul nascere gli investimenti e di compromettere i piani di rilancio economico avviati dalla Casa Bianca. Un trade-off ben evidenziato anche da Investopedia (22 agosto 2025), che sottolinea come l’attesa possa preservare la credibilità della Fed ma rallentare la crescita.

  1. Taglio graduale e calibrato

La terza via, quella di una riduzione graduale e programmata dei tassi, appare la più sostenibile. In questo caso, il dollaro si indebolirebbe moderatamente, l’inflazione resterebbe sotto controllo e l’economia beneficerebbe di un credito meno oneroso senza effetti destabilizzanti. È lo scenario che più salvaguarderebbe la coerenza dei programmi industriali e fiscali, a condizione che vi sia coordinamento tra Federal Reserve e Tesoro.

Il rischio della vanificazione

Il rischio più grande è quello di vanificare i programmi economici pubblici. Gli incentivi al reshoring, le agevolazioni per la transizione energetica e gli stimoli fiscali potrebbero essere assorbiti dall’inflazione importata, se la Fed tagliasse i tassi troppo presto. Oppure restare bloccati dalla stretta creditizia, se il taglio venisse ritardato eccessivamente.

La lezione che emerge è chiara: le politiche economiche non possono essere valutate in compartimenti stagni. La decisione della Fed sui tassi, la traiettoria del dollaro e le tariffe commerciali sono parti dello stesso ingranaggio. Se un ingranaggio gira fuori tempo, l’intero meccanismo rischia di incepparsi.

Conclusione

La scelta tra tagliare ora, dopo o gradualmente non è solo una questione tecnica. È, piuttosto, la misura della capacità degli Stati Uniti di garantire coerenza tra politica monetaria e politica economica. Un errore di tempismo può significare l’indebolimento della credibilità della Fed, un dollaro fuori controllo e la sostanziale vanificazione dei programmi economici su cui si regge la strategia politica della Casa Bianca.

Come ammoniva Powell in una riunione del FOMC (luglio 2025, Federalreserve.gov), “il rischio maggiore non è tanto agire, ma agire nel momento sbagliato”. Ed è proprio il momento, oggi, la variabile più difficile da governare.
Oggi alle 16:00 sapremo se sarà “guerra” tra politica monetaria e politica fiscale.

Resta aggiornato

Invalid email address
Promettiamo di non inviarvi spam. È possibile annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.
Massimiliano Scorrano
Massimiliano Scorrano
Nato a Pescara, consegue la Laurea Specialistica nella locale Facoltà di Scienze Manageriali con le tesi di taglio giuridico e di economia, sulle tematiche legate alla sicurezza sui luoghi di lavoro, per la triennale, e sui distretti industriali italiani posti in relazione al capitale sociale ed umano per la specialistica. Scopre la tesi del Valore indotto e della Proprietà popolare della moneta del prof. Giacinto Auriti. Articolista per il sito della Scuola Auritiana, cultore delle politiche monetarie, ha collaborato alla pubblicazione di due libri scrivendo due brevi saggi, l'uno affrontando le tematiche riguardanti le trasformazioni delle Banche Popolare in Italia nel libro "L'Italia del futuro", l'altro affrontando le tematiche relative agli infortuni sui luoghi di lavoro nel libro "Le priorità del cuore".

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Discussioni

Leggi anche

Articoli correlati