Il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano scrive una lettera al Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, svelata da Il Domani, dalla quale emerge che intende “contribuire agli sforzi necessari alla definizione della prossima legge di Bilancio 2024, tagliando 100 milioni ai fondi destinati al cinema e all’audiovisivo”.
Inevitabile il dilagare di polemiche e fake news ad opera delle opposizioni e dei registi vicini alla sinistra, che non hanno perso tempo per denigrare ancora una volta l’operato governativo.
Sul podio, troviamo la segretaria del PD Elly Schlein, che se su altre questioni (vedi guerra in Israele) non sembra destarsi dal suo torpore, quando si tratta di togliere soldi ai suoi compagni è in prima linea.
“Credevamo di aver visto già abbastanza da questo governo, tra superficialità e improvvisazione. Mancava invece chi, come Sangiuliano, offre spontaneamente sacrifici nel proprio settore. Non ha precedenti che un ministro della Cultura inviti il collega del Mef a tagliare fondi al cinema oltre quelli richiesti”, dice.
Sempre dal fronte Pd anche Matteo Orfini e Francesco Verducci, dichiarano: “L’ipotesi di un taglio di 200 milioni in due anni al fondo cinema e alle misure connesse al comparto, di un colpo devastante diretto al Cinema. Una scelta assurda che metterebbe in ginocchio una filiera industriale di eccellenza. Un taglio del genere sarebbe una mannaia per le produzioni future ma avrebbe un impatto drammatico anche su molte di quelle girate quest’anno, mettendo a rischio imprese, lavoratori, famiglie”.
Per i dem, ancora, quella che si delinea è “una vera e propria aggressione al mondo della produzione culturale che era peraltro già cominciata con il tentativo di depotenziare e snaturare il nuovo welfare per i lavoratori dello spettacolo. Non sappiamo quali ragioni muovano il ministro, ma troverà nel Partito Democratico una opposizione durissima a difesa del cinema, della cultura e dei tanti operatori di questa fondamentale filiera”.
Entra in scena anche Matteo Renzi con un post sui social: “In una lettera inviata al collega Giorgetti il Ministro Sangiuliano propone di tagliare cento milioni dai fondi destinati al cinema. Cioè il ministro della cultura dopo aver cancellato la 18App propone di tagliare anche sul cinema. Allucinante. Finiremo con il rimpiangere Tremonti?”.
Anche altri politici si sono affrettati a rispondere. Critici come Anna Laura Orrico del M5S, Angelo Bonelli di Avs e Riccardo Magi di +Europa hanno dichiarato: “L’accanimento di questo governo verso l’arte e la cultura è patologico”.
In Italia, dal 2016 con la Legge 220 è stato istituito il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo, che ha visto un significativo incremento negli ultimi anni, soprattutto dopo il 2020, a causa delle risorse emergenziali stanziate a fronte della pandemia. In particolare, si parla di 125 milioni di euro per il 2020, 133,6 milioni per l’anno successivo e e 25 milioni nel 2022.
Arriviamo al 2023, quando le risorse del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e audiovisivo ammontano a 746.034.750 euro. Comprensibilmente, vista la fine del periodo pandemico e dunque il ritorno ad una situazione di ‘normalità’ anche in questo settore.
Sempre con la Legge 220 del 14 novembre 2016, è stata introdotta anche la cosiddetta “Tax credit”, ovvero un’agevolazione fiscale, sottoforma di credito d’imposta riconosciuta a copertura delle spese per lo sviluppo, la produzione, la distribuzione nazionale e internazionale di film, opere tv, opere web, videogiochi e per l’apertura o ristrutturazione di sale cinematografiche, per i costi di funzionamento delle sale cinematografiche e per le industrie tecniche. La Tax credit si rivolge imprese del comparto e ha percentuali variabili in base al settore per coprire i costi sostenuti.
Sebbene sia uno strumento che ha avuto un impatto positivo sul settore cinematografico, va comunque osservato che negli ultimi anni si è registrato un fenomeno piuttosto peculiare, con un consistente aumento di richieste di tax credit per la produzione nazionale di opere di lungometraggio ammissibili che in 4 anni ha sfiorato le 1.200 unità, con un evidente incremento a partire dal 2021. Solo nel 2023 per il tax credit il Ministero ha stanziato 541 milioni di euro, destinati alla produzione di opere cinematografiche, televisive, web, oltre che ad imprese di distribuzione, dell’esercizio cinematografico, tecniche e della post-produzione e per il potenziamento dell’offerta cinematografiche e per l’attrazione in Italia di investimenti cinematografici e audiovisivi.
In merito allo strumento del tax credit, il Ministro Sangiuliano ha precisato: “Anni fa il tax credit ammontava a 400 milioni, in pochissimi anni ha superato addirittura gli 800 milioni, poi si è assestato intorno ai 750 milioni: sono cifre importanti, ci sono tanti cittadini che fanno sacrifici su questioni rilevanti come la sanità, i trasporti, la scuola e quindi chi vuole attingere alle risorse pubbliche deve avere un po’ di moralità”.
Nonostante le ingenti risorse messe a disposizione, facendo un confronto a livello europeo, emerge che negli ultimi anni il nostro paese ha registrato sì il più alto numero di opere di lungometraggio prodotte, ma ottenendo incassi di molto inferiori rispetto a diversi Paesi Europei (su tutti, Francia e Regno Unito).
Eclatante è il caso di due film, ovvero “Ladri di Natale” e “Sherlock Santa”, entrambi di Francesco Cinquemani prodotti da Fenix Entertainment S.p.A, che nonostante siano costati più di 15 milioni di euro, di cui oltre 4 milioni di risorse pubbliche, hanno incassato solamente 13 mila euro all’incirca. Un vero e proprio buco nell’acqua colossale.
Ma ci sono anche moltissimi altri esempi di opere cinematografiche che hanno ricevuto contributi da milioni (o quasi), riuscendo ad incassarne poi solo poche centinaia. Ricordiamo, tra questi, “Prima di andare via” di Massimo Cappelli che ha raccolto solo 29 spettatori in sala, o il film, ad altissimo budget (pari a più di 17 milioni di euro) e in coproduzione internazionale, che ha ricevuto un contributo pubblico di poco più di due milioni di euro, arrivando ad incassare nemmeno 80 mila euro (parliamo di “Muti” di Francesco Cinquemani, George Gallo, Carmelo Luca Giliberto).
Ciò detto, appare quindi evidente come troppo spesso ad un grande contributo (pubblico) non segua necessariamente un risultato perlomeno accettabile, in grado di dare il giusto risalto al cinema nostrano, che è un settore culturale che per la nostra Nazione ha una rilevanza particolarmente strategica, trattandosi di un potente strumento attraverso cui diffondere la cultura e l’identità italiana.
È esattamente questa la direzione a cui si dovrebbe guardare, e non ai meri guadagni da ottenere grazie ai proventi dello Stato che, guarda caso, non fanno che arricchire i soliti strapagati registi della sinistra, che nient’altro temono se non di perdere presa nel settore culturale. Senza alcun beneficio generale per il settore e che di certo, come si è visto dagli esempi sopra riportati, non contribuiscono di certo a portare il cinema italiano in alto nel mondo e di certo non sembrano prevedere un corretto utilizzo delle risorse pubbliche.
Sebbene si sappia che l’incasso in sala cinematografica è solo una parte degli introiti di un film, e consapevoli anche del fatto che alcuni film devono essere realizzati con l’aiuto pubblico per considerazioni di tipo artistico-culturale, anche per rappresentare e diffondere la nostra identità culturale, tuttavia appare evidente che in questo settore sia la quantità a prevalere sulla qualità, denotando pessimi risultati. Non può più essere normale disporre di ingenti risorse, producendo in quantità esponenziale, ma incassando paradossalmente molto meno rispetto a paesi come Spagna, Francia e addirittura Germania. Che, con tutto il rispetto, hanno molto da imparare dalla nostra storia. Anche quella del cinema.