Tasse: il Governo che fa il forte con il debole e il debole con i forti

Bugiardi al Governo: per mistificare le loro reali intenzioni parlano di “carcere ai grandi evasori”, ma poi abbassano le soglie della perseguibilità penale per arrivare a colpire i piccoli imprenditori e commercianti, già piegati da una pressione fiscale che si aggira intorno al 43%, mentre gioiscono perché faranno -finalmente- pagare ai giganti del web, sentite bene, il 3% di tasse!
E se poi Giorgia Meloni denuncia la verità, e cioè che quella ricetta miracolosa della manovra fiscale che spacciano come “carcere ai grandi evasori” è solo una trappola per piccoli e medi imprenditori, la accusano di essere ignorante e di “buttarla in caciara”.
Purtroppo caciara non è. E gli stessi Zingaretti, Renzi e Di Maio, smascherati dalla leader di Fratelli d’Italia che non se ne fa passare una sotto il naso, hanno iniziato a farfugliare che in effetti stanno cercando un accordo per emendarsi da soli il famigerato art. 39 della manovra finanziaria.
Ma facciamo un po’ di chiarezza.
La normativa fiscale italiana prevede che i contribuenti siano tenuti a rispettare sostanzialmente due obblighi:
– quello di presentazione delle dichiarazioni fiscali
– quello del versamento dei tributi
Dalla violazione di questi due obblighi già allo stato attuale conseguono due tipi di sanzioni: quelle amministrative, e cioè salatissime multe oltre a sospensioni delle licenze E/O quelle penali, cioè il carcere e connessi.
Quindi, premesso che già le sanzioni amministrative non sono lievi, perchè possono arrivare a percentuali impensabili e gli importi possono essere riscossi coattivamente dalla Agenzie delle Entrate, come sanno bene la maggior parte dei cittadini onesti che, stremati dalla crisi, non sono riusciti a pagare in tempo le tasse ed oggi si trovano sotto la pressione di uno Stato usuraio, va evidenziato che il carcere per i grandi evasori già esiste.
Esiste per l’omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali con conseguente mancato pagamento dei tributi; per l’indicazione in dichiarazione di fatture o altri documenti simili che attestino oneri sostenuti per prestazioni in realtà mai ricevute o l’indicazione di crediti per fatture per un ammontare inferiore all’effettivo, e quindi per operazioni che servirebbero ad abbassare l’imponibile del contribuente, e cioè l’importo su cui si calcolano le tasse; per l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, quindi per operazioni finalizzate a gonfiare il proprio fatturato, ad esempio per far apparire in buono stato di salute una società che va male; per sottrarre volutamente al fisco documenti contabili, e così impedire di calcolare il reddito su cui pagare le tasse; per il mancato pagamento di ritenute dovute o certificate e dell’IVA, cioè di imposte  che il contribuente trattiene o incassa al posto dello Stato e che poi dovrebbe versare; per il compimento di atti fraudolenti volti a sottrarre alla riscossione coattiva da parte dello Stato beni propri o di altri, come ad esempio il donare la propria prima casa ai figli per non farla pignorare.
Allo stato attuale le pene sono dai 18 mesi ai 6 anni di reclusione a seconda della gravità e della tipologia dei reati che per lo più sono punibili solo quando il danno allo Stato supera determinate soglie, che variano a seconda dei reati ma sono di media 150.000,00 Euro.
Ora: quale sarebbe la ricetta magica di PD, Renzi e 5 Stelle?
  1. alzare le pene detentive, elevando in taluni casi il minimo fino a 4 anni e portando il massimo fino ad 8 anni. Ciò concretamente vorrebbe dire non solo far dilagare l’uso delle intercettazioni telefoniche, ma soprattutto rendere quasi impossibile l’ottenimento della sospensione condizionale della pena, cioè la possibilità di non andare in carcere se non si hanno altre condanne, e rendere invece possibile la custodia cautelare, cioè l’essere messi in carcere prima della fine del processo.
  2. abbassare la soglia di punibilità fino, a seconda dei casi, a 0/50.000/100.000 euro. Questa diminuzione servirebbe secondo loro a punire i “grandi evasori”. Secondo una logica abbastanza stringente, per essere grande evasore bisogna essere anche imprenditore grande, cioè bisogna avere un volume di affari sufficientemente alto da giustificare un potenziale di tasse da pagare ed evase altrettanto alto. Forse a chi sostiene la manovra finanziaria sfugge come funziona in Italia: e cioè che, posta una pressione fiscale media di circa il 45%, l’interessato da una evasione di ad esempio 50.000 Euro, potrebbe essere tranquillamente un soggetto che ha un fatturato globale annuo di 200.000 Euro. E con una grossa semplificazione, posto che la redditività media di una azienda è del 10%, si potrebbe dire che quello stesso imprenditore è uno che guadagna 20.000 Euro l’anno. Come si fa a dire che misure volte a colpire chi fattura 200.000 euro e guadagna 20.000 euro l’anno sono misure volte a colpire i grandi evasori?
  3. introdurre la confisca allargata, e cioè la possibilità di confiscare denaro, beni o altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona, dispone secondo un giudice in misura sproporzionata al proprio reddito, il tutto in via presunta! Cioè, non è sufficiente che già nel processo tributario, quello in cui ci si difende dalle sanzioni amministrative, uno venga condannato per presunzione di colpevolezza, ma adesso vogliono togliere la presunzione di innocenza pure nel processo penale! Quindi ognuno di noi si dovrà preoccupare se compra/vende qualcosa ad un valore inferiore rispetto al prezzo di mercato, se non ha gli scontrini dei regali di nozze o della Prima Comunione, se ha tenuto i propri risparmi di una vita sotto il mattone senza affidarli nelle sapienti mani delle banche, perché arriva la confisca! E cioè una misura estrema, pensata per la mafia o per i trafficanti, oggi estesa a dismisura.
Ma a fronte di tutto ciò, quale è il più grande problema, quello per cui questa misura è una trappola per i piccoli e medi imprenditori?
Il problema è che in Italia il diritto tributario è quanto di più complesso, insidioso, variabile, incerto che esista. Le norme fiscali 1) non si capiscono 2) sono troppe 3) cambiano sempre. In questo stato di cose è facilissimo cadere in errore in buona fede sia per il contribuente sia per il magistrato. E soprattutto, per il contribuente, quando è piccolo, e quindi non ha la possibilità di spendere soldi infiniti in consulenti, commercialisti, fiscalisti, tributaristi.
Quindi l’errore in buona fede, tanto del cittadino quanto della magistratura, fintanto che lo Stato non semplifica, è un rischio per tutti!
E’ per questo che uno Stato serio, per perseguire e non perseguitare i cittadini, dovrebbe sentire come primo dovere quello della semplificazione delle norme che impongono di pagare le tasse.
E poi uno Stato equo ed onesto non deve fare disparità di trattamento.
Perché se il cittadino tarda un versamento deve pagare il 30% di sanzione ma se un cittadino vanta un credito verso lo Stato e lo Stato lo paga in ritardo tutto al più il cittadino ha diritto agli interessi legali, e cioè allo 0,8% dell’importo dovuto?
E da ultimo…lo Stato deve essere ragionevole. Per ipotesi di spaccio, di violenza sessuale, di truffa ai danni dello Stato, di associazione a delinquere sono previste pene meno gravi..un sistema per essere credibile deve essere equilibrato.
Se lo Stato non tornerà ad essere giusto, non sconfiggerà mai il problema dell’evasione.

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