Trame di Palazzo contro la destra per istituzionalizzare Draghi

Il Deep state chiama a raccolta media e partiti compiacenti per far si che dopo Draghi continui ad esserci sempre e solo Draghi.

A poche ore dalle Amministrative a fare notizia sui “giornaloni”, più che le divisioni e la disorganicità conclamata dei nostalgici del Conte II (Pd e 5 Stelle), sono – guarda caso – le fibrillazioni nella coalizione più sistematizzata del panorama politico: il centrodestra.

Complice l’introduzione forzata del green pass, che ha infranto sul nascere il progetto di federazione fra Lega e Forza Italia, e con la bomba mediatica del caso Morisi (che ha contribuito a radicalizzare le tensioni interne nei confronti di Matteo Salvini), il giochino degli analisti “interessati” è stato quello di calcare a loro volta l’attenzione su un dato evidente: esiste una destra, fuori dal governo, fortissima e che si candida ad intestarsi politicamente la stagione che porterà – fra sei mesi o a scadenza naturale, si vedrà – alle Politiche. Proprio questa, sempre secondo la vulgata, sarebbe il metro di paragone, anzi lo spauracchio, per le due forze di centrodestra che sostengono l’esecutivo.

Parliamo ovviamente della destra di Giorgia Meloni che dalla sua, col tesoretto frutto anche di un’opposizione di qualità incarnata in quest’ultimo frangente (giudizio condiviso dallo stesso Draghi), può rivendicare una sfilza di scelte apprezzate e condivise da una larga fetta dell’elettorato: a dimostrazione di ciò le piazze riempite in tutta Italia, anche nella realtà più difficili. Una prova di forza che nessun partito ha saputo o potuto replicare in questa tornata.

Otto mesi di esecutivo Draghi, insomma, non hanno per nulla scalfito la proposta politica della destra sovranista, tutt’altro: hanno rafforzato la quota “conservatrice” che ha scelto di non aderire alla liturgia delle larghe intese. Lo ha fatto in nome di un dispositivo interiore fondamentale: perché crede che la soluzione alla crisi della rappresentanza non sia la sospensione “dall’alto” dello strumento ma – al contrario – sia proprio scardinare quei magheggi del Palazzo che disattendono o esorcizzano puntualmente il volere del popolo.

Esattamente ciò che, almeno a leggere i retroscena che iniziano ad invadere i giornali filo-governissimo, sarebbe in preparazione già per l’appuntamento fondamentale di febbraio: l’elezione del successore di Sergio Mattarella.

È in previsione di questa votazione determinante per i prossimi sette anni che l’inquieta pancia del Parlamento – i cosiddetti “centristi” – si starebbe organizzando con l’obiettivo di far pesare il blocco dei suoi fantomatici cento grandi elettori: capaci, secondo le ricostruzioni, di rappresentare l’ago di bilancia per qualsiasi votazione. Una prova generale, al di là di chi sarà effettivamente il nuovo inquilino del Colle, che costoro (un mix fra renziani, calendiani, leghisti e forzisti “di governo”, e cespugli di centrodestra) vorrebbero replicare alle prossime Politiche.

Come? Ma con una bella restaurazione proporzionalista, capace – nelle loro intenzioni – di blindare il percorso Draghi e di isolare Fratelli d’Italia, la Lega salviniana e parte dei 5 Stelle.

A fornire apporto logistico a un’ipotesi del genere chi poteva essere se non il Pd? Un partito vittima da quasi quindici anni di un horror vacui così strutturale che si ripresenta ogniqualvolta si trova davanti a una possibile finestra per le elezioni Politiche.

È comprensibile dunque che Enrico Letta – non esattamente il fenotipo del cuor di leone – agogni l’istituzionalizzazione del modello Draghi “dopo Draghi”: perché sa perfettamente di non poter rappresentare alcuna un’alternativa politica e sociale concreta alla destra. Nemmeno con la stampella neo-grillina di Conte.

Se la “governite” di Pd e soci è ormai malattia cronica, una sindrome che permette al deep State di avere un alleato pronto a qualsiasi concessione o sottomissione pur di non mollare l’illusione di co-gestire le leve del comando, il rischio di farsi trasportare o sedurre troppo dal retroscenismo, dai “pissi-pissi” del Palazzo ma soprattutto dai pregiudizi della sinistra contro la proposta di governo “in quanto” centrodestra può contagiare anche porzioni di Lega e Forza Italia. Porzioni che rischiano di consegnare le istanze dell’Italia reale, concreta e produttiva a un terno al lotto travestito da “agenda Draghi”: lo si sta riscontrando proprio in questi giorni con le prime “scoperte” che vanno dalla stangata che si cela dietro revisione degli estimi catastali al caro bollette fino alla costosissima svolta green.

Una sfilza scellerata, indicata come tale da FdI: sempre più “sentinella” di quell’immenso blocco sociale che chiede alla coalizione unità e non frammentazione. E che non risparmierà chi dovrebbe tradire – proprio a un miglio dalla vittoria e per inseguire, poi, l’instinto di sopravvivenza di peones neocentristi pronti ad accettare tutto – il senso della lunga traversata.

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