Di Maio prima e Catalfo poi, con le firme del sottosegretario alla presidenza del consiglio Fraccaro, stretto collaboratore del presidente Conte, hanno contribuito al poderoso aumento di stipendio di Tridico.
Ora tutti si dichiarano estranei ai fatti, lo stesso presidente INPS dapprima fa lo gnorri, per poi rivestirsi d’autorità e con baldanzosa tracotanza dichiarare che non solo non si dimette, ma anche che non ha nulla da spiegare, perché “mancano i fatti su cui discutere”.
E ci tocca dunque di aiutarlo, facendo una breve summa di fatti che, se pur non questi vuol discutere, appaiono tuttavia assai discutibili.
Siede in INPS nel maggio 2019 su diretta indicazione del movimento 5 stelle, dopo un braccio di ferro con la Lega, che voleva sul podio del più grande istituto previdenziale europeo Nori. Inizia senza brillare in una situazione di grandi aspettative, dato il neo governo a trazione grillina, che aveva promesso mari e monti in termini di ristrutturazione della spesa pubblica e di rivisitazione dell’impianto previdenziale e assistenziale, per il tramite della panacea pentastellata: il taglio dei privilegi e l’abbattimento della “KASTA”.
L’emergenza Covid travolge l’Italia e l’istituto dimostra tutte le sue falle e l’incapacità gestionale della dirigenza, con l’impasse nell’erogazione delle prestazioni derivanti dal cura Italia, oltre che con insopportabili ritardi nei pagamenti delle casse integrazioni che ancora oggi perdurano e che Giorgia Meloni ha in più occasioni e con forza denunciato. Un fallimento totale quello della gestione Tridico a cui il presidente ha avuto il coraggio di opporre fantomatici attacchi hacker, che avrebbero mandato in tilt i sistemi e che avrebbero generato i ritardi. Sempre pronto a giustificarsi delle proprie mancanze, quanto rapido nel puntare il dito verso il suo prossimo, lo stesso Tridico aveva divulgato la notizia dei politici che avevano fatto richiesta del bonus di 600 euro, promettendo una lista dei furbetti, che tuttavia ancora non scuce, facendo insospettire i malpensanti, che credono a questo punto ci sia qualcosa da nascondere. Sempre l’ineffabile presidentissimo, poi, a giugno, dopo la fine del lockdown, aveva addirittura dichiarato che gli imprenditori che non rialzavano le serrande non lo facevano per pigrizia e opportunismo, dimostrando ancora una volta di avere una lettura non proprio ancorata alla realtà, fatta del dramma di un tessuto produttivo prostrato dalla pandemia e dalle inefficienze della politica e della burocrazia italiana.
Oggi non si dovrebbero chiedere a Tridico le dimissioni, come giustamente fa Fratelli d’Italia? Non si dovrebbe gridare allo scandalo di un inadeguato che sta facendo disastri inimmaginabili, offende l’Italia che produce ed indolente non si occupa dello sblocco delle casse integrazioni?
La richiesta di dimissioni è doverosa e non per l’importo degli emolumenti che i pentastellati hanno riconosciuto al loro pupillo, una buona dirigenza pubblica necessita di uomini di qualità e la qualità ha dei costi, i dirigenti poi si assumono responsabilità importanti e la responsabilità si paga. Non se ne fa dunque una questione di “pauperismo”, ma si condanna il fatto che tutto ciò avviene in un momento in cui l’Italia boccheggia e l’INPS non è stata in grado di dare risposte. Nessuna. Le uniche risposte sono state le offese a chi produce e i “non è colpa mia”, detto da tutta la filiera a 5 stelle che ha messo in sella il Nostro, da Conte che ha improvvidamente affermato di non sapere nulla dell’aumento sino a Di Maio che si è scrollato dal bavero della giacca il pulviscolo delle polemiche. E così il lupo Tridico, diventato agnello all’alba dello scandalo, assicurando con la coda fra le gambe di non essere lui l’artefice dell’aumento di stipendio, ritorna fulmineamente lupo mannaro, forte delle menzogne di chi sente la protezione dei potenti.
E sull’INPS e su queste ultime piccinerie, si consuma l’ingloriosa fine del grillismo, che non voleva affatto abbattere la casta e i privilegi, ma semplicemente sostituirsi a questa, piazzando sulle tanto vituperate “poltrone” i propri uomini … seppur incapaci.