“Peace through strength”, ovvero la pace attraverso dimostrazioni di forza. Non è solo uno slogan, ma è una visione, un principio guida, una strategia concreta. Un concetto chiave che ha sempre orientato la politica del presidente Donald Trump, sin da quando nel 2016, per la prima volta, mise piede come inquilino alla Casa Bianca. E oggi, in un mondo attraversato da tensioni e minacce crescenti, in cui i signori della guerra tentano di annientare la storia, la cultura e la civiltà dell’Occidente, questa visione dimostra di essere più che mai attuale e risolutiva per rispondere con coraggio e determinazione a queste minacce.
Ed è proprio seguendo questa linea che il 22 giugno scorso gli Stati Uniti hanno colpito i tre siti iraniani di Fordow, Isfahan e Natanz, in maniera rapida e mirata. Un’operazione che, secondo alcuni osservatori, poteva sembrare azzardata, persino provocatoria. Tanto che, fornendo una prima e frettolosa lettura, molti media hanno parlato di un rischio di escalation globale, paventando addirittura lo spettro di una nuova guerra mondiale.
Eppure, a distanza di soli tre giorni dall’operazione ‘Martello di Mezzanotte’, i fatti smentiscono la propaganda del panico.
Iran e Israele si sono infatti impegnati con una tregua di 12 giorni, un passo storico al termine del quale dovrebbe esserci un cessate il fuoco definitivo tra le parti, così come promesso dai rispettivi leader. A questo si aggiunge un altro dettaglio fondamentale, ovvero il fatto che l’Iran ha sospeso la collaborazione con l’AIEA, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica- come reso noto dall’agenzia di stampa iraniana ISNA.
L’intervento americano in Medio Oriente oggi quindi si rivela essere una vera e propria operazione chirurgica per spegnere il fuoco nucleare iraniano, senza alcun bagno di sangue, senza morti o feriti tra i soldati o la popolazione civile. Una operazione che segue in maniera coerente la linea adottata da Trump già nel 2020, quando con la stessa determinazione aveva attaccato Qassem Soleimani, l’architetto delle milizie terroristiche sciite. Anche allora, fu criticato; anche allora si parlò di incoscienza. Eppure, ora come allora, i fatti dimostrano il contrario, confermando che quella di Trump è una scelta giusta, necessaria, strategica. Non è provocazione, non è incitamento alla guerra, ma è prevenzione, è difesa e tutela dell’Occidente e per l’Occidente. È salvaguardia dei valori di libertà e democrazia, e della nostra civiltà.
Trump non agisce per caso o per sbaglio. Ma lavora con lucidità, con determinazione, e con l’intento di ristabilire un ordine compromesso da decenni di politiche deboli e contraddittorie. L’obiettivo è chiaro: spezzare l’avanzata di chi vuole sottomettere, annientare, cancellare l’Occidente e tutto ciò che esso rappresenta.
Per questo non possiamo permetterci di arretrare davanti al terrorismo, all’odio, alla strategia della paura. La rinuncia all’autorevolezza, oggi, equivarrebbe alla sconfitta. E la sconfitta significherebbe una sola cosa: la fine dell’equilibrio mondiale (già precario), la dissoluzione dei nostri valori, il trionfo del caos.
Oggi gli Stati Uniti dunque stanno agendo con responsabilità e con coraggio, con fermezza e intelligenza strategica per eliminare non solo la minaccia nucleare, ma quella che è la minaccia più grande di tutte: l’attacco alla nostra intera civiltà, ai nostri principi e ai nostri valori fondanti, alla nostra cultura.
Ed ecco quindi che la vera follia non è affatto la politica perseguita da Trump, ma rimanere fermi e inermi mentre viene distrutta non solo la nostra storia, ma anche il nostro presente e il nostro futuro.
Cara Cecilia, personalmente non sarei così fiducioso e ottimista.
Ci sono tutti gli ingredienti della politica di Trump, ma non quelli che tu dici.
Piuttosto:
1. mettere sullo stesso piano aggredito e aggressore: il “che c***o fate a Israele e Iran” è sbagliato, come è sbagliato mettere sullo stesso piano Russia e Ucraina. E’ vero che in questo caso Israele ha dato inizio alle ostilità, ma ha fatto il lavoro sporco per tutto l’occidente, per impedire che gli islamisti fanatici abbiano la bomba, che sicuramente userebbero, sono “mandati da Allah”.
2. Fare un gesto eclatante, che lo metta in primo piano lusingando la propria voglia di protagonismo, ma non concludere nulla.
Perchè questa guerra non sarà servita a niente.
L’Iran riprenderà immediatamente la costruzione della bomba. Ha già lasciato l’AIEA, facendo capire che non accetterà alcun controllo.
I lavori bisogna portarli a termine, non basta fare un bel gesto.
Anzi, adesso anche Israele avrà maggiore difficoltà a concludere la missione di disarmare l’Iran.
Nello stesso tempo Trump ha mostrato alla sua destra isolazionista che non vuole impegnarsi in una guerra ma che ha fatto solo un gesto.
Perchè il problema non è fare o non fare la guerra. E chi vuole la guerra?
La guerra la vogliono i vari Putin, Khomeini e consimili. Già la Cina potrebbe essere più guardinga.
Ma l’occidente deve difendersi, e per difendersi non basta una singola dimostrazione di forza, bisogna “tagliare la testa del serpente”, altrimenti attaccherà ancora, e con più forza, come anche la storia di Hamas ha insegnato.
Con affetto
Alessandro