Altro che Barack Obama. Altro che Kamala Harris, Joe Biden e Hillary Clinton.
Se c’è un uomo che ha riportato la pace dove la sinistra aveva seminato caos, morte e menzogna, quest’uomo si chiama Donald J. Trump.
Nel giro di pochi giorni, il mondo ha assistito a ciò che sembrava impossibile: israeliani e palestinesi in piazza, con le lacrime agli occhi, a festeggiare la pace. Lo storico accordo, firmato grazie all’instancabile e ostinato lavoro di Trump, segna la fine di un’epoca: quella delle guerre infinite, delle “primavere arabe”, dei bombardamenti umanitari e dell’ipocrisia travestita da progresso.
La verità è che i veri guerrafondai non sono mai stati a destra, ma siedono da sempre nei salotti radical chic, nei consigli d’amministrazione delle ONG e nelle redazioni dei grandi giornali. Sono gli stessi che si spellarono le mani quando Obama ricevette il Nobel per la Pace e che ancora oggi omettono che bombardò sette paesi e che sganciò 27.000 bombe nel solo 2016. Dettagli.
I medesimi che hanno sostenuto Hillary Clinton mentre destabilizzava il Medio Oriente con disastri come quello di Bengasi e spalancando la porta all’ISIS; quelli che hanno difeso Joe Biden quando, nell’estate del 2023, sbloccò sei miliardi di dollari a favore del regime iraniano, primo finanziatore di Hamas.
Trump, allora, lo disse chiaro e tondo: «State finanziando i terroristi» e – sempre loro – dissero gli diedero del pazzo complottista. Poche settimane dopo, arrivò il 7 ottobre, con la carneficina che diede il via alla guerra.
E non è un caso se gli artefici del disastro in Iraq, George W. Bush e il suo vice Dick Cheney, abbiano poi dichiarato guerra a Trump dentro il partito repubblicano e sostenuto prima Joe Biden e poi Kamala Harris. Perché loro rappresentavano l’establishment che faceva soldi con le guerre, mentre Trump non ne ha mai avuto bisogno.
Trump è l’anomalia che ha rotto il sistema, il leader che ha messo in crisi l’industria del conflitto permanente su cui si reggeva il potere di Washington; ha dimostrato che si può essere forti senza bombardare, autorevoli senza sottomettersi, rispettati senza piegarsi.
Durante il suo primo mandato è stato il presidente delle “zero guerre”. Ha eliminato l’ISIS, fermato la Corea del Nord, avviato gli Accordi di Abramo e riaperto il dialogo tra nemici storici.
Mentre gli altri parlavano di “inclusione” e “resilienza”, lui parlava di patria, ordine, sicurezza e sovranità.
E oggi, con la sua visione realista e il suo coraggio, ha ottenuto ciò che i professionisti della diplomazia non sono mai riusciti a costruire: la pace vera.
Oggi, a distanza di anni, la storia ha spazzato via le menzogne dei giornaloni. Gli stessi che avevano giurato che l’elezione di Trump avrebbe portato alla Terza guerra mondiale, ora non sanno come giustificare la realtà: è lui ad aver fermato le guerre che i loro amici avevano alimentato.
E mentre i propagandisti del mainstream balbettano sciocchezze e la sinistra funge da utile idiota dei radicalisti islamici manifestando al fianco di Hamas, Trump raccoglie la gratitudine dei popoli. La sua vittoria non è solo politica, ma morale e civile: ha dimostrato che la pace non si ottiene con le bandierine arcobaleno, ma con la forza di chi crede nella sovranità, nell’identità e nella libertà. Mentre l’élite progressista si arricchiva col sangue degli altri, lui costruiva ponti.
Mentre i globalisti predicavano diritti e seminavano odio, lui riportava l’ordine.
E allora sì, Trump merita il Nobel per la Pace, non per retorica, ma per verità.
Perché la pace non è un premio, ma la conseguenza di una strategia e delle azioni messe in campo per concretizzarla, e oggi il risultato è sotto gli occhi del mondo: da una parte i guerrafondai in giacca e cravatta, dall’altra un uomo solo contro il sistema.
La sinistra e i suoi giornaloni farebbero bene a nascondersi perché òa pace, oggi, ha un volto e un nome: Donald J. Trump.