La visita del presidente cinese Xi Jinping a Mosca, avvenuta di recente, e l’incontro con Vladimir Putin, hanno destato l’attenzione e la curiosità del mondo, o almeno, di quasi tutto il mondo perché gli Stati Uniti hanno manifestato, ancora prima che l’aereo di Xi atterrasse presso la capitale russa, immediato e totale scetticismo.
Perché incuriosirsi tanto circa un bilaterale fra i capi di due potenze che, nonostante una sottile e strisciante diffidenza sempre esistita fra la Federazione russa e la Repubblica popolare cinese, condividono medesimi obiettivi e interessi, in chiave anti-occidentale e anti-americana? Sarebbe stato molto più sorprendente, a maggior ragione in questo periodo storico di conflitto russo-ucraino, un summit fra Putin e Joe Biden oppure fra il capo del Cremlino e qualche leader europeo.
Tuttavia, il faccia a faccia Putin-Xi è stato caricato di suspense perché la Cina si è anzitutto proposta, con un controverso piano di pace, come mediatrice per chiudere al più presto possibile la guerra in Ucraina, e l’informazione ha dato risalto alla presunta disponibilità cinese, forse sopravvalutandola. Anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha voluto concedere una iniziale e parziale apertura di credito al piano di pace di Pechino, che sì, richiama al rispetto della sovranità nazionale e della integrità territoriale di tutti, quindi, immaginiamo, anche dell’Ucraina, ma non condanna in alcun modo l’aggressione militare russa.
Gli Usa hanno bocciato sul nascere l’attivismo di Xi Jinping, ma Zelensky ha preso una posizione autonoma, non di netta chiusura, contraddicendo peraltro chi lo disegna come un burattino nelle mani di Joe Biden. Ma il leader ucraino si è dovuto presto ricredere sulla ipotetica buonafede del Dragone, e lo ha ammesso pubblicamente.
Si aspettava, come minimo, una telefonata da parte del suo omologo cinese, dopo l’incontro avuto con Putin, perché, in effetti, chi dice di voler mediare tra due fazioni in conflitto parla con entrambe e cerca il possibile punto di compromesso, ma da Pechino il silenzio assoluto nei confronti di Kiev.
Xi Jinping non ha fatto altro a Mosca che stringere ulteriormente relazioni e collaborazioni con la Russia, dimostrando di essere incapace o restio per un ruolo di mediatore di pace super partes. Pare non vi siano al momento evidenze in merito a forniture di armi dalla Cina alla Federazione russa, ma se non c’è, forse, un supporto militare, vi è senz’altro un appoggio politico cinese al regime di Vladimir Putin. Pechino, ancora di più dopo il summit Putin-Xi, si assume l’incarico di garante per Mosca, adesso e in vista della gestione del dopoguerra, quando esso arriverà. Per ora, la sedicente “pace” made in China non ha sortito effetti felici.
Dopo i colloqui avuti con Xi Jinping, Putin ha annunciato la dislocazione di armi nucleari in Bielorussia e ha informato il mondo della capacità militare russa di spazzare via in un attimo anche gli Stati Uniti d’America.