L’Ucraina rimane inevitabilmente al centro dell’attenzione mediatica perché, anzitutto, la guerra prosegue con pochissime soste e va avanti l’offensiva militare russa in particolare nella regione di Kharkiv e nel Donbass. Poi, si susseguono dichiarazioni e conseguenti reazioni, che fanno notizia, nel mondo politico, e non solo politico, occidentale, soprattutto europeo. Stati Uniti ed Europa, dal 24 febbraio del 2022, data infausta dell’inizio della tentata invasione russa dell’Ucraina, inviano aiuti militari ed economici all’esercito di Kiev affinché possa difendersi e respingere le truppe di Vladimir Putin, ma dispongono che gli ucraini agiscano solamente all’interno del loro territorio nazionale violato, ovvero, il Donbass, la Crimea, già annessa dalla Russia in modo illegale nel 2014 e, ultima, la regione di Kharkiv. Washington, Bruxelles e la NATO non si considerano coinvolte in una guerra diretta con la Federazione russa, ma intendono bloccarne i piani aggressivi, ed è normale, quindi, che chiunque in Occidente si esprima per recedere da tale azione di contenimento dei progetti putiniani o per andare oltre, magari mettendo gli scarponi sul terreno, susciti una viva attenzione da parte dei media e della politica.
Com’è noto, il presidente francese Emmanuel Macron si è distinto con una particolare affermazione, diciamo così, di rottura rispetto a quanto fatto e deciso finora dall’Alleanza Atlantica, USA e UE per l’Ucraina. L’inquilino dell’Eliseo ritiene che sia venuto il momento di una partecipazione diretta delle truppe NATO nel conflitto russo-ucraino, ma egli ha incassato soltanto una freddezza generale di tutti gli alleati, americani compresi. Successivamente, il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha invitato i Paesi dell’Alleanza, che mandano aiuti a Kiev, ad eliminare la restrizione attuale che non consente all’esercito di Volodymyr Zelensky di colpire il territorio russo con armi fornite dall’Occidente. Anche le frasi di Stoltenberg non hanno ottenuto molto successo presso i vari governi europei.
Bisogna sempre stare attenti a ciò che si dice e ponderare le dichiarazioni, soprattutto se si è a capo di un Paese non ininfluente come la Francia o di una organizzazione internazionale come l’Alleanza Atlantica, e sarebbe meglio concentrarsi, visto che i ritardi negli aiuti pro-Kiev non sono mancati, sia a causa degli USA che dell’Europa, su tutte le opzioni più utili per permettere all’esercito ucraino, come è avvenuto con successo nel 2022, di obbligare i soldati russi ad innestare la retromarcia, a Kharkiv, in Crimea e nel Donbass. Sembra più proficuo costringere la Russia ad andarsene da dove essa costituisce una forza illegale di occupazione, anziché colpirla al proprio interno. Troppi danni e troppi morti hanno martoriato sinora l’Ucraina, e sarebbe sbagliato farne altrettanti in territorio russo, senza riuscire neppure a fare cambiare idea a Putin, che, si sa, non prova grande compassione per le vittime, quand’anche dovessero avere la sua stessa cittadinanza. L’obiettivo finale non può che essere la pace, ma deve trattarsi di una pace giusta, in cui vi sia innanzitutto il consenso di Kiev e del presidente Zelensky, cioè, degli aggrediti, e per raggiungere tale scopo, occorre prima impedire, una volta per tutte, all’invasore di avanzare e di radicarsi in regioni aggredite illegittimamente, mediante la concretezza di nuovi invii di armi e denaro, e non attraverso fumose fughe in avanti.
La guerra mondiale deve essere scongiurata nella maniera più assoluta, e fino ad ora il contenimento occidentale, (aiuti all’Ucraina senza coinvolgimenti diretti), è stato lo strumento più utile. Utile ad evitare un conflitto di proporzioni globali e a ridimensionare, nel contempo, le mire putiniane. E’ ovvio che sia altamente pericoloso lasciare fare a Vladimir Putin tutto ciò che vuole. Il Cremlino aggredì il Donbass già nel 2014 e si prese la Crimea, l’Occidente lasciò tutto sommato fare e ci siamo svegliati il 24 febbraio del 2022 con l’Ucraina invasa su più fronti.
Caro Roberto, sento purtroppo molta ipocrisia nell’argomentazione di non usare armi occidentali nel territorio russo.
Qualcuno parla schiettamente: si ha paura che un attacco ucraino a postazioni militari sul territorio russo sia considerato dalla Russia come una entrata in guerra dei paesi occidentali contro la Russia, con possibili allargamenti internazionali del conflitto.
Gli occidentali hanno paura della reazione dei russi. Questo è l’unico argomento che può spiegare tale reticenza.
Ma sappiamo anche, come dice il proverbio, che “chi pecora si fa il lupo la mangia”.
E’ una valutazione difficile, a fronte soprattutto di una opinione pubblica occidentale molto “tiepida” verso l’Ucraina, più attenta all’aumento delle bollette che alle stragi e distruzioni provocate da un aggressore in un paese pacifico e libero.
Si dice che persino Roosevelt fosse a conoscenza di possibili attacchi giapponesi a Pearl Harbour ma avesse taciuto per avere di fronte all’elettorato un argomento inattaccabile per entrare in guerra.
Speriamo di non averne bisogno noi.
Allora consideriamo che solo quando il popolo russo comincerà a soffrire per una guerra che tutto sommato gli è estranea potrà levare il consenso a Putin e creare le condizioni di crisi interna che sole potranno portare alla pace – giusta.
L’altra via è quella di una sconfitta totale e schiacciante dei russi sul fronte, ma anche questa non è possibile se non si annientano le retrovie.
Siamo schietti: potrà esserci una pace giusta senza vittoria sul campo dell’Ucraina?
No.
E allora non buttiamo via tempo e soldi.
Diamo un aiuto deciso e risolutivo.
E se per fare questo dobbiamo aiutare l’Ucraina a distruggere le retrovie militari in Russia, che lo faccia, con tutto il supporto occidentale possibile.
Con affetto
Alessandro