Ucraina, la sfida della ricostruzione parte da Roma. Fazzolari: “Europa e Usa uniti”

Alla vigilia del summit internazionale, il sottosegretario detta la linea patriottica dell’Italia. E mentre Trump sorprende con parole dure contro Putin, Meloni riceve i vescovi ucraini a Palazzo Chigi.

Due giorni per cambiare la postura dell’Occidente sulla guerra. Due giorni in cui l’Italia si mette al centro del tavolo, tra Kiev e Bruxelles, tra il futuro dell’Ucraina e la coesione euro-atlantica. Con una parola d’ordine: ricostruzione. E un nome su tutti, quello del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari, che nel giorno del patriarca e alla vigilia del summit all’Eur lancia un messaggio netto: “Tutti quanti puntiamo alla libertà di Kiev” (Il Messaggero, 9 luglio 2025).

Il protagonismo italiano e la regia di Fazzolari

Non è solo una conferenza. È il più grande vertice internazionale ospitato in Italia dopo il G20 di Roma del 2021. Alla Nuvola dell’Eur sfilano quindici capi di Stato, con in testa il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, accolto dal presidente Mattarella e dalla premier Giorgia Meloni. Ma a fare da regista politico, sul piano interno, è Fazzolari: braccio destro della presidente, uomo-macchina delle strategie di Fratelli d’Italia e punto di riferimento della componente più coerente dell’area patriottica al governo.

“Se oggi difendiamo il programma di governo, noi tutti puntiamo a un futuro libero per l’Ucraina”, dichiara in un passaggio decisivo al Messaggero (Bechis, 9 luglio 2025). Dietro le quinte, guida l’orchestra della diplomazia parallela, in una fase in cui l’Italia – pur senza l’enfasi bellicista di altri attori – si ritaglia un ruolo di primo piano nel garantire sostegno militare, politico e umanitario a Kyiv.

Tutti con l’Ucraina. O quasi

“Non solo i leader europei e ucraini, ma anche gli Stati Uniti”: così Fazzolari al Foglio (Canettieri, 9 luglio 2025) sintetizza l’intensità diplomatica che si respira a Roma. E sottolinea il peso simbolico dell’incontro del giorno prima a Palazzo Chigi tra Giorgia Meloni e i vescovi della Chiesa greco-cattolica ucraina – un segnale identitario e morale che precede il summit geopolitico vero e proprio. L’incontro è stato ufficializzato dal governo con una nota: “Sostegno convinto alla causa della libertà dell’Ucraina e alla tutela dell’identità religiosa e culturale del suo popolo” Palazzo Chigi, 8 luglio 2025.

Il messaggio è chiaro: la ricostruzione non è solo una questione di appalti o urbanistica (sebbene i numeri siano imponenti: 524 miliardi di dollari stimati per la ripresa, 84 per l’edilizia, 13 per la bonifica, secondo Il Messaggero, pag. 2), ma è anche una sfida antropologica, culturale, strategica.

La svolta di Trump su Putin

Ma a cambiare i toni della conferenza – e ad aumentare la posta in gioco – è un evento apparentemente esterno: le parole improvvise di Donald J. Trump. L’ex presidente, oggi tornato alla Casa Bianca, ha usato toni insolitamente duri nei confronti di Vladimir Putin, definendolo “un furbo con modi da gangster”, come riportato da Il Messaggero. Una retorica che ha sorpreso molti alleati e costretto tutti i governi europei a riposizionarsi, almeno sul piano verbale.

Fazzolari, da parte sua, non si sbilancia sullo scenario americano, ma ribadisce un principio: “Si è aperta una finestra per serrare i ranghi di Europa e Stati Uniti dietro la causa ucraina”. Il sottotesto è chiaro: la nuova linea di Washington potrebbe rafforzare l’unità transatlantica, purché sia seguita da coerenza strategica e da un impegno concreto sul terreno della ricostruzione.

Le ambiguità del fronte interno

Se il governo appare compatto (Meloni e Tajani in prima linea, Crosetto attento sul dossier militare), non mancano i distinguo nella maggioranza. Matteo Salvini, vicepremier e leader della Lega, non parteciperà al vertice – sostituito dal viceministro Rixi – e tace sulle frasi di Trump. Un silenzio eloquente, in una fase in cui l’area leghista è attraversata da spinte opposte: tra chi guarda a Orban e chi non vuole isolarsi sul piano euro-atlantico.

Non meno significativa l’astensione di parte dell’opposizione (M5S e sinistra) sulle mozioni pro-Kyiv, votate invece dal centrodestra e da Italia Viva. È una prova di maturità per l’Italia politica, che sembra finalmente uscita dalla stagione degli ambigui “né con Putin né con la NATO”.

Una nuova dottrina patriottica?

Fazzolari racconta come il Governo Meloni abbia il merito di aver portato l’agenda patriottica su un terreno strategico: difesa, sovranità, ricostruzione. Ha saputo declinare l’identità italiana in chiave internazionale senza cedere al complesso del “paese mediano”. La conferenza di Roma, letta in questa chiave, non è solo una vetrina, ma un banco di prova: per l’Ucraina, certo. Ma anche per l’Italia e per una destra che vuole governare con visione e coerenza.

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Leo Valerio Paggi
Leo Valerio Paggi
Leo Valerio Paggi per La Voce del Patriota.

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