Vladimir Putin ha archiviato il 2023 con un messaggio al mondo inequivocabile, portatore di tutto fuorché di una possibilità di pace e di seri negoziati, almeno a breve termine, per quanto riguarda il conflitto in Ucraina, che, lo ricordiamo, dura dal 24 febbraio del 2022. La Russia, questa è la sostanza delle ultime dichiarazioni dello Zar di Mosca, non solo, non ha nessuna intenzione di fermare l’offensiva militare, terrestre e aerea, e di sedersi attorno ad un tavolo, dopo due anni di guerra, con i vertici ucraini e magari qualche mediatore terzo, ma vuole intensificare gli attacchi fino a spazzare via, testuali parole di Putin, Volodymyr Zelensky e i suoi. Il Cremlino è già passato dalle parole ai fatti e negli ultimi cinque giorni sono piovuti in Ucraina 300 missili e 200 droni russi, che hanno colpito anche la capitale Kiev e Kharkiv.
La Federazione russa torna ad allargare il perimetro della guerra, da tempo circoscritto più che altro nella Crimea occupata e nel Donbass, perché ha forse il sentore, si spera del tutto infondato, di una sopraggiunta stanchezza dell’Occidente, il quale, secondo alcune opinioni di analisti ed esperti, starebbe diventando un po’ meno propenso a supportare, economicamente e militarmente, l’Ucraina così come ha fatto finora. A Mosca ritengono di poter riaffermare una certa superiorità, in termini di produzione di nuovi armamenti, dinanzi a Kiev che sarebbe vicina ad esaurire le proprie risorse e non avrebbe più le certezze di pochi mesi fa circa il determinante contributo degli Stati Uniti in primo luogo e della Unione europea. Quindi, viene ritentata un’aggressione militare più ampia che vorrebbe riallacciare il discorso degli inizi in cui si pretendeva di invadere tutto il territorio ucraino e cacciare a pedate il presidente Zelensky nel giro di pochi giorni. Quella russa pare essere una vera e propria illusione, che purtroppo torna a far aumentare il numero delle vittime civili perché vengono colpite aree residenziali, ma che non potrà concretizzare tutte le mire putiniane. L’Ucraina e l’Occidente saranno pure stanchi, ma la Russia non è da meno, quindi, se Mosca non è riuscita ad impossessarsi dell’intero Paese di Zelensky agli inizi della guerra, quando non aveva ancora subìto troppe perdite, sia di uomini che di armamenti, non vediamo come possa farlo ora, essendo giunta ad un logoramento significativo. Tuttavia, qualche segnale, negativo per chi combatte le autocrazie e senz’altro motivo di qualche aspettativa per Vladimir Putin, è arrivato dall’Occidente, in particolare dagli Stati Uniti d’America. I repubblicani, che detengono la maggioranza alla Camera dei Rappresentanti, mentre il Senato è in mano ai democratici, si sono detti contrari in più circostanze ad ulteriori invii di aiuti all’Ucraina. Ciò, non perché il Partito Repubblicano Usa sia diventato tutto filorusso, ma perché si preferisce privilegiare altre istanze dell’elettorato interno, dell’America profonda per così dire, che guardano più a come fermare le ondate di immigrazione clandestina provenienti dall’America Latina che a quanto capita ad Est dell’Europa.
Lo speaker repubblicano della Camera, Mike Johnson, ha reso l’idea del posizionamento del suo partito, incontrando a Washington il leader ucraino Zelensky, qualche mese fa, e dicendogli di non avere nulla di personale con lui e nemmeno di essere intenzionato a mettere i bastoni fra le ruote a Kiev, ma per il Gop, (Grand Old Party, altra denominazione per identificare i conservatori d’Oltreoceano), viene prima il finanziamento dedicato al muro con il Messico, strumento che dovrebbe ostacolare il passaggio degli immigrati illegali, che le esigenze degli ucraini. Il 2024 appena iniziato sarà l’anno delle presidenziali americane, e si capisce in parte che gli Stati Uniti vogliano pensare d’ora in poi anche al loro interno, ma bisogna stare attenti a non dare al mondo, soprattutto agli antagonisti dell’Occidente, messaggi sbagliati e segnali destinati ad essere equivocati. Spiace scrivere questo sulle colonne de La Voce del Patriota, perché qui si è indubbiamente più vicini ai repubblicani alfieri dei valori tradizionali che ai democratici della cancel culture, ma sembra doveroso ricordare anche ai repubblicani le loro responsabilità nel mondo. Guidano un ramo del Congresso americano e non è escluso che essi possano tornare presto alla Casa Bianca, perciò, è saggio evitare di fornire determinati assist a chi detesta in ogni caso gli Usa, e poco importa se lo Studio Ovale sia occupato da un repubblicano o da un democratico. Putin non aspetta altro che assistere a qualche scricchiolìo della coalizione occidentale pro-Ucraina, e infatti si è già infilato in una piccola falla, incrementando gli attacchi aerei sulle città ucraine, inclusa Kiev.
L’Occidente sarebbe suicida se scegliesse ora di disinteressarsi gradualmente del conflitto ucraino perché purtroppo non ve ne sussistono ancora le ragioni. L’aggressività russa è sempre la stessa, fra alti e bassi, ma con la medesima volontà di infliggere una qualche umiliazione all’Ucraina e a chi l’aiuta, e Putin vuole negoziati pro domo sua, e questo non è tollerabile per Washington e le capitali europee, non deve esserlo affatto. Se si smettesse ora di essere al fianco di Kiev, allora sarebbe stato opportuno nemmeno iniziare ad appoggiare Volodymyr Zelensky e lasciarlo al suo destino. L’Occidente sarebbe divenuto una barzelletta, ma almeno ci saremmo risparmiati le spinte inflattive e tutte quelle tensioni riguardanti l’approvvigionamento e il costo delle risorse energetiche. Usa e Ue hanno fatto un ottimo lavoro all’inizio dell’aggressione russa, di fatto impedendo l’occupazione di tutto il territorio ucraino e il rovesciamento del presidente Zelensky. Adesso, occorrerebbe, non solo proseguire con gli aiuti consueti, ma andare oltre al logoramento del fronte avverso, (chi di esso ferisce, di esso può anche perire), facendo in modo che le azioni dell’esercito ucraino non siano solo difensive.