Un Governo che scarica i propri errori sull’opposizione.

Ma che razza di governo è quello che scarica i propri errori sull’opposizione la quale, da costituzione, svolge sì il proprio ruolo di vigilanza sull’operato dell’esecutivo ma non ha mai fatto mancare in Aula, in Europa e in tutti i consessi il proprio sostegno in tutti questi mesi davanti alla crisi pandemica? Semplice: è il governo Conte bis, il cui premier si dimostra fenomenale – in piena seconda ondata di Covid-19 – nel lasciare il cerino nelle mani degli altri (governatori, sindaci, prefetti, presidi…) e nel far puntare il dito contro chi, in Parlamento, è chiamato ad esercitare il proprio mandato nell’interesse generale e non a rappresentare un’opposizione di comodo che non disturbi il manovratore.

Eppure è proprio così che l’ex avvocato del popolo continua a guardare e a trattare il centrodestra. Come dimostrato nella conferenza di presentazione degli ultimi Dpcm, quando Conte ha spiegato di aver «consultato» l’opposizione sulle nuove misure e sulla road map dei prossimi giorni. In realtà? Si è limitato – come hanno denunciato in una nota i tre leader – a una sbrigativa telefonata giusto pochi minuti prima dell’ennesima puntata della sua personalissima fiction “Il decreto”.

Tutto ciò, ancora una volta, Conte lo ha fatto nonostante gli appelli sempre più diretti (a lui) di Sergio Mattarella e nonostante un’ipocrisia di fondo dei partiti della maggioranza giallo-fucsia che nel Palazzo chiedono concordia a Lega, FdI e Forza Italia ma nelle regioni amministrate dal centrodestra non perdono occasione per praticare un’opposizione senza freni inibitori ai governatori. Chiamati, da parte loro, a dover far fronte a tutte le “voragini” lasciata da Conte, Speranza, Arcuri, Azzolina e De Micheli: dai trasporti alle aule, dai tamponi al mancato coinvolgimento di medici di base e farmacie per i test.

Eppure, nei salotti televisivi e nelle prime pagine dei giornali ufficiali, a finire sul banco (non a rotelle…) degli imputati non sembrano essere il premier e i suoi ministri ma…i leader dell’opposizione. Come stanno, allor, davvero le cose? Parlano gli atti. A partire da quelli parlamentari. «Abbiamo depositato migliaia di proposte serie che arrivavano dal confronto con le categorie produttive che ritenevamo potessero dare una mano», ha spiegato Giorgia Meloni al Festival del lavoro. Bene, dei 2000 emendamenti presentati ai provvedimenti del governo? «Uno solo è stato accolto, tutto il resto è stato gettato nel cestino».

Eppure non si contano i progetti, le proposte e i dossier che il centrodestra ha messo sul piatto comune dell’interesse nazionale per contrastare non solo gli effetti sanitari ma anche quelli sociali ed economici del Covid. Lo ha dimostrato ampiamente proprio Fratelli d’Italia nella delicatissima trattativa europea che ha generato Recovery fund. Obiettivo raggiunto solo parzialmente da Conte, ma sul quale ha lasciato il segno la pressione dei sovranisti che ha determinato il cambio di registro nelle cancellerie europee. «Siamo all’opposizione – ha precisato non a caso Meloni – ma ci consideriamo dei patrioti e quando l’Italia è in difficoltà noi ci siamo»

L’atteggiamento del governo? Di tutt’altro tenore. Un esempio su tutti è la “task force” parlamentare. Lo spiega così la madrina dei conservatori europei: «Avevamo attivato su mia proposta una cabina di regia permanente tra maggioranza e opposizione in Parlamento: è durata due riunioni. Non è stato fatto tutto quello che si poteva fare». Stesso discorso sul fronte dello scostamento di bilancio. Anche lì l’opposizione ha fatto più della sua parte ma non è stata minimamente coinvolta nell’indicazione delle voci di spesa. Il risultato? È sotto gli occhi di tutti: nessun investimento su sanità e trasporti, i settori che più stanno soffrendo la sfida con il Covid-19 in questo autunno. «Abbiamo tentato in questi mesi di raccontare visione alternativa rispetto a quella che vedevamo – ha concluso la leader di FdI –. Il Parlamento ha fatto la sua parte mettendo a disposizione del governo 100 miliardi da spendere in 5 mesi, si sperava che le risorse fossero concentrate in cose importanti da fare e non dilapidate in mille rivoli ma buona parte è stata assolutamente gettata in un cestino come consulenze per ministeri, assunzioni facili, bonus inutili…».

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