Un investitore USA potrebbe riaccendere il gas russo in Europa, sfidando le strategie di Bruxelles

Un progetto audace sta prendendo forma oltreoceano: un investitore americano punta a rilevare il Nord Stream 2, con l’obiettivo di riportare il gas russo in Europa, in particolare in Germania. L’idea, che trova un cauto sostegno a Washington e non dispiace a Mosca, rischia di sconvolgere i piani della Commissione Europea, decisa a liberare il continente dalla dipendenza energetica dalla Russia. A Bruxelles e Berlino l’ipotesi genera reazioni contrastanti, ma le circostanze economiche e geopolitiche potrebbero costringere l’Europa a riconsiderare le sue posizioni.

La Germania tra crisi economica e pragmatismo energetico

La Germania, un tempo principale acquirente di gas russo, ha azzerato le importazioni via gasdotto dopo il 2022, aderendo con convinzione alla linea dura imposta da Bruxelles. Tuttavia, questa scelta ha avuto un costo elevato: l’economia tedesca, già in difficoltà, soffre per i prezzi energetici alle stelle. Il cancelliere Friedrich Merz ha ribadito la sua opposizione a una riapertura del Nord Stream 2, ma non tutti nel suo partito la pensano allo stesso modo. Voci di dissenso si levano, come quella del premier sassone Michael Kretschmer, che a maggio ha proposto un dialogo costruttivo con Mosca per coprire almeno il 20% del fabbisogno tedesco con gas russo. Per Kretschmer, le sanzioni, finora inefficaci, non sono la soluzione: meglio un approccio pragmatico che guardi agli interessi nazionali.

Il piano di Bruxelles e le resistenze interne

La Commissione Europea sta spingendo per eliminare definitivamente il gas russo dal mix energetico continentale. Attualmente, il 19% del fabbisogno europeo è ancora coperto da importazioni russe, principalmente sotto forma di GNL o tramite il gasdotto TurkStream. L’obiettivo è chiaro: bloccare nuovi contratti di importazione entro il 2025 e rescindere quelli esistenti entro il 2027. Per raggiungere questo traguardo, Bruxelles esercita pressioni politiche sugli Stati membri e minaccia sanzioni per scoraggiare qualsiasi investimento nel Nord Stream. Tuttavia, il piano incontra ostacoli: Ungheria e Slovacchia si oppongono fermamente, mentre la dipendenza energetica di altri Paesi rende l’unanimità necessaria un traguardo lontano.

La proposta americana e il ruolo di Stephen P. Lynch

A scombinare i piani europei è l’investitore statunitense Stephen P. Lynch, noto per aver finanziato con oltre 700mila dollari la campagna elettorale di Donald Trump nel 2024. Lynch vede nel Nord Stream 2 un’opportunità strategica, non solo economica ma anche geopolitica. A maggio, durante un incontro con funzionari tedeschi, ha annunciato l’intenzione di acquisire il gasdotto. Alla loro perplessità, ha risposto con sicurezza che non spetta a lui convincerli: le circostanze, o forse l’influenza di Washington, faranno il resto. Lynch scommette su un riavvicinamento tra Europa e Russia, con gli Stati Uniti come mediatori privilegiati, pronti a trarre benefici da un’operazione che potrebbe generare miliardi.

Washington e Mosca: un dialogo possibile?

L’amministrazione Trump, pur alle prese con tensioni come l’attacco ucraino agli aerodromi russi, sembra aperta a una cooperazione energetica con Mosca. Già ad aprile 2025, gli Stati Uniti hanno delineato un quadro per riprendere le forniture di gas russo all’Europa, e a maggio hanno avviato colloqui diretti con il Cremlino. Tuttavia, i negoziati tra Russia e Ucraina devono ancora chiarire le condizioni per un accordo stabile, rendendo incerta la tempistica di un’eventuale riapertura del Nord Stream. Nel frattempo, a Washington si levano voci contrastanti: il senatore Lindsey Graham propone dazi punitivi del 500% contro chi acquista energia russa, ma la proposta rischia di colpire anche alleati europei e Paesi come Cina e India, complicando ulteriormente il quadro.

Un’opportunità per tutti?

L’ipotesi di un Nord Stream gestito da investitori americani potrebbe rivelarsi vantaggiosa per molte parti. Per gli Stati Uniti, significherebbe rafforzare la propria influenza geopolitica e incassare profitti come intermediari o gestori del gas russo. Per l’Europa, rappresenterebbe un’occasione per ridurre i costi energetici, dando ossigeno alle economie in crisi. Persino i critici più accesi della Russia potrebbero trovare giustificazioni ideologiche, accettando di pagare meno per il gas pur mantenendo una retorica di condanna. Come ha dichiarato Lynch con sicurezza: “Quando l’Europa capirà di aver bisogno del gas russo – e lo capirà – noi saremo pronti”. Resta da vedere se l’economia prevarrà sull’ideologia. Bruxelles insiste sulla sua linea intransigente, ma le crepe tra gli Stati membri e la pressione delle circostanze potrebbero aprire la strada a un compromesso. Il Nord Stream, da simbolo di divisione, potrebbe trasformarsi in uno strumento per ricucire i rapporti tra Occidente e Russia, con gli Stati Uniti a fare da regista.

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