Il nuovo capo dello Stato? «Deve essere un patriota». È bastata quella che dovrebbe essere un’ovvietà, come l’ha ribattezzata la stessa Giorgia Meloni, per smontare il castello di carta di Pd e soci. Troppo facile per la stessa leader di Fratelli d’Italia: non si aspettava di certo che fosse sufficiente una semplice conditio, lanciata in un lungo e articolato discorso di chiusura dal palco di Atreju, per destare una settimana di clamore politico e un dibattito così serrato non solo sul “chi” ma anche sul “come” e sul “perché”.
E così è stato sufficiente indicare la cornice, il passpartout di un Presidente patriota per essere considerata dalla sinistra politica e dal suo ceto intellettuale alla stregua di una “sfida” se non di una vera e propria provocazione. La dimostrazione – all’interno dei confini di una Repubblica italiana che si conferma «a sovranità limitata» (Rino Formica dixit) prima di tutto nella mente e nelle azioni dei suoi stessi rappresentanti – che la «guerra delle parole» di cui parlava Giorgio Almirante è uno dei fronti aperti, dove è necessario non solo lanciare un contrattacco al “luogocomunismo” ma dove è possibile e tutt’altro che difficile stanare pure le profonde contraddizioni, il peccato originale della sinistra post-comunista.
Lo dimostra la reazione di Enrico Letta che ha scelto di pubblicare sui social l’immagine di Sandro Pertini, definito «un patriota» da contrapporre alla richiesta della leader dell’opposizione. Assist al bacio, anche qui, per l’ex ministro della Gioventù: caro Letta, la proposta per il successore di Sergio Mattarella deve riguardare i “viventi”. La domanda allora è: il Pd e il suo “campo largo” hanno o no i profili (ne basterebbe pure uno) adattabili al minimo comun denominatore che qualifica ogni capo di Stato nel resto d’Occidente?
A partire proprio dai cugini di Francia, dove non è necessaria una strumentazione raffinata per capire che “l’europeismo” per Emmanuel Macron – modello e riferimento del Pd – si misura solo e quando è ad uso e consumo degli interessi nazionali, anzi della “grandeur” francese?
La domanda conseguente è: perché in Italia non avviene lo stesso? La risposta, in attesa di smentita fattuale, è il vincolo esterno che ha sempre caratterizzato la sinistra comunista e spezzoni non indifferenti della sinistra democristiana. Ai tempi della Guerra fredda ciò era “giustificato” dalla divisione dei mondi in blocchi: e quello sovietico a cui era legato il Pci – che nel suo nome “benediceva”, inclusi i socialisti come Pertini, la repressione dei patrioti ungheresi – rispondeva in tutto e per tutto agli interessi di Mosca.
Imploso il socialismo reale (che in Russia ha suscitato la riscoperta della vocazione nazionale) e abbattuto il Muro di Berlino, la maturazione non ha coinvolto di certo la sinistra nostrana che si è avventurata alla ricerca di modelli eterodossi – il blairismo liberista inglese, il clintonismo interventista americano, il socialismo à la page francese – fino ad approdare alla nuova casa madre del dirigismo: l’Unione europea.
E la via italiana? Si è limitata al lettering. Uno “sforzo” per i post-comunisti che hanno impiegato sessant’anni per riuscire a posizionare al centro – almeno sul simbolo del Pd – il tricolore. Un’operazione “cosmetica” che non è stata accompagnata però da alcuna elaborazione patriottica, come dimostrato plasticamente dalle politiche dei governi progressisti, ben lieti di cedere porzioni di sovranità, gioielli di Stato e pezzi di economia reale come atto di fede al verbo unionista o come vere e proprie regalie (per usare un eufemismo) agli alleati stranieri.
Si comprende perfettamente, alla luce di un vincolo esterno costantemente cercato e voluto dai nipotini del Pci, la difficoltà e l’imbarazzo a sinistra nel proporre o contrapporre un “patriota vivente” alla richiesta di Giorgia Meloni. E allora non gli resta che rifugiarsi nella retorica antifascista e nella dimensione onirica di figure inserite nelle dinamiche sepolte del ‘900. Tutto fuorché di riconoscere l’ovvietà di un patriota alla guida della Repubblica italiana. Sarebbe negare, ormai è chiaro, la loro ragione sociale…
Ho riletto oggi l’articolo di Antonio Rapisarda e mi sono andato a rileggere il discorso del “PATRIOTA” di Sorella GIORGIA.
Mi è balzata in testa una domanda curiosa: se gli Ucraini non avessero avuto a capo del Paese un PATRIOTA VERO, con gli attributi giusti, forse oggi già non esisterebbero più, schiacciati dal pazzo orso rosso.
E se invece dell’Ucraina ci fosse stata l’Italia, dove a capo NON mi pare esserci un VERO PATRIOTA?
Oggi dovremmo dire: NIET oppure DA ! Dasvidania ….
E’ limpidissimo il panorama.Oggi la UE(a trazione globalcapitalista mondiale e dominata da Francia ,Germania,Benelux) è un drago che fagocita tutte le altre Nazioni.Specialmente quelle Mediterranee,ricche di Cultura,e altro.La guerra va condotta contro signori che vogliono distruggerci e sequestrarci tutto.E parlo di gente come Gentiloni,Prodi,Letta,Draghi,Monti,Pera,Lamorgese,SPeranza e giù di li.Poi ci sono gli utili “i……..” tra cui gente in bilico per convenienza,tra cui Berlusconi,Renzi e affiliati.Poi ci sono giullari come il signor Grillo e soci……Questo è ciò che appare chiaro dai loro atteggiamenti e non dalle chiacchere.Poveri Italiani che mal ripongono la loro fiducia in chi li vuol eliminare…..
Vi dico solo che la mia banca si chiamava Bnl ed ora come si chiama? BNP Paribas perché se la son comprata i francesi e che dire di Stellantis dopo che ha ricevuto miliardi, come del resto la Fiat e le piccole imprese potevano anche fallire, ed oggi si chiudono 60.000 posti di lavoro in Italia e nella dirigenza di Stellantis black Hole per noi non c’è neanche un Italiano!!!?