A Piazza del Popolo, la sinistra ha dato una parvenza di unità. In mezzo a facili slogan e bandiere della pace e dell’Unione europea, però, si celava un mare di ipocrisia. Prima di tutto perché si parlava di Europa, di un’idea di Europa che è già fallita, perché è proprio il modello che ha governato fin qui e che gli stessi che manifestavano, non hanno saputo valorizzare nel corso degli anni. In altre parole, se l’Europa oggi è debole e deve affannarsi per garantire i propri confini (gira e rigira, si finisce sempre lì), è anche e soprattutto merito della sinistra ultra-globalista che nei confini non ha mai creduto.
In quella piazza, comunque, la novità (per nulla sorprendente) è che non si è parlato di politiche. Perché parlare di politica sarebbe stato un vero casino: i militanti del Pd si sarebbero divisi tra schleiani e anti-schleiani, proprio come in Parlamento europeo; i militanti del resto del campo largo si sarebbero divisi in tante parti quante sono le sue correnti e quella piazza, gremita di bandiere blu e arcobaleno, si sarebbe rivelata ovviamente vuota. Quindi zero politica, zero idee, slogan vecchi. Quelli che fanno ridere le altre potenze mondiali: Corrado Formigli racconta il suo Erasmus oltre la Manica, Roberto Vecchioni elenca le grandi menti della cultura europea, Corrado Augias ci avverte dell’inconsistenza dei singoli Paesi europei. L’unica linea politica è una: demonizzare l’avversario.
In quel coacervo elitario di gente che ha sfilato sul palco posizionato in piazza del Popolo con la solita retorica europeista, il pericolo più preoccupante era la destra. Quella che governa in Italia e quella rappresentata democraticamente negli altri Paesi del mondo. Il pericolo era Donald Trump, che oggi ha annunciato prossimi colloqui con Vladimir Putin, e non la preoccupante vaghezza e carenza di contenuti di quella piazza. La fortuna è che oggi questa classe “politica” non è al governo, certo, ma è quella che ha governato per anni sia in Italia sia in Europa.
È stata già ridefinita una piazza elitaria. Una élite che si spaccia per maggioranza, che cerca di dettare la sua linea pur avendo ricevuto tante di quelle scoppole elettorali da essere all’opposizione in Italia e minoritaria in Europa. Si aggiunga poi la già citata incapacità di avere una linea politica unitaria e una conseguente credibilità a livello internazionale, e il gioco è fatto. Quell’Italia dei Formigli e dei Vecchioni non è la maggioranza.
L’Italia ha invece sposato un modello diverso e più concreto. Un modello che sta finalmente dalla parte dell’interesse nazionale, senza esitare. Un modello che conosce bene l’importanza del modello atlantista, che sottolinea con forza l’alleanza con gli Stati Uniti (che qualcuno mette in discussione ogniqualvolta cambia la fazione politica che governa Washington), che lavora nell’interesse europeo se questo si declina come l’insieme di Nazioni e di popolo, e non di burocrati, che collaborano a un fine comune. È questo l’unico modo di far tornare l’Europa un soggetto forte a livello internazionale.