Una sentenza poco liberal, molto laica e liberale

La sentenza della Corte Suprema statunitense sull’aborto ha sollevato, come ampiamente previsto, un vespaio di polemiche e discussioni. Non sorprende il provincialismo della classe dirigente italiana, incapace di prendersi del tempo per leggere con attenzione i contenuti della sentenza, abbandonandosi, invece, alla recitazione del de profundis di una democrazia in agonia o dell’exultet all’alba di una nuova era.

A seconda delle differenti sensibilità etiche, morali, religiose, culturali, politiche ecc…, tutte legittime e rispettabili in un mondo autenticamente libero. Ognuno coltiva i propri pensieri e convinzioni, su temi come l’aborto, l’eutanasia, la pena di morte ecc…, questioni delicatissime e che, inevitabilmente, saranno sempre motivo di divisione e di scontro. Il tifo da stadio tipico dei differenti contenitori politici (fatico a definirli partiti di questi tempi, avendo smarrito il loro originario legame con la volontà popolare e con l’orizzonte culturale di riferimento), con la nobile eccezione di Giorgia Meloni, sempre molto attenta alle tempistiche e alle modalità comunicative, non aiuta il cittadino a comprendere la complessità degli eventi, a farsene un’idea adeguatamente informata.

Si procede per slogan, filippiche, catilinarie, odi, demonizzazioni, insulti ecc…, alla faccia dei principi della comunicazione assertiva e non violenta. Non se ne può più, insomma. La sentenza americana, piaccia o meno, non rende l’aborto una pratica illegale, ma rimanda ai singoli stati la decisione di introdurre restrizioni o divieti in merito. In un certo senso, si potrebbe dire che chiede alle singole amministrazioni, elette democraticamente dai cittadini (eh sì, in alcuni Paesi ancora si vota…), e pertanto orientate in modo chiaro su temi sensibili come questo, di esprimere la volontà popolare, di applicarla, introducendo, eventualmente, modifiche o limitazioni all’accesso a quello che, fino all’altro ieri, veniva considerato un diritto sancito dai principi sacri della Costituzione a stelle e strisce. Ai liberal non piacciono le sentenze liberali, a volerla dire in breve.

Riconsegnare al popolo americano, mediante la mediazione dei suoi rappresentanti, la decisione sul tema dell’aborto, appare al sottoscritto un atto di giustizia, di libertà, di maturità, indipendentemente dalle opinioni coltivate nell’intimo da ogni singolo uomo chiamato ad esprimersi. Si tratta di una questione di metodo democratico ancor prima che di contenuto. I candidati, futuri e presenti, saranno chiamati a esprimere con sincerità le proprie posizioni, chiedendo il voto su programmi limpidi e ben definiti. La forma veicola il contenuto e, lasciatemelo dire con velata ironia, accompagna l’elettore alle urne. Certi tripli salti mortali nostrani non verrebbero premiati dal popolo americano, ne siamo certi.

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Luca Bugada
Luca Bugada
Luca Bugada, dottore magistrale in filosofia e in scienze storiche, insegnante, collabora con diverse testate giornalistiche e scientifiche, promuovendo cultura e memoria del sapere. "Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare" (Lucio Anneo Seneca)

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