L’incontro a Washington fra il Presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dato i risultati sperati alla vigilia. Chi non ha mai avuto dubbi sulle doti diplomatiche e sulle capacità di interfacciarsi con i leader mondiali, alleati e non, della premier Meloni, che riesce a valutare appieno la posta in gioco esistente fra l’Italia e i suoi partner occidentali senza abbassare la testa, prevedeva in cuor suo il buon esito della trasferta americana della numero uno di Palazzo Chigi.
Però, come sta succedendo da due anni e mezzo a questa parte, a sinistra si è gufato, si è sperato in un ritorno della premier in Italia a mani vuote, e allora ci sembra opportuno mettere in evidenza il nuovo successo diplomatico portato a casa da Giorgia Meloni. Il Presidente del Consiglio ha invitato Donald Trump a Roma e il leader USA ha subito accettato. Altresì, la premier ha esortato Trump a considerare di utilizzare la sua presenza in Italia per incontrare anche i vertici della Unione Europea al fine di promuovere il necessario accordo euro-americano sui dazi, al momento congelati per 90 giorni.
Entrambi, e questo è stato il punto fondamentale di riuscita dell’incontro, si sono detti convinti circa un accordo USA-UE che si concretizzerà al 100 per cento. Giorgia Meloni ha usato il linguaggio dell’amicizia, fisiologico di fronte allo storico e saldo legame che unisce l’Italia agli Stati Uniti d’America, ma anche del pragmatismo e della difesa dell’interesse nazionale italiano.
Quando le due delegazioni, quella italiana e quella americana, si sono sedute al tavolo della Cabinet Room, per il pranzo di lavoro alla Casa Bianca, la premier Meloni ha motivato la propria presenza a Washington con la ricerca del giusto punto di equilibrio a metà strada in merito ai dazi. Occorre parlarsi francamente, è la posizione italiana, come possono fare due leader che parlano la stessa lingua. Del resto, come abbiamo scritto anche noi, nel nostro piccolo, su La Voce del Patriota, America ed Europa devono confrontarsi faccia a faccia, con serenità e determinazione, per approfondire tutte le questioni commerciali divisive e cercare poi di dare loro una soluzione duratura, affinché non si cada in una guerra dei dazi, lesiva per l’asse transatlantico.
Il presidente Trump non è stato avaro di complimenti per Giorgia Meloni, che lui considera una persona eccezionale che sta facendo un ottimo lavoro in Italia. Per il tycoon, fino a quando l’Italia avrà Giorgia Meloni come premier, le relazioni fra Roma e Washington non potranno che essere eccellenti. Meloni e Trump, oltre alla necessità di un accordo USA-UE sui dazi, si sono trovati in sintonia circa il maggiore impegno europeo che deve farsi avanti in seno all’Alleanza Atlantica e a tal proposito, il Presidente del Consiglio ha rimarcato lo sforzo dell’Italia in relazione all’investimento del 2% del PIL nelle spese per la Difesa in ambito NATO.
Alleanza non significa di certo sudditanza per la premier Meloni, infatti, il capo del Governo non ha avuto difficoltà, per esempio, nel contraddire Donald Trump quando, fra le pareti dello Studio Ovale, ha criticato l’Europa per la sua lotta insufficiente alla immigrazione clandestina. La UE, grazie all’Italia, ha cambiato non di poco il proprio approccio. E rispondendo ad un cronista, la premier ha ribadito il pensiero di sempre a riguardo della guerra in Ucraina, che è iniziata a causa di un solo colpevole, l’invasore Vladimir Putin.
Fra alleati ci si parla senza timori reverenziali, si può pure arrivare a sbattere i pugni sul tavolo e però alla fine ci si siede un attimo per affrontare i problemi e trovare delle soluzioni, perché le ragioni storiche che uniscono rimangono maggiori di quelle che dividono. Questa è la linea del Governo Meloni che fa della premier la principale interlocutrice europea degli Stati Uniti. Le virtù esibite in campo internazionale da Giorgia Meloni vengono sempre più rispettate in Europa e alcuni riottosi continentali, pensiamo al presidente francese Emmanuel Macron, sono stati costretti ad imbarazzate retromarce dalla Commissione UE, che ha assistito con favore al summit Meloni-Trump.