USA e UK infliggono una sonora lezione ai terroristi Houthi, e all’Iran 

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump lo aveva annunciato poco prima sul social Truth: il Pentagono ha ricevuto l’ordine di lanciare un’azione militare decisa e potente contro gli Houthi yemeniti, che hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri Paesi. Infatti, aerei statunitensi, insieme all’aviazione militare del Regno Unito, hanno effettuato diversi raid nello Yemen con l’obiettivo di colpire roccaforti e postazioni dei terroristi Houthi. I velivoli USA e UK hanno attaccato la storica capitale Sana’a, controllata da qualche anno dagli Houthi, i governatorati di Saada e Al-bayda, e la città di Radaa.

L’Amministrazione Trump intende distruggere l’arsenale militare dei terroristi ed è possibile che seguiranno altre azioni congiunte nello Yemen di Washington e Londra. Si ritiene che sia giunto il momento di farla finita con gli Houthi, i quali, attivi da diversi anni e diventati incisivi almeno dalla guerra civile yemenita del 2015 dove partecipò anche l’Arabia Saudita, si sono infilati nel conflitto fra Israele e Hamas, sostenendo ovviamente quest’ultima. Dal novembre del 2023 questi integralisti sciiti hanno effettuato più di cento attacchi nel Mar Rosso contro navi, perlopiù mercantili, considerate legate allo Stato d’Israele, ma sono state prese di mira anche imbarcazioni americane, britanniche e occidentali in generale. Quasi ogni giorno si è verificato un assalto da parte degli Houthi e da tempo gli USA sono costretti a ricorrere alla coalizione marittima denominata Prosperity Guardian al fine di proteggere navi cargo e petroliere dalle incursioni terroristiche. Anche l’Unione Europea è presente con la missione Aspides per tutelare la navigazione nel tratto di mare in cui gli Houthi lanciano i loro attentati indiscriminati.

L’America e i suoi alleati vogliono imporre uno stop definitivo a tali islamisti sciiti armati, che peraltro tengono sotto scacco un Paese a maggioranza sunnita. Una fine eventuale, ed assai auspicabile, degli Houthi, oltre a ridare sicurezza al commercio internazionale marittimo, eviterebbe allo Yemen di evaporare come è successo tanti anni fa alla Somalia. Oggi, lo Yemen è uno dei Paesi più poveri del mondo e si trova letteralmente spaccato fra la vecchia capitale Sana’a ed alcune aree controllate dagli Houthi, e la città di Aden dove si è ritirato il governo riconosciuto a livello internazionale. Nella guerra civile yemenita svoltasi fra il 2014 e il 2015 gli Houthi riuscirono a prevalere a Sana’a sulle forze appoggiate dall’Arabia Saudita, dagli Emirati Arabi Uniti e dalle altre monarchie sunnite del Golfo Persico, in quanto finanziati ed armati in maniera massiccia dall’Iran. Essi sono diventati sempre più potenti e capaci di nuocere attraverso le tante armi ricevute da Teheran, (missili balistici, droni, missili antinave, mine navali, barchini “kamikaze” radiocomandati pronti da fare esplodere).

Gli Houthi possono colpire a distanza come si è già visto con gli attacchi scagliati contro impianti petroliferi sauditi e degli Emirati, e il porto israeliano di Eilat, lontano circa 1600 chilometri dalle postazioni yemenite dei terroristi. L’Iran non ammette mai, diciamo così, in pubblico l’esistenza di un suo preciso e pianificato supporto a organizzazioni terroristiche come gli Houthi, ma persino l’ultimo granello di sabbia del deserto arabo è a conoscenza della sponsorizzazione degli Ayatollah a favore di vari gruppi armati integralisti, soprattutto sciiti come le barbe fondamentaliste di Teheran, e non è un caso che la Repubblica islamica sia il solo Paese a protestare con veemenza di fronte ai raid angloamericani in Yemen. Donald Trump ha deciso di stanare gli Houthi anche per inviare un chiaro messaggio all’Iran e invitarlo a smettere di fare la guerra a Israele, agli Stati Uniti e al resto dell’Occidente per interposta persona, sia essa yemenita o di stanza nella Striscia di Gaza come Hamas e nel Libano come Hezbollah. 

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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