Avevamo già l’ONU, sempre prodiga di scelte deludenti e divisive perché gravemente ipotecata dalle mosse di Paesi poco democratici e dalla visione ideologica e partigiana di alti funzionari e personaggi di vertice. Pensiamo alla UNRWA, l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso dei profughi palestinesi, e alla accertata complicità di alcuni suoi membri nel sanguinoso attacco di Hamas in Israele del 7 ottobre dell’anno scorso. E non dimentichiamo neppure il numero uno del Palazzo di Vetro, il segretario generale Antonio Guterres, per il quale gli attentati dei terroristi di Gaza in territorio israeliano andrebbero in parte compresi perché frutto, (sic!), della esasperazione dei palestinesi per il dominio colonialista dello Stato ebraico. Appunto, avevamo già le Nazioni Unite, impegnate a dividere ancora di più il mondo, nel tradimento più completo della loro missione originaria di appianamento dei conflitti, ed erano più che sufficienti.
Adesso, inizia anche la Corte penale internazionale ad avvelenare ulteriormente il clima con decisioni vigliacche e scandalose. Non bisogna meravigliarsi se poi rinascono i nazionalismi e le piccole patrie, mentre popoli e governi maturano un crescente disincanto nei confronti di taluni organismi sovranazionali. A causa della guerra in corso nella Striscia di Gaza, il Tribunale de L’Aia, Paesi Bassi, ha chiesto un mandato di cattura internazionale per genocidio riguardante sia il premier israeliano Benjamin Netanyahu che i leader di Hamas, (Yahya Sinwar, Mohammed Deif, Ismail Haniyeh e Diab Ibrahim Al Masri).
Destinatario della richiesta di arresto per “crimini di guerra e contro l’umanità”, anche il ministro della Difesa di Israele Yoav Gallant. In buona sostanza, la Cpi mette sullo stesso piano i vertici israeliani e i terroristi di Hamas, e ciò è francamente inaccettabile da ogni punto di vista. Infatti, oltre alla scontata rabbia di Gerusalemme, il presidente USA Joe Biden ha definito vergognosa l’equiparazione di fatto fra Netanyahu e i macellai Sinwar e Haniyeh, smentendo che a Gaza stia avvenendo un genocidio ad opera di Israele.
Anche il Governo italiano, tramite il ministro degli Esteri Antonio Tajani, rifiuta quanto vorrebbe fare il procuratore capo de L’Aia, perché non è ammissibile in alcun modo parificare un governo eletto democraticamente, quale è quello presieduto da Bibi Netanyahu, con una organizzazione terroristica che è la causa di tutto ciò che sta accadendo. Non dimentichiamo mai che il conflitto attuale in Medio Oriente è cominciato soltanto dalle incursioni assassine di Hamas del 7 ottobre scorso, accompagnate da stupri e sequestri di persona.
La sconcertante sortita della Cpi, oltre ad infilare in un solo calderone vittime e carnefici, rischia di vanificare del tutto un eventuale affacciarsi di una tregua, già poco possibile di per sé, e di mettere a totale repentaglio l’incolumità di quegli ostaggi ancora in vita, che continuano a subire violenze fisiche, sessuali e psicologiche dagli aguzzini di Sinwar e Haniyeh. Un conto è la critica politica nei confronti dell’operato di Benjamin Netanyahu, che è stato avvertito più volte, dagli Stati Uniti, dall’Italia e dal resto d’Europa, circa i rischi di operazioni militari, come quella di Rafah, le quali possono non garantire lo smantellamento di Hamas, voluto da tutto l’Occidente, a fronte di un elevato numero di morti civili, ed è andato incontro ad ultimatum di alcuni suoi alleati di governo come il centrista Benny Gantz. Un altro, è tentare di fare passare l’idea che ciò che accade a Gaza sia colpa anche di Israele e delle politiche del suo premier.