15 marzo 1848. Quando L’Ungheria pretese la sua libertà.

La storia delle Nazioni è ricca di ricorrenze. Alcune di esse afferiscono a momenti celebrativi dell’unità e della fondazione, altre a eventi capaci di entrare nei cuori e nelle anime.

Il 1848, per la storia dei popoli d’Europa, rappresentò l’anno in cui la coscienza nazionale, e quindi la volontà di avere una propria patria libera, dilagò in quelli che, comunemente, sono noti come “moti del ’48”. Tale fenomeno non poté disinteressare una terra che, con l’Italia, condivide molto più di un semplice legame consistente nei colori della bandiera tricolore o in quel magnifico inno alla gioventù e alla libertà che è “Avanti ragazzi di Buda”: l’Ungheria.

Il 15 marzo 1948, non sopportando più il giogo ormai troppo stringente esercitato dagli Asburgo, la spinta indipendentista che albergava nel cuore della popolazione magiara esplose in tutta la sua potenza, la rivendicazione di un’identità nazionale e di uno spazio di libertà nel rispetto del principio di autodeterminazione dei popoli, fece sì che nulla poté più arginare gli spiriti ardimentosi, guidati da Lajos Kossuth, che sorreggevano le nuove istanze nazional – liberali.

“Chiunque è un uomo, corra alle armi! Le donne scavino una spaventosa fossa tra Vespern e Stuhlweissenburg nella quale verranno sepolti o il nome dell’Ungheria e la nazione ungherese oppure i nostri nemici, e su di essa o ci sarà un cippo con il nome dell’Ungheria e la scritta “Così Dio punisce la viltà” oppure si leverà l’albero sempreverde della libertà, dal quale come ai tempi di Mosè tuonerà la voce di Dio: “Il luogo sul quale stai è la Terra Santa”.

Parole cariche di significato religioso e identitario, parole che riscaldarono l’anima dei circa 170mila ungheresi che decisero, mossi dall’amore per la Patria e per le proprie tradizioni, di immolare la propria vita in nome di un bene superiore: la libertà.

Libertà ancor più lontana se si pensa alle ingenti forze messe in campo dall’oppressore, i circa 355mila uomini e 1.400 cannoni di cui disponeva l’armata asburgica.

Libertà che è un valore universale e condiviso, libertà che spetta a ogni essere umano, libertà di pensare, libertà di vivere nella propria patria. Libertà per la quale tutti gli uomini devono combattere insieme: diversamente non si spiegherebbe il coinvolgimento in prima persona, e al comando di un contingente di volontari italiani, del patriota italiano Alessandro Monti, inviato da Carlo Alberto di Savoia a supportare i fratelli ungheresi alla guida della Legione Italiana d’Ungheria.

Libertà che è parola dolce per l’uomo, in nome della quale si è chiamati ad un patto col destino, noncuranti della sorte: nonostante i numeri non fossero dalla loro parte, nonostante le forze dell’artiglieria in campo avrebbero mosso a più miti consigli, i migliori figli d’Ungheria combatterono senza sosta fino al settembre 1849 quando, ormai provati nel corpo ma non nello spirito, gli ultimi 400 tra militari e politici ungheresi irredenti vennero barbaramente giustiziati nella città di Arad dagli oppressori, restando nella memoria collettiva come “Martiri di Arad”.

In un mondo sempre più orientato alla disgregazione delle istanze nazionali e del rispetto delle peculiarità proprie dei popoli, il 15 marzo per la nazione ungherese rappresenta una data dal forte valore simbolico, di ribellione alle imposizioni esterne ed alle scelte eterodirette.

In misura parallela, le istanze proprie dei popoli sono state messe in secondo piano quest’oggi dall’esplosione della pandemia mondiale: si è attuata una politica comune all’intera Unione Europea che non ha tenuto conto delle reali esigenze e bisogni dei singoli attori nazionali, in ambito economico e sociale in primis, nei quali le scelte dei singoli Paesi sono state delegittimate da quell’eterodirezione che non tiene in giusto conto il particolare, ma unicamente l’universale. Un universale che cancella le identità e le particolarità in nome della, presunta, “salute” col risultato, più o meno voluto, di togliere, oggi come allora, la libertà.

Oggi come allora, è necessario rivendicare l’indipendenza da ciò che è altro, e contrario, rispetto alla coscienza nazionale, tessuto economico-sociale ed alla tradizione, non per partito preso o per slogan, ma perché questo regime rappresenta esclusivamente un danno per la nostra Nazione.
Oltre 170 anni fa gli Ungheresi si ribellarono al costo della vita ispirati da un canto. Noi forse non abbiamo un canto che ci guida ma l’esempio del passato può spronarci a essere di nuovo liberi. Per me, che sono per metà ungherese, è ovvio pensare ai nostri popoli uniti e, anche per questo, ricordare il 15 marzo 1948 vuol dire che allora combattemmo insieme, e che oggi dovremmo farlo nuovamente per un’Europa delle patrie e delle identità.

 

In piedi, o magiaro, la patria chiama!
È tempo: ora o mai!
Schiavi saremo o liberi?
Scegliete!
Al Dio dei magiari
giuriamo,
giuriamo che schiavi
mai più saremo!
 
Schiavi fummo finora:
gli antenati nostri che vissero
e morirono liberi, sono dannati,
non hanno pace in questa terra schiava.
Al Dio dei magiari
giuriamo,
giuriamo che schiavi
mai più saremo!
 
È un briccone colui
che teme la morte quando bisogna morire,
colui che una meschina vita ha più cara
che l’onor della patria.
Al Dio dei magiari
giuriamo,
giuriamo che schiavi
mai più saremo!
 
Più lucente è la spada che la catena,
meglio si adatta al braccio;
e tuttavia una catena portammo!
Eccola, l’antica nostra spada!
Al Dio dei magiari
giuriamo,
giuriamo che schiavi
mai più saremo!
 
Bello sarà di nuovo il nome magiaro,
degno della gran fama antica;
laviamo l’onta
che i secoli vi impressero!
Al Dio dei magiari
giuriamo,
giuriamo che schiavi
mai più saremo!
Dove s’innalzano le nostre tombe
s’inchineranno i nostri nipoti,
e proferiranno i nostri sacri nomi
con una benedicente preghiera.
Al Dio dei magiari
giuriamo,
giuriamo che schiavi
mai più saremo!

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Giorgia Agostini
Giorgia Agostini
Giorgia Agostini nasce a Tagliacozzo (AQ) il 27 dicembre 1993. Studentessa di giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Teramo, attualmente impiegata presso Confagricoltura L’Aquila. Da sempre appassionata di politica, è responsabile del circolo cittadino di Nazione Futura a Tagliacozzo.

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