“Se fosse una festa di pace, inclusione, amicizia, libertà, non violenza, un’occasione per rinsaldare la comunità nazionale e renderla più forte di fronte alle sfide del nostro tempo accorrerebbero milioni di italiani da ogni città. Invece anche quest’anno tocchiamo con mano solo la volontà di strumentalizzare il 25 aprile in chiave politica (inneggiando alla spallata contro un “pericoloso e illiberale” governo) e coloro che si sono sacrificati per conquistare la democrazia e ricostruire l’Italia. Potrebbe essere il giorno della coesione e del superamento degli steccati ideologici in nome della libertà, consapevoli di aver costruito – seppure a fatica e non definitivamente – una società dove neofascisti e neocomunisti, con il loro residuale e folcloristico armamentario, sono un prefisso telefonico, dove destra e sinistra si sono definitivamente emancipate dalle rispettive origini e rappresentano una garanzia per i diritti primari della persona, qualunque sia il governo in carica. Ma c’è chi ha bisogno dello scontro per sopravvivere e rema da decenni contro questa prospettiva, l’unica che possa rigenerare lo spirito autentico di una nazione che voglia rialzarsi e definire il suo destino”. È quanto scrive il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia sulla sua bacheca Facebook.
“Anche quest’anno un’occasione persa. Da decenni sento dire, sia da destra che dalla parte più sapiens e moderata della sinistra, che il 25 aprile deve essere la festa della libertà ritrovata, del ritorno alla democrazia dopo la dittatura fascista e l’occupazione nazista e mettere insieme tutto il popolo italiano a prescindere da dove fossero schierati i rispettivi nonni nel ventennio”.
“E invece si trascina la consuetudine di cortei celebrativi trasformati in rese dei conti di piazza. A seconda delle stagioni – precisa Rampelli-assistiamo a fronteggiamenti interni alla sinistra quasi si trattasse di una gara nella galassia post-comunista per chi detenga il copyright dell’antifascismo e della resistenza: contestazioni, slogan ostili, striscioni che insultano alla violenza, spintoni, talvolta perfino assalti squadristi, decenni fa si contestavano taluni democristiani, quindi il turno del derby tra PCI e PSI, poi irrompono i centri sociali, il centrodestra neanche a parlarne osteggiato e scoraggiato a partecipare anche quando esprimeva sindaci e governatori, le comunità ebraiche sempre mal tollerate: uno spettacolo triste che ha rieditato la volontà di monopolio della sinistra massimalista, paradossalmente quella che non voleva affatto la libertà ma il passaggio dell’Italia dalla dittatura nazifascista a quella sovietica, dalla quale siamo stati salvati in forza degli accordi di Yalta, finendo sotto l’egida degli anglo americani”.
“Vedere oggi palestinesi e gruppettari filo Hamas- ha osservato Rampelli- cercare di espellere dalla festa di liberazione gli eredi delle vittime dell’Olocausto, fino a ferirne alcuni, fa capire quanto ci sia bisogno di un salto di qualità. La solidarietà alla Brigata ebraica non è solo doverosa ma necessaria oggi piu che mai”.
“Il popolo non partecipa quasi più a questa ricorrenza- ha aggiunto-percependo le manifestazioni come una lotta intestina per contendersi l’egemonia e la gestione della ricorrenza. Mentalità da vecchi patetici arnesi reclutati nel servizio d’ordine della CGIL”
“Il tutto esasperato dalla chiamata alle armi contro una immaginaria riedizione del fascismo che transiterebbe per Giorgia Meloni-ha concluso Rampelli-nata nel 1977, trentadue anni dopo la sua fine”.