Il pregevole intervento del Prof. Barbagallo sul Mattino di giovedì sulle condizioni del centrodestra a Napoli, merita un una interlocuzione ed una analisi più approfondita.
Barbagallo infatti sembra quasi sollecitare una risposta da parte della sponda di uno schieramento che al momento sembra confuso ed in vertiginosa dissoluzione.
L’onestà intellettuale di Barbagallo emerge nel tono quasi di rammarico per la inesistenza di una credibile e concreta proposta del centrodestra, a fronte di quel che oggi la realtà presenta come il fallimento complessivo delle azioni di governo della città che proprio per la abnorme longevità della sua permanenza non può trovare ne alibi ne giustificazioni.
Salvate le buone intenzioni e anche la buona fede di Valenzi e di Bassolino, ed io aggiungerei Jervolino, il risultato di 60 anni di amministrazioni di sinistra, in tutte le sue manifestazioni, dal centrosinistra pentapartito, alla sinistra ortodossa o alla sinistra antagonista , porta ad un “bilancio storico non può certo definirsi esaltante”.
Ed infatti l’analisi lucida ed impetuosa dello storico riassume in pochi flash sferzanti la realtà di fallimenti conseguiti della sinistra sulle questioni irrisolte della città da Bagnoli, al Centro Storico o al del degrado delle periferie. Eppure, quasi deluso, scrive Barbagallo, di fronte all’ignavia ultradecennale della sinistra, nelle sue variegate modalità, un centrodestra capace di rappresentare i ceti produttivi e “ robuste energie locali”, potrebbe proporsi come alternativa allo sfascio di una città alla deriva.
Ma un ulteriore passaggio oltre la lucida analisi dello storico richiede una riflessione sulle motivazioni di un fallimento che non si può giustificare solo con malcostume, burocrazia e sistema clientelare. Cosicchè il centrodestra potrà costruire una proposta programmatica credibile proprio partendo dalla analisi delle ragioni del fallimento della sinistra che risiedono in un filo conduttore che attanaglia tutte le esperienze amministrative degli ultimi 60 anni.
E’ il filo conduttore del pregiudizio ideologico, dell’astratta utopia ecologista e e delle scorie pseudo socialisteggiante , che ha costantemente impedito lo sviluppo della città, nonostante generosi tentativi di liberarsene.
Penso alla Variante di Bagnoli, o al veto di Demagistris sul termovalorizzatore, autorizzato dopo un travaglio di 15 anni dalla Jervolino, o al rifiuto del Piano parcheggi della Tognoli, oppure ai mostri di edilizia popolare di Scampia e delle periferie, o ancora alla follia di un lungomare bloccato al traffico senza alternative di viabilità.
Per questo, al netto delle diatribe interne dei partiti, che sono il frutto di un arroccamento autoreferenziale, il centrodestra è in condizioni di poter offrire ai napoletani una proposta programmatica che parta dal coinvolgimento del ceto produttivo, imprenditoriale e professionale oltre che dall’associazionismo, con la credibilità di una libertà di azione pragmatica che la sinistra non ha avuto a Napoli e non potrà avere per incapacità intrinseca, a maggior ragione se sarà condizionata da 5S e/o centri sociali. Un progetto di per una città riorganizzata urbanisticamente nel senso di una predisposizione ad una centralità rispetto ai grandi flussi economici e commerciali, dando sviluppo alle attività portuali e alla valorizzazione dell’area est come snodo intermodale, dando spazio ed incentivi all iniziativa privata senza falsi e dannosi pregiudizi.
Un accenno, solo per dare il senso di quello che solo il centrodestra può realizzare in alternativa al fallimento di una sinistra veteroideologica.