Il muro di Berlino, simbolo per antonomasia dell’annichilimento europeo, ha configurato una nuova realtà, nata in seno alla visione comunista da una parte e liberalcapitalista dall’altra. Queste, provenienti dalle medesime matrici culturali illuministe, si sono rilevate due facce della stessa medaglia: entrambe, hanno teso a sradicare l’identità dei popoli, ad annientare la spiritualità, a far prevalere il materialismo, l’interesse economico ed il superamento della tradizione; in nome del denaro ad ovest, in nome della lotta di classe ad est ma con le stesse, identiche, modalità di azione. Tutto ciò che prima era sogno, idea, mito e tradizione ancestrale europea, cedette il passo, cadendo vittima della sua stessa e ingombrante Storia.
Oggi, ciò che a noi resta di quel passato, è l’anelito sofferente di chi non ha saputo farsi interprete della vera coscienza europea, incurante dinanzi ai lasciti che le generazioni di caduti, di martiri, di eroi, di artisti e di navigatori avevano generosamente offerto. Quando gli eserciti russo e americano sono penetrati nel nostro Continente, hanno dato prova di come il denaro, le materie prime e la forza militare fossero in grado di ribaltare le carte in regola, confinando ciò che fino ad allora era stato protagonista a spettatore passivo di una tragicommedia dai risvolti drammatici. Ciò che a noi resta, a trent’anni di distanza dal quel 9 novembre 1989, è il sapore amaro di un’altra preziosa occasione persa: quella della riunificazione di un’Europa libera, sovrana e dei popoli.
Liquidato il comunismo e trionfato definitivamente il capitalismo, il Vecchio Continente ha acquisito i capisaldi del nuovo modello dominante, il cui ambizioso progetto delle patrie, sogno vivificante di milioni di anime, si è liquefatto nel contenitore sovranazionale dell’Unione europea, i cui unici vincoli sono quello monetario e affaristico: l’antitesi perfetta ad una visione romantica, verticale e identitaria della vita. Ciò che ha lasciato in eredità lo scontro tra i due blocchi, è la de-ideologizzazione politica, l’annientamento dello slancio rivoluzionario dei popoli e l’assoggettamento ad un materialismo atomizzante, manifestazione della nuova e vincente dottrina consumistica a stelle e strisce. L’Europa, insieme di valori e tradizioni, ha finito per fondersi nel contenitore polivalente dell’Unione europea, che altro non è se non la concretizzazione di un mercato unico, dell’abbattimento delle frontiere, della subalternità della politica rispetto all’economia, delle influenze d’oltreoceano e della riformulazione valoriale e storica in chiave di mero espressionismo geografico.
Quella in cui ci ritroviamo a vivere, vagheggiante di umanitarismo a Lampedusa e burocraticizzante a Bruxelles, è dunque una forma distorta della visione d’Europa. Quella che i nostri avi hanno edificato col sangue, non è lo spazio globalizzato privo di confini al mercimonio di speculatori e banchieri che siamo abituati a conoscere. Essa è una civiltà gloriosa con millenni di storia e 700 milioni di cittadini; è un’identità, una tradizione, un back ground culturale che affonda le sue radici nei primi insediamenti dei Celti, negli eterni insegnamenti dei Greci e nell’edificazione di un modello di società strettamente romano. L’Europa è dominio dei mari, della terra e del cielo attraverso abilità, ingegno, pragmatismo. Il nostro retaggio, sono il Sacro Romano Impero, le cattedrali medievali, il cristianesimo ed i pellegrinaggi, le crociate e le più belle architetture; sono Giotto e l’invenzione della prospettiva artistica, l’Umanesimo, il Rinascimento e la vita di corte; sono le grandi spedizioni e le più celebri scoperte, Leonardo da Vinci e le opere fiamminghe; sono le scogliere irlandesi, i templi greci e gli anfiteatri romani, i castelli e i borghi, il sentimento della natura e il senso estetico; Europa è gastronomia e buon vivere, rifiuto del caos ed esaltazione dell’ordine; è cavalleria, amor cortese e patrimonio letterario, mitologia e spirito di conquista; sono gli eroi delle Termopili e la battaglia di Lepanto contro gli Arabi; Giovanna d’Arco e Filippo II; i luoghi emblematici e le grandi rivoluzioni. L’Europa, la nostra, è il mai sopito spirito di conquista, la costruzione continua di avamposti di lotta, la custodia del fuoco; è coraggio, appartenenza, attitudine all’azione; è verticalità, universo di simboli, centro e ordine cosmico.
Ciò che ci è stato lasciato in consegna, è una civiltà immortale che rifiuta di consegnarsi al fatalismo del nostro tempo e che deve riscoprire – oltre la congrega di mercanti, speculatori ed i grigi apparati di governo – la sua più profonda essenza, radicata in una Weltanshauung che è immagine dell’Uomo e del Mondo. Un lascito, questo, che non può essere ignorato e che ci spinge a credere fermamente in un’Europa libera, unita e sovrana, padrona del suo destino e capace di riaffermare, hic et nunc, l’inviolabilità del suo retaggio culturale.