9 novembre ’89. Un’altra occasione persa per l’Europa dei Popoli.

Il muro di Berlino, simbolo per antonomasia dell’annichilimento europeo, ha configurato una nuova realtà, nata in seno alla visione comunista da una parte e liberalcapitalista dall’altra. Queste, provenienti dalle medesime matrici culturali illuministe, si sono rilevate due facce della stessa medaglia: entrambe, hanno teso a sradicare l’identità dei popoli, ad annientare la spiritualità, a far prevalere il materialismo, l’interesse economico ed il superamento della tradizione; in nome del denaro ad ovest, in nome della lotta di classe ad est ma con le stesse, identiche, modalità di azione. Tutto ciò che prima era sogno, idea, mito e tradizione ancestrale europea, cedette il passo, cadendo vittima della sua stessa e ingombrante Storia.

Oggi, ciò che a noi resta di quel passato, è l’anelito sofferente di chi non ha saputo farsi interprete della vera coscienza europea, incurante dinanzi ai lasciti che le generazioni di caduti, di martiri, di eroi, di artisti e di navigatori avevano generosamente offerto. Quando gli eserciti russo e americano sono penetrati nel nostro Continente, hanno dato prova di come il denaro, le materie prime e la forza militare fossero in grado di ribaltare le carte in regola, confinando ciò che fino ad allora era stato protagonista a spettatore passivo di una tragicommedia dai risvolti drammatici. Ciò che a noi resta, a trent’anni di distanza dal quel 9 novembre 1989, è il sapore amaro di un’altra preziosa occasione persa: quella della riunificazione di un’Europa libera, sovrana e dei popoli.

Liquidato il comunismo e trionfato definitivamente il capitalismo, il Vecchio Continente ha acquisito i capisaldi del nuovo modello dominante, il cui ambizioso progetto delle patrie, sogno vivificante di milioni di anime, si è liquefatto nel contenitore sovranazionale dell’Unione europea, i cui unici vincoli sono quello monetario e affaristico: l’antitesi perfetta ad una visione romantica, verticale e identitaria della vita. Ciò che ha lasciato in eredità lo scontro tra i due blocchi, è la de-ideologizzazione politica, l’annientamento dello slancio rivoluzionario dei popoli e l’assoggettamento ad un materialismo atomizzante, manifestazione della nuova e vincente dottrina consumistica a stelle e strisce. L’Europa, insieme di valori e tradizioni, ha finito per fondersi nel contenitore polivalente dell’Unione europea, che altro non è se non la concretizzazione di un mercato unico, dell’abbattimento delle frontiere, della subalternità della politica rispetto all’economia, delle influenze d’oltreoceano e della riformulazione valoriale e storica in chiave di mero espressionismo geografico.

Quella in cui ci ritroviamo a vivere, vagheggiante di umanitarismo a Lampedusa e burocraticizzante a Bruxelles, è dunque una forma distorta della visione d’Europa. Quella che i nostri avi hanno edificato col sangue, non è lo spazio globalizzato privo di confini al mercimonio di speculatori e banchieri che siamo abituati a conoscere. Essa è una civiltà gloriosa con millenni di storia e 700 milioni di cittadini; è un’identità, una tradizione, un back ground culturale che affonda le sue radici nei primi insediamenti dei Celti, negli eterni insegnamenti dei Greci e nell’edificazione di un modello di società strettamente romano. L’Europa è dominio dei mari, della terra e del cielo attraverso abilità, ingegno, pragmatismo. Il nostro retaggio, sono il Sacro Romano Impero, le cattedrali medievali, il cristianesimo ed i pellegrinaggi, le crociate e le più belle architetture; sono Giotto e l’invenzione della prospettiva artistica, l’Umanesimo, il Rinascimento e la vita di corte; sono le grandi spedizioni e le più celebri scoperte, Leonardo da Vinci e le opere fiamminghe; sono le scogliere irlandesi, i templi greci e gli anfiteatri romani, i castelli e i borghi, il sentimento della natura e il senso estetico; Europa è gastronomia e buon vivere, rifiuto del caos ed esaltazione dell’ordine; è cavalleria, amor cortese e patrimonio letterario, mitologia e spirito di conquista; sono gli eroi delle Termopili e la battaglia di Lepanto contro gli Arabi; Giovanna d’Arco e Filippo II; i luoghi emblematici e le grandi rivoluzioni. L’Europa, la nostra, è il mai sopito spirito di conquista, la costruzione continua di avamposti di lotta, la custodia del fuoco; è coraggio, appartenenza, attitudine all’azione; è verticalità, universo di simboli, centro e ordine cosmico.

Ciò che ci è stato lasciato in consegna, è una civiltà immortale che rifiuta di consegnarsi al fatalismo del nostro tempo e che deve riscoprire – oltre la congrega di mercanti, speculatori ed i grigi apparati di governo – la sua più profonda essenza, radicata in una Weltanshauung che è immagine dell’Uomo e del Mondo. Un lascito, questo, che non può essere ignorato e che ci spinge a credere fermamente in un’Europa libera, unita e sovrana, padrona del suo destino e capace di riaffermare, hic et nunc, l’inviolabilità del suo retaggio culturale.

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Leo Valerio Paggi
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Leo Valerio Paggi per La Voce del Patriota.

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