A Dio Baudo: simbolo di un’Italia che la Sinistra non vuole più

Con Pippo Baudo se ne va un pezzo d’Italia unita, popolare e autentica: la stessa che la destra difende e la sinistra deride

La morte di Pippo Baudo ha lasciato un vuoto enorme nella cultura italiana. Non solo perché se ne va un gigante della televisione, ma perché scompare un uomo che, con la sua voce, la sua presenza scenica e il suo carisma, ha incarnato per decenni un’Italia unita, popolare e autentica. Un’Italia che oggi sembra lontanissima e che la sinistra, con il suo disprezzo per la cultura tradizionale e popolare, non vorrebbe più.

Baudo non era un politico, non aveva tessere di partito né ambizioni istituzionali. Eppure, rappresentava quella coesione culturale che oggi la destra rivendica: valori comuni, identità e tradizioni. Era l’uomo che riusciva a tenere incollati davanti alla televisione milioni di italiani, che univa Nord e Sud, giovani e anziani, comuni e province. Una sorta di collante nazionale, fatto di musica, intrattenimento, ironia e cultura popolare.

La sinistra, invece, non ha mai guardato con favore a quel modello. Troppo “populista”, troppo “trash”, troppo “italiano”. Negli ambienti radical chic, Baudo e la televisione generalista venivano spesso derisi, come se non fossero abbastanza sofisticati per essere presi sul serio. Eppure era proprio quella cultura a creare una comunità nazionale.

Non è un caso che, oggi, la sinistra abbia abbandonato il terreno della cultura popolare per affidarsi ad altri strumenti. Non più i grandi eventi nazionali che parlano a tutti, ma talk show urlati, influencer social e “opinionisti” che di politica capiscono poco, o nulla, ma che garantiscono visibilità e applausi facili. È un modo di fare politica che divide, che crea tribù, che non cerca coesione ma solo l’ennesimo scontro.

La sinistra è sempre pronta a strumentalizzare “personaggi” quando servono a rafforzare la propaganda, ma altrettanto pronta a dimenticarli quando non sono più utili alla propria narrazione. Pippo Baudo non rientrava in questa logica. La sua carriera è stata un inno alla musica italiana, alla valorizzazione degli artisti emergenti, alla difesa delle nostre radici culturali. Baudo era orgoglio italiano, non piegato alle mode ideologiche. Proprio per questo rappresentava un’Italia che loro non vogliono più: un’Italia popolare, unita e orgogliosa di sé stessa.

Sorge spontanea una domanda: esiste oggi, in politica, una figura che sappia interpretare quel ruolo di collante nazionale, capace di parlare al popolo senza dividerlo? La risposta è sì, e porta un nome preciso: Giorgia Meloni.

Giorgia è oggi l’unica leader politica che riesce a mantenere un rapporto autentico con il popolo italiano. Non è un caso se, come lei stessa ha ricordato, per strada la gente continua a chiamarla semplicemente “Giorgia”. Non “Presidente del Consiglio”, non “Onorevole”, ma “Giorgia”. È il segno di una vicinanza reale, di una fiducia che non nasce dalla retorica, ma dall’essere percepita come una di noi.

Richiamando lo slogan che l’ha resa celebre e che è rimasto scolpito nella memoria collettiva, Giorgia è rimasta “donna, madre, italiana, cristiana”. Non si è trasformata in un’algida burocrate di Bruxelles, non si è elevata a una divinità distante, non ha rinnegato le sue radici per inseguire l’approvazione delle élite. È rimasta fedele a sé stessa, e proprio per questo viene riconosciuta come autentica.

Questa autenticità è la stessa che Baudo seppe incarnare nella cultura italiana: la capacità di parlare a tutti senza filtri, senza costruzioni artificiali, senza bisogno di maschere ideologiche. Baudo parlava al popolo italiano come Giorgia parla oggi agli elettori: senza divisioni, senza paura, senza rinunciare alla propria identità.

Ecco perché la sua scomparsa è anche un monito politico e culturale. Ci ricorda quanto sia fragile e preziosa l’identità italiana, quanto sia importante difendere ciò che ci unisce, e quanto sia pericoloso deridere o distruggere ciò che appartiene alla nostra tradizione.

La sinistra continuerà a preferire i talk show agli show popolari, gli influencer improvvisati ai conduttori capaci, le mode effimere alle radici solide. Ma c’è un’Italia che non ha smesso di credere nella propria cultura e nei propri valori. 

Pippo Baudo ne è stato un simbolo. Giorgia Meloni lo è oggi, in politica.

E forse, in questa continuità, c’è la vera eredità di Baudo: ricordarci che l’Italia ha bisogno di figure capaci di unire, non di dividere.

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Michele Intartaglia
Michele Intartaglia
Michele Intartaglia, classe 2004, originario di Procida. Studente di Scienze Politiche alla LUISS Guido Carli.

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