Abolizione degli Studi di settore? No, arrivano gli ISA che sono anche peggio

Con la Dichiarazione dei redditi 2019 debuttano gli Indici Sintetici di affidabilità fiscale, una vera e propria “pagella” che il fisco assegna a imprese e professionisti. Giorgia Meloni: “Gli ISA? Dalla padella alla brace”.

“Carta vince carta perde…venghino signori venghino”. E così, proprio come avviene nel gioco delle tre carte, il Governo del cambiamento, dopo aver rivendicato il merito di aver abolito l’odiato strumento degli Studi di settore, ben conosciuto da imprenditori e professionisti, ha introdotto gli Indici Sintetici di Affidabilità (ISA). Uno strumento per certi versi più invasivo e vessatorio del precedente, perché, si sa, in ogni gioco delle tre carte che si rispetti, si perde sempre.

Cosa sono e come funzionano gli ISA

Gli Indici Sintetici di Affidabilità sono il nuovo strumento per la lotta all’evasione fiscale con il quale stanno facendo i conti, nel vero senso della parola, le imprese e le partite IVA italiane nel presentare la dichiarazione dei redditi. Attraverso gli ISA l’Agenzia delle Entrate valuterà la loro affidabilità fiscale.

Introdotti dal Governo Gentiloni nel 2017, gli ISA sono stati resi operativi a partire da quest’anno dal Governo giallo-verde. Rispetto agli Studi di settore, cambia il nome ma il metodo rimane lo stesso: entrambi sono strumenti di valutazione su base statistica.

Gli Indici Sintetici di Affidabilità, infatti, sono degli indicatori costruiti con una metodologia statistico-economica basata su dati economici e informazioni contabili e strutturali relativi a più periodi d’imposta, che forniscono una valutazione complessiva sulla affidabilità fiscale del contribuente, graduata su una scala di valori da 1 a 10.

Dati e informazioni che le imprese e i professionisti soggetti agli ISA devono comunicare all’Agenzia delle Entrate in sede di dichiarazione dei redditi.

La metodologia utilizzata per elaborare gli ISA tiene conto di una pluralità di indicatori, sostanzialmente riconducibili a due gruppi:

  • “indicatori elementari di affidabilità”, che valutano l’attendibilità di relazioni e rapporti tra grandezze di natura contabile e strutturale e possono assumere un valore compreso tra 1 e 10;
  • “indicatori elementari di anomalia”, che segnalano situazioni di gravi incongruenze contabili e gestionali o disallineamenti tra dati e informazioni presenti nei diversi modelli di dichiarazione, o che emergono dal confronto con banche dati esterne.

L’Indice sintetico di affidabilità è dato dalla media del valore dei singoli indicatori elementari e rappresenta il posizionamento del contribuente: più alto sarà il valore dell’indice, maggiore sarà l’affidabilità fiscale.

Livelli minimi dell’indice di affidabilità: cosa succede?

Con il provvedimento 10 maggio 2019 dell’Agenzia delle Entrate, sono stati fissati i livelli minimi di affidabilità fiscale. Proprio come nelle pagelle scolastiche, il 6 significa la sufficienza, anche se, in questo caso, molto striminzita.

Infatti, nel definire le proprie strategie di controllo, l’Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza terranno conto di un livello di affidabilità minore o uguale a 6.

Una bassa affidabilità fiscale costituisce, quindi, un elemento che può indurre Agenzia delle Entrate e Guardia Finanza ad attenzionare un dato professionista, una data impresa, a indirizzare verso di loro i rispettivi controlli, in quanto considerati soggetti a maggior rischio di evasione.

Tranquilli però. Nel caso di “voto basso”, è sempre possibile correggere e integrare spontaneamente i dati comunicati al Fisco, magari indicando ulteriori redditi per migliorare la propria “pagella” di affidabilità. Cosa sarà spinto a fare il contribuente per evitare di finire sotto l’occhio indagatore dell’Agenzia delle Entrate?

Invece, per i contribuenti “virtuosi”, ovvero quelli con livelli di affidabilità fiscale pari almeno ad 8, sono previste una serie di “premialità”, come ad esempio l’esclusione dagli accertamenti di tipo analitico-presuntivo, la riduzione dei termini per l’accertamento e l’esonero, entro i limiti fissati, dall’apposizione del visto di conformità per la compensazione dei crediti d’imposta.

Questo è il regalo fatto dal Governo a imprenditori e professionisti, che non hanno nemmeno avuto il tempo di esultare per  l’abolizione degli Studi di settore. E che sperano, cosa strana anche solo da dire, di non doverli rimpiangere.

Meloni: “Il Governo si occupi della grande evasione”

Sul tema degli ISA è intervenuta anche Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, che ha dichiarato: “Con il Governo del cambiamento siamo caduti dalla padella alla brace: ci avevano promesso l’abolizione degli studi di settore, invece sono arrivati gli ISA (Indici Sintetici di Affidabilità) che sono molto più invasivi e che insieme alla super anagrafe tributaria realizzano l’incubo del grande fratello fiscale. Uno strumento vessatorio e per di più inutile nella lotta all’evasione fiscale, dato che tutti i principali studi affermano che solo circa il 10% dell’evasione complessiva deriva dal mondo delle partite Iva e delle PMI. Come sempre, anche in questo caso contestiamo il metodo della lotta all’evasione, non il merito. Se Tria e il Governo vogliono rendersi utili, si occupino della grande evasione, si occupino piuttosto delle “frodi carosello” che secondo una recente ricerca internazionale costano alle casse dello Stato italiano la cifra mostruosa di 35 miliardi di euro l’anno. Altro che idiozie come ISA, fattura elettronica, scontrino elettronico, risparmiometro. Pensassero alle cose serie”.

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