Aborto. Infuria la battaglia per la vita alla Corte Suprema americana.

Nel febbraio scorso, la Corte Suprema americana presieduta dal giudice Samuel Alito, ha stilato un documento che potrebbe avere ripercussioni in tutto il mondo Occidentale. In particolare, l’argomento di fondo viene così sintetizzato: «La Costituzione non fa alcun riferimento all’aborto, e tale diritto non è implicitamente tutelato da alcuna disposizione costituzionale”. In pratica, si vuole annullare la famosa sentenza di Roe vs Wade, che nel 1973 ha reso l’aborto un diritto costituzionale negli Stati Uniti, facendo poi il giro del mondo. A giugno i nove giudici la dovrebbero votare e cinque di essi (repubblicani che rappresentano la maggioranza) si sono schierati con Alito.
Se dovesse passare si direbbe si alla vita, dando giustizia a quei quasi 50 milioni di anime e corpi uccisi ogni anno, ponendo il freno alla mostruosa macchina di denaro che tale pratica frutta in America oltre un miliardo di dollari. In Europa, Simone Veil creò un sistema analogo ancora in atto.
Perché l’aborto è un crimine senza se e senza ma, e chi uccide i propri figli che rappresentano la continuità della società, in nome di fantomatici diritti individuali, non ha futuro: ogni civiltà che nella storia abbia avuto un tasso di natalità inferiore all’1.9 ha cessato di esistere. Noi europei siamo appena sopra l’1, e ciò è una catastrofe antropologica.
A riguardo di tale tema, leggiamo Pier Paolo Pasolini. In un suo articolo del 19 gennaio 1975 denominato “Il coito, l’aborto, la falsa tolleranza del potere, il conformismo dei progressisti”, dichiarava: “Sono però traumatizzato dalla legalizzazione dell’aborto, perché la considero, come molti, una legalizzazione dell’omicidio. Nei sogni, e nel  comportamento quotidiano – cosa comune a tutti  gli uomini – io vivo la mia vita parentale, la mia felice immersione nelle acqua materne: so che là io ero esistente.  (…). Che la vita sia sacra è ovvio: è un principio più forte  ancora che ogni principio della democrazia, inutile ripeterlo.
E ancora ripete Pasolini: “…nel contesto democratico, si lotta, certo, per la maggioranza, ossia per l’intero consorzio civile, ma si trova che la maggioranza, nella sua santità, ha sempre torto: perché il suo conformismo è sempre, per propria natura, brutalmente repressivo”.
Il vero anticonformista – oggi come ieri – non è il progressista senza radici e senza confini, ma colui che fa della Tradizione, è dunque della difesa della vita contro la cultura della morte propignata oggi dal mainstream, la propria effige. Prosegue ancora Pasolini: “Il contesto in cui va inserito l’aborto è quello appunto ecologico: è la tragedia demografica, che, in un  orizzonte ecologico, si presenta la più grave minaccia di sopravvivenza dell’umanità.”.
A tal riguardo, nel 2016, dati preoccupanti sono stati diffusi dal periodico “Lancet”: l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima 56 milioni di aborti ogni anno, in aumento di 6 milioni rispetto ai dati rilevati negli ultimi decenni del Novecento. In Italia, sempre secondi i dati pubblicati su “Lancet”, emerge che il tasso di aborti è di 9 ogni mille donne in un gap di età tra i 15 e i 44: un dato che va diminuendo ogni anno, parallelamente all’aumenti degli obiettori di coscienza, anche se ogni anno quasi 100 mila aborti vengono praticati.
Chi di fronte all’evidenza e al tema demografico tornato in auge, non vuole capire che l’aborto è il primo motivo del tasso negativo demografico, è accecato dall’ideologia e non la Pietas.
Se non esiste la Pietas verso l’inerme, verso il più indifeso, verso il senza voce non ancora nato ma già vivo, per ciò che è la tenerezza stessa e soprattutto per ciò che è stato anche Dio nel mistero dell’Incarnazione, per che cosa ci potrà essere Pietas ?

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2 Commenti

  1. Direi un discorso condivisibile, espresso molto bene ed educatamente quanto intelligentemente. Una cosa non capisco, “perchè a parlarne, pro e contro sono quasi sempre “gli altri” e non gli interessati, in questo caso le interessate?.

  2. Non si può essere d’accordo su tutto e sulla amara Legge sull’aborto non condivido quanto scritto nell’articolo. E non perché non sappia e non pensi quanto è amaro e drammatico scegliere di abortire, ma perché so che tante donne, anche credenti, si son ovista costrette a farlo perché quei figli possibili sono arrivati in momenti difficili della loro vita. E quelle che ho conosciuto che sono dovute ricorrere all’aborto clandestino perché la Legge 194 del 1978 ancora non c’era sono state più male di quelle che l’hanno potuto fare in una struttura sanitaria con tale Legge. E’ per me inaccettabile la frase “per ciò che è stato anche Dio nel mistero dell’Incarnazione” perché essa presuppone che dobbiamo essere tutti convinti che esiste un Dio che si interessi all’Uomo, ai suoi sentimenti e pensieri, non solo, ma che sia il Dio che si è incarnato nel predicatore Cristo. Mentre c’è gente come me che ha iniziato la vita con tali insegnamenti ma nel corso della sua esperienza esistenziale ha dovuto arrendersi al fatto che ciò altro non è che una bella favola consolatoria. Né per me è accettabile l’esempio etico di un Pasolini dato il suo vissuto, non già da omosessuale, condizione umana non voluta, ma che si può vivere con dignità se non si vuole viverla in castità, ma proprio per come lui l’ha vissuta, comprando prostituti che, non essendo omosessuali, si piegavano per soldi ai suoi voleri, provando schifo di sé e di lui, e la sua morte è stato l’epilogo di simile vita contradittoria. Fate parlare di aborto le donne. Ma quelle che sono state costrette a scegliere quella via per le loro vicissitudini personali non ne parlano volentieri, è una ferita personale ed intima, né lo reclamano come un diritto, piuttosto è un dovere della società permettere loro di farlo tramite il SSN per non aggiungere umiliazione al dolore.

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