Aggredire il declino e raggiungere la bellezza come orizzonte

Una civiltà sana si vede principalmente dall’impegno di un popolo nella conservazione delle proprie radici. Indro Montanelli aveva ragione: una società incapace di custodire il proprio passato perché ignorante verso di esso è condannata al servilismo. Per molto tempo le realtà  europee e nordamericane hanno subito l’inibizione a causa di una politica on-demand, primo garante del consumo in base alle richieste del cittadino. Attenzione, parliamo di richieste, non dei veri e propri bisogni. L’illusione che il futuro di uno Stato possa realizzarsi soltanto attraverso lo svilimento degli eventi che l’hanno reso unico ed importante, è da considerarsi un primo passo verso l’abisso. Durante il Novecento, le culture ponentine hanno visto mescolarsi tra loro una quantità immane di eventi ed ideologie dogmatiche, complici dell’indigestione valoriale dell’umanità contemporanea.

Una smisurata quantità di guerre, così come il processo di globalizzazione iniziato già dagli anni ‘90 e compreso fin troppo tardi, hanno contribuito a gettare sale sul terreno della nostra vita perché più nulla vi crescesse in superficie. Abbiamo dimenticato i concetti di Patria e Nazione, così come i significati che li legano vicendevolmente, rendendoli l’unione perfetta per il vero e proprio sviluppo dell’avvenire.

Negli ultimi anni abbiamo subito il contraccolpo di quello che in molti spacciano per progresso, inconsapevoli del fatto che questa parola spesso venga utilizzata per indicare un modo diverso ed esclusivamente critico di vedere il passato per un capriccio d’impostazione marxista. Pretendere che fino a questo momento tutto sia stato sbagliato e che ci sia bisogno di un nuovo ordine da mantenere, oltre che spaventoso, rende l’idea di come il pensiero unico sia riuscito a sfruttare il disinteresse dell’individuo per impadronirsi della scienza storica.

Le rivoluzioni possono verificarsi dal basso, ma sarebbe assurdo pensare che queste possano accadere soltanto in quel modo: il vero cambiamento è rappresentato dall’unità della gente che abita un preciso territorio, così come nella sua prontezza per la difesa di un confine. Necessario, ora più che mai, accertarsi che dopo il tramonto e la notte risorga nuovamente l’alba ed il giorno: senza questa sicurezza, si è destinati completamente verso il fallimento.

Comprendere l’inesistenza dei popoli eletti è il primo passo per costruire la pace tra i popoli, attraverso un diplomatico principio diplomatico della non-aggressione, a patto che le libertà e la legge e la vera laica giustizia venga rispettata da ognuno. L’interesse economico per la guerra è una cancrena inammissibile, capace di devastare qualsiasi costruzione positiva di una comunità nazionale. Per fare tutto questo, però, c’è bisogno di prendere dimestichezza con il significato di tutto quello che le popolazioni occidentali hanno di fronte a loro: la natura come solco, l’eccellenza come fine, la bellezza come orizzonte. Nelle parole di Dominique Venner c’è davvero tutto, un monito per il recupero delle tradizioni esatte, utili per l’edificazione degli stili di vita sani, nel rispetto delle risorse, dell’arte e della cultura intesa nel senso più ampio del termine.

Per garantire una ripartenza in questi termini, bisogna aver il coraggio di “Aggredire il declino”, ma quale esattamente?  Da tempo siamo bersagliati dalle convinzioni della nuova sinistra, secondo cui la famiglia tradizionale, composta da due generi diversi, non sia nient’altro che una costruzione  inventata e destinata al superamento attraverso il Woke e da un femminismo che non c’è. La sostituzione della produzione economica locale con misure assistenziali che non hanno nulla a che vedere con l’etica del lavoro e la nobiltà d’animo intrecciata con esso. Potremmo dilungarci a non finire, ma l’obiettivo non è quello di scrivere un libro sugli errori della neo-socialdemocrazia dell’ovest.

Custodire il sacro fuoco attraverso la dimestichezza con la propria lingua ed i propri costumi, per non vedersi utili idioti di un sistema distopico che ricorda l’ambientazione di Fahreneit 451, capolavoro dello scrittore americano Ray Bradbury. Per sconfiggere il mostro senza sonno che si nasconde dietro l’accezione di “Nulla”, bisogna recuperare la stella pollare annebbiata dalle sue nubi tossiche. Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.

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Gabriele Caramelli
Gabriele Caramelli
Studente universitario di scienze storiche, interessato alla politica già dall’adolescenza. Precedentemente, ha collaborato con alcuni Think Tank italiani online. Fermamente convinto che “La bellezza salverà il mondo”.

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