Ci risiamo: i temporali sono tornati a devastare l’Emilia Romagna. Stato di emergenza e allerta rossa: la zona più colpita risulta essere il Ravennate, più di 1500 gli sfollati. Anche in questo caso, era una tragedia annunciata: a soli 16 mesi di distanza dall’ultima tremenda alluvione, l’Emilia Romagna non ha retto l’urto del ciclone Boris. Da Sergio Mattarella arriva il grazie a “tutti coloro che si stanno adoperando per aiutare chi si trova in condizioni difficili”. Ma non si può correre sempre ai ripari: qualcosa evidentemente non è andato come doveva. Dove sono finiti i fondi stanziati un anno fa dal governo per aiutare la Regione alla ricostruzione e alla manutenzione dei corsi d’acqua? Sommando le dichiarazioni di tutti gli attori in campo, la risposta che risulta è uno scarno “non si sa”.
Lo scaricabarile dei DEM
O meglio, i fondi c’erano e il governo li ha stanziati, usufruendo anche dell’aiuto economico dell’Europa, con Giorgia Meloni che, facendo visita agli alluvionati, portò con sé nel fango emiliano anche Ursula von der Leyen. Dalla Regione, che avrebbe dovuto gestire quei fondi, però, fanno scaricabarile. Irene Pirolo, sostituta di Bonaccini, già assessore al dissesto idrogeologico, ha assicurato che “sono stati fatti tantissimi cantieri” e che “tutta la manutenzione possibile sui fiumi è stata fatta”. Ma è sotto gli occhi di tutti che qualcosa è andato storto. Sul fronte nazionale, oltre il prontissimo Bonelli, parla anche Elly Schlein: per lei, “Giorgia Meloni aveva fatto, più di un anno fa, una inutile passerella con gli stivali nel fango a promettere 100% di ristori a famiglie e imprese che non sono mai arrivati. Non hanno messo risorse adeguate. Il governo prima ancora che ridicolo è indecente”. La segretaria del PD è stata assessore al clima e alla transizione prima di spostarsi sulla politica nazionale. Oltre a essere materia di sua competenza, dunque, fu eletta proprio nei territori alluvionati. Lei però, l’anno scorso, non fu proprio vista arrivare: consapevole di perdere a mani basse il confronto con Giorgia Meloni, piuttosto che visitare i suoi conterranei si rifugiò in montagna, in vista a un comune delle colline emiliane preso di striscio dal nubifragio e lontano dalle zone dove, invece, si spalava anche a mani nude.
Ritardi, fondi non spesi, ostruzionismo
Torniamo alla questione dei fondi. Perché il ministro per la protezione civile e per le politiche del mare, Nello Musumeci, non è proprio d’accordo con quanto esposto dalla segretaria: “La protezione civile ha distribuito e ripartito alle Regioni un miliardo e 200 milioni negli ultimi due anni, l’abbiamo fatto agli inizi del 2023 e sono fondi del Pnrr. Alla Regione Emilia Romagna sono andati complessivamente oltre 90 milioni di euro, 30 milioni e 568mila per ricoprire interventi che erano già stati progettati e anche avviati con cantieri, 61 milioni e 136mila per rimuovere interventi legati alla messa in sicurezza del territorio. Io credo che non sia un problema di risorse ma un problema di programmazione, di progettazione, di mettere in cantiere e trasformare le idee in azione”. Vuol dire, in altre parole, che se c’è qualcuno che non ha agito, questa è la Regione.
Alla Nazione, il viceministro alle Infrastrutture Galeazzo Bignami ha reputato “incredibile sentire la Regione che prova a scaricare le colpe sul governo”. La responsabilità su argini, fiumi e corsi d’acqua è infatti “solo della Regione Emilia Romagna”. La negligenza della Giunta di Bonaccini è plateale quando si parla di consegna dei dati: “Benché – ha detto Bignami – sia stato chiesto quattro volte (due volte da Meloni, una da Musumeci e una da me) e benché siano trascorsi 500 giorni la Regione non ha mai trasmesso a Roma i dati sullo stato del reticolo idrografico pre-alluvione, utile per poi approntare i piani speciali”. Dunque, dal giorno dell’alluvione dello scorso anno, il Pd locale è rimasto totalmente immobile e non ha provveduto alla manutenzione necessaria dei corsi d’acqua, che al primo acquazzone post-estivo si sono di nuovo ostruiti.
In più si parla anche (addirittura) di ostruzionismo in merito al rifiuto della Regione, dopo la richiesta del governo, di destinare all’emergenza climatica alcuni dipendenti destinati alla ricostruzione: ne sono in tutto 185, il terremoto c’è stato undici anni fa ma a quanto pare anche lì si è in ritardo. Infine, 219 dovevano essere le persone assunte grazie all’esecutivo per lavorare sul tema, la Regione ha sbloccato la loro assunzione solo tre mesi dopo. È questo il classico problema delle Regioni poco virtuose che non sanno spendere le risorse che ricevono.