Processi infiniti, pentiti fragilissimi, la graticola mediatica, la gogna politica, quindi il nobile gesto di rinuncia alla prescrizione, fino alla sentenza-beffa finale. Al termine di un’odissea giudiziaria durata sedici anni, nel dicembre del 2023 l’ex ministro Mario Landolfi vede chiudersi l’ultima possibilità di dimostrare la propria innocenza con il rigetto del ricorso in Cassazione sulla condanna a due anni per corruzione in una vicenda di assunzioni “di scambio” nella sua roccaforte elettorale. Landolfi esce pulito dalle accuse di collusioni mafiose, di favoreggiamento e di truffa ma arriva una “sentenzina” inverosimile che lo condanna al minimo di pena ma di fatto lo esclude dalla vita politica dopo una decennale carriera parlamentare con incarichi di primissimo piano.
In questo libro, il racconto di un uomo perbene, di una passione politica stroncata da una giustizia lenta e miope, ma anche la denuncia di un sistema da riformare che tiene in ostaggio la politica e che la stessa politica utilizza per consumare le sue vendette, come sottolinea nella prefazione Alessandro Barbano, ex direttore dei quotidiani “Il Messaggero” e “Il Mattino”.
Un processo infinito tra gogna mediatica e graticola politica
Un processo infinito che si dipana tra accuse cervellotiche, pentiti fragilissimi, gogna mediatica e graticola politica. Poi la rinuncia alla prescrizione, la prima camera di consiglio con sorprendente ”fumata nera”, il ritorno in aula dell’unico accusatore e, alla fine, la sentenza-beffa.
Al termine di un’odissea giudiziaria descritta come ”surreale”, e durata sedici anni, nel gennaio del 2023 l’ex ministro delle Comunicazioni Mario Landolfi deve arrendersi al verdetto della Cassazione che dichiara inammissibile il suo ricorso contro la condanna a due anni inflittagli dalle Corti di merito per la corruzione di un consigliere comunale ”colpevole” di dimissioni a un mese dalla scadenza del civico consesso di Mondragone, sua roccaforte elettorale. Landolfi esce pulito dalle accuse di collusioni mafiose e di favoreggiamento, ma non dal reato di corruzione.
La montagna ha partorito il classico topolino, che si rivela tuttavia sufficiente a far imboccare all’ex ministro la via dell’esilio politico. Ma di questo processo sicuramente surreale oggi si torna a parlare grazie a un’inchiesta giornalistica che richiama il tema ancora attualissimo del ”pentitismo” di comodo, che evoca periodi bui della giustizia legati al caso Tortora.
Anatomia di un’ingiustizia
È in libreria ”Anatomia di un’ingiustizia. Il processo a Mario Landolfi’‘ (Guida Editori, pp. 220, 18 euro) del giornalista Luca Maurelli, il racconto del calvario giudiziario di un uomo perbene, di una passione politica stroncata da una giustizia lenta e miope ma anche la denuncia dell’intreccio incestuoso tra politica e magistratura, spesso inconfessabile, reciproco, spesso utilizzato dai due ”poteri” dello Stato per regolare i propri conti con i pm considerati ”avversi”.
Nel profondo Sud, costantemente esposto al pregiudizio della contaminazione mafiosa, in una zona della Campania ”bella e impossibile” e da sempre identificata con l’anti-Stato con i suoi clan e con le sue ”terre dei fuochi”, il litorale domizio del Casertano, inizia e si sviluppa la carriera politica – ricostruita nel libro – del giovane Mario Landolfi, già enfànt prodige della destra campana, che al culmine di una lunga militanza cominciata negli anni Settanta, nel 1994 arriva in Parlamento.
È solo l’inizio: Landolfì sarà prima presidente della Commissione di Vigilanza Rai, poi portavoce di Alleanza Nazionale, quindi ministro delle Comunicazioni negli anni ruggenti del berlusconismo e della contrapposizione durissima con la sinistra e con le cosiddette toghe rosse.
Sedici anni di “calvario giudiziario”
A dispetto del ”calibro” nazionale del protagonista, tuttavia, sarà un ”fatterello di paese” a innescare un’inchiesta e un processo che dureranno sedici anni e che scorreranno in parallelo alla vicenda giudiziaria di Nicola Cosentino, plenipotenziario di Berlusconi in Campania. Ma mentre quest’ultimo risponde di concorso esterno, a Landolfi viene contestato un solo episodio: l’assunzione in una delle aziende legate ai Casalesi della moglie del consigliere dimissionario. Un ”fatterello di paese”, appunto, su cui pende, però, il macigno dell’aggravante mafiosa.
A favore dell’ex ministro, che prima rende pubbliche tutte le intercettazioni telefoniche di cui il Parlamento ha negato l’utilizzo e che poi rinuncia alla prescrizione, testimoniano sia l’anti-Stato, attraverso il boss compagno di giochi d’infanzia, Augusto La Torre, sia lo Stato con la ”S” maiuscola, incarnato dal magistrato che per primo aveva sfidato i Casalesi: Raffaele Cantone.
È questa singolare convergenza a sollevare Landolfi dal peso del sospetto della collusione con i clan. Ma non a mandarlo del tutto assolto. Per infliggergli i due anni ai giudici basta infatti la testimonianza di un pentito dalla memoria intermittente, definito ”preciso, puntuale e analitico” nonostante le decine di ”non ricordo” pronunciate nelle varie udienze.
Polo Sud presenta il libro a Napoli
L’associazione Polo Sud presenterà Anatomia di un’ingiustizia – Il processo a Mario Landolfi venerdì 31 gennaio alle 16,30 nella Sala Catasti dell’Archivio di Stato di Napoli. «Si tratta di un libro coraggioso, che denuncia una storia tanto allucinante quanto dimenticata. Una vera esecuzione per via giudiziaria che ha espulso dalla vita pubblica una delle più belle intelligenze politiche della Campania oltre che una persona perbene che, per altro, da imputato, aveva persino rinunciato alla prescrizione», ha sottolineato Amedeo Laboccetta, presidente di Polo Sud per il quale il caso che ha coinvolto l’ex-ministro delle Comunicazioni «tratteggia come pochi altri la mostruosità dell’attuale macchina giudiziaria».