Arrivano da Oltralpe conferme sulla buona strategia di politica internazionale attuata dal governo Meloni. “Il primo ministro italiano Giorgia Meloni rifiuta saggiamente l’accordo con la Cina”: così infatti titola il Washington Times, giornale a stelle e strisce, riguardo la decisione del governo italiano, ufficializzata a inizio dicembre, di non riconfermare la nuova Via della Seta, l’accordo a cui l’Italia aveva aderito nel 2019. L’Italia è stata la prima Nazione fondatrice dell’Unione Europea e facente parte del G7 a siglare il Memorandum d’intesa con la Cina grazie al lavoro dell’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte e del ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Le aspettative erano altre: ci si aspettavano, grazie a un aumento dei flussi commerciali tra i due Paesi, circa 20 miliardi di euro tra diretti e indotto, cifre che forse avevano abbagliato l’attuale leader grillino. I risultati infatti sono stati diversi, complici probabilmente anche pandemia e freddezza statunitense sul tema: nessun investimento della Cina nelle infrastrutture italiane, un aumento quasi irrisorio degli export italiani verso la Cina ma una considerevole crescita delle importazioni da Pechino verso l’Italia, aumentate da 32 a 58 miliardi. Il risultato dunque è stato solo un allargamento del già grande divario tra importazioni ed esportazioni. “Conte – aveva dichiarato Giorgia Meloni pochi giorni dopo il ritiro dell’Italia dalla Via della Seta – ci deve spiegare la ragione per la quale noi siamo l’unica Nazione che ha aderito alla Via della Seta ma non siamo la Nazione che ha gli interscambi maggiori con la Cina neanche tra le economie europee”, convinta anch’ella del fatto che “lo strumento della Via della Seta non abbia dato i risultati che erano attesi”.
Campanelli d’allarme sono giunti dallo stesso Washington Post che, oltre aver decretato il fallimento dell’accordo dal versante italiano e occidentale, ha definito la Belt and Road Initiative, la Via della Seta appunto, uno strumento utilizzato dalla Cina per rafforzare la sua influenza non solo in Italia ma in tutta Europa. “Pechino – si legge – ha utilizzato la Via della Seta per dividere ed emarginare l’Europa, acquistando porti e altre infrastrutture cruciali, monopolizzando il mercato delle telecomunicazioni e di altri importanti settori commerciali e spingendo le Nazioni europee a competere per attenzione e accordi con la Cina piuttosto che lavorare insieme nel loro miglior interesse”. Chissà quali interessi, insomma, hanno spinto il governo giallo-rosso a siglare un tale accordo con la Cina, ma certo è che se non ci fosse stato l’annullamento del Memorandum, l’accordo sarebbe stato automaticamente riconfermato e l’Italia (e l’Europa) avrebbero sofferto una sempre crescente ingerenza cinese.
L’obiettivo ora non è affatto quello di lasciare i commerci con la Cina: “Penso che si debbano mantenere e migliorare i rapporti di cooperazione commerciale ed economica con la Cina”, aveva ricordato il premier italiano, ma per ora aver rotto l’accordo della Belt and Road è stato, come si legge sul Washington Times, “un regalo di Natale” di Giorgia Meloni “ad un’Europa libera e prospera”.