Autorevoli commentatori economici dell’eurozona hanno fatto una similitudine calzante, paragonando i livelli del Reno, attualmente bassi, con la Germania che comincia ad intravvedere la recessione. Molti infatti sostengono che i due parametri siano collegati. Non a caso, il Reno è un’arteria fondamentale per il trasporto di molti beni in e attraverso il paese, in particolare per le industrie chimiche ed energetiche. Immaginare però che tutto si risolva con l’innalzarsi delle acque del Reno, potrebbe non essere ragionevole. Così come giustificare la decrescita dell’economia tedesca nel terzo trimestre con il problema “temporaneo” delle norme sui test delle emissioni auto – mazzata su un settore già travagliato di suo – può magari consolare, ma solo momentaneamente.
La verità è che l’economia tedesca ha rallentato, e nemmeno poco, ed essendo Berlino la potenza economica dell’eurozona, i riflessi si sono avvertiti anche nel resto dei membri UE. Così, come riflesso dei dati tedeschi con gli ordini di produzione diminuiti solo a novembre dell’1% e cioè di un +0,6% rispetto da quanto stimato dagli economisti, arrivano notizie pessime anche dalla Francia. Probabilmente anche per colpa delle tante proteste dei gilet gialli che hanno bloccato produzione e vendita in molte città e in molti momenti clou per l’economia, nella repubblica di Macron la produzione industriale è scesa di un robusto 1.3% in un periodo in cui si stimava invece una crescita.
Trovare una risposta concreta ed esaustiva al perché del rallentamento dell’economia tedesca che potrebbe estendersi anche a lungo termine, non è semplice, ma probabilmente è da imputarsi a un rallentamento globale. Non a caso i prezzi delle materie prima e del petrolio sono crollati, lasciando immaginare che il commercio globale abbia incontrato blocchi generalizzati e non solo quelli creati da Trump con la sua voglia di mettere dazi ai cinesi. Dice Felix Huefner di UBS: “Il commercio globale non ha praticamente smesso di deteriorarsi durante l’anno. Questo indebolimento a livello generale sembra offuscare qualsiasi rimbalzo che potremmo sperare di ottenere per ragioni tecniche, proprio a causa dello standard di test delle emissioni. Più i dati si indeboliscono e meno si può dire che questo sia dovuto a fattori speciali.”
Tutto ciò ha dato origine a una tendenza nell’eurozona che gli economisti hanno cominciato a notare all’inizio dello scorso anno, quando i vari fattori dell’economia hanno iniziato ad evidenziare un’attenuazione. La domanda per le esportazioni tedesche è diminuita lentamente, tanto che l’anno scorso la situazione non era allarmante. Perciò, per chi ha individuato in questo il problema di fondo, in tutto ciò c’entra poco la voglia di protezionismo, anche se quest’ultimo aiuta le tendenze al ribasso.
Il quarto trimestre del 2018 è stato “orribile” per l’eurozona, afferma Claus Vistesen al Pantheon Macroeconomics. È, a suo avviso, altamente probabile che la Germania abbia avuto una recessione tecnica nei due trimestri consecutivi in cui l’economia lo scorso anno è indietreggiata. Eppure gli economisti ancora sperano. Hai visto mai che davvero superata la pressione sul comparto auto i problemi non si attenuino. Una speranza o una previsione? Comunque, sono tutti d’accordo col sostenere che la possibile recessione non dovrebbe essere grave come il dramma del 2009 o addirittura come la crisi del debito sovrano dell’eurozona del 2011, ma i dati attuali devono essere in ogni caso presi sul serio, e non sottovalutati.
“Se al produzione diminuisce ancora, la disoccupazione aumenterà magari di poco, ma aumenterà”, dice Vistesen. In materia, gli ultimi mesi avevano fatto registrare dati molto positivi per l’eurozona. Tuttavia, questi dati tendono a mascherare altri indicatori, come la disoccupazione giovanile in Italia, Spagna e Grecia, rimasta sempre su valori superiori al 30%. Alla luce di questi fatti, i dati risultano così negativi che non c’è dubbio che debbano essere presi in considerazione per una revisione al ribasso delle previsioni ufficiali. Quindi, non solo la previsione autunnale della Commissione europea per un’espansione all’1,9% dell’eurozona nel 2019 deve considerarsi troppo ottimistica, ma anche la più ragionevole previsione dell’1,7% della Banca Centrale europea del dicembre scorso appare ora sovrastimata. Meglio attenersi alla media stimata da Bloomberg e raccolta presso gli economisti di una crescita all’1,6 punti percentuale.