Mario Gioda torinese, tipografo, giornalista nasce anarchico e muore fascista.
In questa biografia che l’autore, Luca Bonanno, gli dedica scopriamo tutta la vita di questo alfiere della generazione che maturò al fuoco della trincea durante la Grande Guerra.
Scrive agli inizi del ‘900 <<Noi siamo nazione libera (quasi tutta) da servitù straniere e come cittadini della nazione abbiamo (voce ironica nel presente stato!) il diritto di discutere sul serio gli interessi che ci riguardano […]>>. Parole che ben si adattano ai tempi odierni.
Scopriamo il Gioda anarchico che entra presto in conflitto con questo mondo a causa del suo essere favorevole all’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra. Partendo da un semi interventismo in cui considera l’uso delle armi solo nel caso in cui <<l’Austria imprevedutamente, un giorno anche osasse turbare altrimenti e sciaguratamente le nostre case>>; passa a parteggiare per essa scrivendo <<il fallimento dell’opposizione socialista e democratica […] ci pone il problema […] di difendere domani la nostra casa da qualsiasi minaccia contro la integrità di essa>>.
Articolo che gli costa la “scomunica” del mondo anarchico, e una furiosa polemica con l’anarchica Giacomelli e Luigi Fabbri, in cui viene spalleggiato da Maria Rygier, Oberdan Gigli e Massimo Rocca. Un Gioda che però non si cura molto di questi attriti essendo un solitario che afferma in una lettera proprio a Rocca <<mi basta avere la stima e l’amicizia dei pochi amici e dei pochissimi compagni che conosco>>.
Passaggio naturale, dopo essere stato riformato per insufficienza toracica, il partire per la guerra tanto auspicata: <<Oggi è Pentecoste. […] I fantasmi della guerra s’approssimano ad acciuffare, fusi nella realtà, le loro speranze ideali>>, scrive nel suo diario, mai pubblicato, di cui l’autore ci riporta alcuni stralci. In questo diario leggiamo le sue premura attenzioni verso l’adorata moglie, il suo sarcasmo, il suo attaccamento a Mussolini <<Egli è ancora una volta veramente all’avanguardia!>>.
Sbocco naturale, alla fine della guerra, è il suo confluire all’interno del fascismo, e la fondazione, dopo pochi giorni dall’adunata di piazza San Sepolcro, del Fascio di Torino. Vita turbolenta all’interno di esso per via dei frequenti scontri con il monarchico De Vecchi; mentre quest’ultimo parteggiava per la borghesia e le grandi famiglie industriali, Gioda era un figlio del popolo, vicino al sindacalismo proletario. Infatti nei primi anni di vita del Fascio di Torino riprenderà una vecchia polemica, iniziata nel periodo della Guerra contro i padroni della Fiat definiti “lucratori di sopraprofitti di guerra”.
Il peggiorare delle condizioni di salute lo porta prematuramente alla morte, causa leucemia, nel 1924, pochi mesi dopo all’elezioni a deputato. Candidatura spinta direttamente da Mussolini accettata forzatamente “Il mio stupore (nell’essere candidato ndr) non è stato condiviso ed approvato né da voi (si rivolge ai dirigenti fascisti torinesi ndr), né dalle supreme gerarchie fasciste, benevolmente anche da molti e moltissimi miei concittadini, i quali tutti assieme stavolta, sono riusciti a farmi ingoiare il rospo schedaiolo e allegramenti mettermi in croce sul ridicolo calvario elettorale>>.
Un libro, una biografia ben 652 pagine, molto approfondita ricca di note bibliografiche; frutto di una precisa ed approfondita ricerca sul personaggio partendo dalla vita, passando su tutte le collaborazioni giornalistiche (La Folla, Il Grido della Folla, La Rviolta, Sciarpa Nera, La Guerra Sociale, Il Popolo d’Italia, Il Maglio solo per citare le più note), per arrivare all’attività politica all’interno del Fascismo.
- Bonanno, Mario Gioda. Armare i cervelli e temprare gli spiriti, Eclettica Edizioni, 22€