Si è conclusa la 26esima edizione di Atreju presso il Circo Massimo di Roma. Questo appuntamento annuale della destra italiana, organizzato per la prima volta nel 1998 perlopiù come evento giovanile e momento di incontro fra le ragazze e i ragazzi radunati attorno alla leadership di una giovanissima Giorgia Meloni, è diventato il centro di confronto della politica nazionale ed internazionale, non solo, quindi, un convivio della comunità di Fratelli d’Italia, che pure approfitta dei giorni di Atreju per ritrovarsi. Sono stati otto giorni molto intensi nei quali non sono di certo mancati frangenti di goliardia e di relax tra vecchi e nuovi amici, tutti appartenenti ad un medesimo progetto politico, oltre alle gradevoli occasioni offerte alle famiglie e a semplici visitatori, dagli stand enogastronomici colmi di prelibatezze alla pista di pattinaggio sul ghiaccio. Atreju anticipa anche l’atmosfera del Santo Natale e dei mercatini tipici delle Feste. Ma le giornate al Circo Massimo sono state assai occupate da tanti dibattiti di spessore, seri e impegnativi.
Si è discusso di tutto, dalle riforme istituzionali portate avanti dal Governo al fisco da alleggerire, dal lavoro alla Giustizia, dalla cyber sicurezza alle guerre in corso, dal nuovo Occidente che si profila con la leadership italiana ed europea di Giorgia Meloni e con il vicino insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, al mantenimento di una pace globale, che ora sembra un miraggio, dall’incontro con i principali esponenti del conservatorismo europeo ed extra-continentale alla ricerca di un ambientalismo meno folle, dalla emancipazione femminile, alla quale la premier ha dato una risposta netta soltanto con l’esempio della propria ascesa, al bisogno di verità circa la cupa parentesi del Covid, da archiviare senza troppe storie secondo le sinistre. È stato toccato il tema della violenza politica, quella di quasi cinquant’anni fa che diede la morte al povero Sergio Ramelli, militante diciannovenne del Fronte della Gioventù massacrato con delle chiavi inglesi da estremisti di sinistra perché colpevole di avere scritto un articolo di condanna verso le sanguinarie Brigate Rosse.
Ad Atreju 2024 è stato rievocato il martirio di Ramelli del 1975 affinché esso possa servire almeno da monito a chi oggi, con il pretesto della Palestina, commette violenze durante manifestazioni pubbliche, genera un clima pieno di rischi, proprio come accadeva negli anni Settanta, e mima con paurosa leggerezza il simbolo della P38. Atreju è stretta attualità, ma occorre fare i conti con il passato e rilanciarne le lezioni per gestire al meglio il presente e prefigurare il futuro. I vari panel di discussione sono stati animati anche da figure esterne al mondo di Fratelli d’Italia perché Atreju è anche la destra che si interfaccia senza timore con gli avversari. Le ultime due giornate sono state poi particolarmente cariche di emozioni. La partecipazione del presidente argentino Javier Milei ha scaldato la platea. L’inquilino della Casa Rosada è sanguigno e diretto, e al Circo Massimo non ha deluso, invitando i conservatori occidentali, in primo luogo gli italiani e coloro i quali si apprestano a prendere il timone degli USA, a fare fronte comune per dare battaglia ad una sinistra globale che vive con le proprie sicumere, ma non è affatto migliore della destra. La conclusione di Atreju numero 26 è stata affidata, ovviamente, a Giorgia Meloni che ha tenuto un discorso accorato e pieno di orgoglio. Fa bene la premier ad essere orgogliosa dell’azione del Governo da lei presieduto, che in due anni ha creato un milione di posti di lavoro e se Silvio Berlusconi fosse ancora tra noi, ne sarebbe fiero. Tanta carne è stata messa sul fuoco nel 2024 e il prossimo sarà l’anno del completamento delle riforme avviate.
La maggioranza è compatta e determinata a giungere con la presente formula politica alla fine della legislatura, e ciò è stato messo nero su bianco, non solo dall’intervento conclusivo di Giorgia Meloni, ma pure dai messaggi inequivocabili inviati da Matteo Salvini e da Antonio Tajani. I centri in Albania funzioneranno e la premier si è assunta un impegno preciso. Si sa, la ragazza della Garbatella è sempre stata una secchiona che non molla fino a quando non ottiene il risultato a cui aspira, perciò, possiamo tranquillamente prevedere la partenza effettiva dei centri italo-albanesi, con buona pace di Elly Schlein. Non le ha mandate a dire, il Presidente del Consiglio, nei confronti della segretaria dem, di Romano Prodi e di Maurizio Landini, sempre pronti a critiche strumentali e a previsioni errate. I tre rimediano più delusioni che conferme, ma lo sport preferito della destra è quello di infliggere scoppole politiche e morali alla sinistra. Oltre ai successi di un Governo che ha preso le redini della Nazione in uno dei momenti peggiori della Storia repubblicana, Atreju 2024 ha dimostrato ancora una volta che Fratelli d’Italia non è una piccola azienda familiare delle sorelle Meloni e magari di qualche altro parente, bensì è una comunità articolata di giovani e meno giovani che sta radicando in Italia un partito conservatore e patriottico di massa.